ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Archivi per il mese di “marzo, 2014”

Una polemica sbagliata sulle Foibe

Ci scrivono: “E se parlaste delle foibe? Sareste sempre molto cristiani? E ai nostri giovani cosa siete in grado di dire? Vi consiglio di dire ai nostri ragazzi che abbiamo una bandiera, un crocefisso, una patria che è la nazione Italia. Forse in questo modo il messaggio arriva, altro che Resistenza, è comunque un passato da dimenticare.

Risposta

“Non ci piacciono quelli che adoperano i morti per fare la guerra. Il suo rimprovero è ingiusto ed impertinente. Abbiamo da cristiani pubblicato nel nostro sito tutto il lavoro di Cristicchi, Magazzino 18 (https://anpcnazionale.com/2014/03/04/magazzino-18-di-simone-cristicchi/), a tempo dovuto, quando era giusto e buono ricordare le foibe (https://anpcnazionale.com/2014/02/10/lanpc-in-occasione-del-giorno-del-ricordo/).

Le rimandiamo al suo indirizzo sia il rimprovero sia lo spirito con cui l’ha fatto.

Gli italiani caduti nelle foibe sono nel nostro cuore assieme a tutti gli italiani morti per la libertà. E non le permettiamo di dire: “Altro che Resistenza”. I morti della Resistenza sono italiani, degni di onore e di memoria, come gli italiani delle foibe.

24 Marzo 1944. Don Pietro Pappagallo alle Fosse Ardeatine

Don PappagalloSacerdote della Diocesi di Roma, imprigionato in via Tasso per l’aiuto agli ebrei e a ogni perseguitato, denunciato da una delle persone che assisteva, viene ucciso alle Fosse Ardeatine il 23 marzo 1944.

Cappellano delle suore del Bambin Gesù, dopo l’8 settembre 1943 ospita, nella sua abitazione romana, ebrei, perseguitati politici, partigiani e prigionieri evasi. Così una lapide lo ricorda in via Urbana 2, dove svolgeva quest’opera di soccorso: “In questa casa nel tempo buio dell’occupazione nazista rifulse la luce del cuore generoso di don Pietro Pappagallo Terlizzi (Bari) 18.6.1888 Roma – Fosse Ardeatine 24.3.1944 Accolse con amore i perseguitati di ogni fede e condizione fino al sacrificio di sé Cadde nel segno estremo della redenzione e del perdono di Dio”.

Tradito da una spia che finge d’essere un fuggiasco (tale Gino Crescentini, che nel 1947 sarà condannato a vent’anni di carcere per aver denunciato alla “polizia tedesca appartenenti alla razza ebraica, comunisti e antifascisti”), viene arrestato insieme a sei clandestini che si trovano in quel momento nella sua casa e viene imprigionato in via Tasso.

Unico prete cattolico a essere ucciso alle Fosse Ardeatine, all’ingresso delle cave dalla lunga fila in attesa della fucilazione si alza un grido, da uno che ha visto la sua veste nera: “Padre, benediteci!”. Racconterà un superstite che “don Pietro, che era un uomo robusto e vigoroso, si liberò dai lacci che gli stringevano i polsi, alzò le braccia al cielo e pregò ad alta voce, impartendo a tutti l’assoluzione” (Robert Katz, Morte a Roma. Il massacro delle Fosse Ardeatine, Roma 1968, p. 152).

Ecco come ne parla un suo amico che diverrà suo biografo: «Salvò tante vite. Cattolici o ebrei o protestanti, per lui tutti erano creature di Dio e nel diritto naturale della vita e della libertà. Al tempo dell’infamia delle leggi razziali, fu lui, mio paterno amico, a dirmi, smentendo la scuola fascista, che il popolo ebraico è un grande popolo ricco di geni che hanno operato tante svolte nella storia dell’umanità. Sono il biografo di don Pietro perché la sua vita di uomo giusto ben meritava di essere scritta e additata come esemplare alle nuove generazioni. E ho sentito l’irresistibile dovere di coscienza di chiedere all’autorità di Jad Vashem il riconoscimento, per don Pietro, di “giusto delle nazioni”» (Shalom, dicembre 1997, p. 22).

Alla figura di don Pietro Pappagallo allude il personaggio “don Pietro” del film di Roberto Rossellini Roma città aperta (1945), interpretato da Aldo Fabrizi.

(pubblicato sul blog di Luigi Accattoli)

Martirologio del clero italiano, Roma 1963, p. 168.

Elio Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della Resistenza, in Rivista diocesana di Roma, settembre-ottobre 1969, p. 998.

Dizionario storico del movimento cattolico, III/2, p. 626.

Antonio Lisi, Don Pietro Pappagallo. Un eroe, un santo, Roma 1995.

Convocazione riunione 2 Aprile ANPC Milano-ACLI

Mercoledì 2 Aprile ci sarà una riunione dei Partigiani Cristiani per organizzare le attività della Sezione ed in particolare il 25 Aprile, coinvolgendo anche le Acli.

L’appuntamento è per mercoledì 2 aprile 2014 alle ore 21 presso la sede del Circolo Acli di Sesto S. Giovanni in via Giovanna d’Arco 114/118 a pochi minuti di strada dal capolinea della Linea Rossa della Metropolitana Milanese fermata FS 1° maggio.

Per qualunque informazione ulteriore contattate Sergio Colomberotto a questa mail sergio.colomberotto@acliservice.it o telefonicamente al n. 3473036796.

Vi invito a coinvolgere eventuali altri interessati a rilanciare l’ANPC e segnalare a al Signor Colomberotto (Pres. Circolo Acli Sesto S.G.) o all’On.Giovanni Bianchi  (Presidente ANPC) se foste impossibilitati a partecipare.

 

 

23-24 Marzo 1944: alcune cose che bisogna sapere delle Fosse Ardeatine

fosse ardeatine GottusoIl giorno 23 marzo 1944 Alcide De Gasperi convoca alla ore 16:00 nel collegio di propaganda FIDE, che è zona extraterritoriale facente parte del Vaticano, il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale che guida la Resistenza nelle zone occupate dai tedeschi). Partecipano anche Giorgio Amendola, per il PCI, e Sergio Fenoaltea per il PDA. Alle 15:30 si sente una terribile esplosione. Via Rasella dove era esplosa la bomba non dista più di cento metri. Quando escono dalla riunione, ha raccontato Amendola: “Trovammo l’inferno”. A Piazza di Spagna i tedeschi sparavano. L’eco dell’esplosione arriva fino alla “tana” di Hitler in Prussia. Tutti, dopo, parleranno della terribile ira di Hitler. Ma furono i comandanti tedeschi a decidere di dare una lezione ai romani. Dirà Kesserling: “Era invece importante che la rappresaglia venisse divulgata ai romani per intimidirli”.

Kappler, organizzatore della strage, offre il ruolo di giustizieri ai componenti del reggimento “Bozen”, che erano stati colpiti dall’attentato. Il comandante Helmut Dobrik, rispose che “non poteva aspettarsi che i suoi uomini che erano di sentimenti religiosi avessero potuto procedere all’esecuzione nel breve tempo a disposizione. (L’idea della strage vendicativa era quindi ben presente negli esecutori tedeschi se il comandante cattolico di un reggimento si rifiutava di partecipare alla vendetta). Ma Kappler decide di procedere allo sterminio con meticolosità burocratica: “Calcolai quanti minuti sono necessari per la fucilazione di ognuna delle 320 vittime. Calcolai anche le armi e le munizioni necessarie  cercai di rendermi conto di quanto tempo avessi a mia disposizione. Divisi i miei uomini in piccole squadre che dovevano alternarsi. Ordinai che ogni uomo sparasse solamente un colpo, specificando che la pallottola doveva raggiungere il cervello della vittima, attraverso il cervelletto, in maniera che la morte fosse certa ed immediata”.

Si mise in atto una grande operazione per trovare le 320 persone da fucilare. Tre erano già stati condannati. 157 erano arrestati da processare. 22 erano processati ma non condannati. 17 sospettati e 4 arrestati nelle vicinanze dell’attentato. Ma non bastavano: si chiese al reparto speciale di polizia di Pietro Koch di completare l’elenco prendendo i prigionieri di Via Tasso: 50 uomini furono consegnati ai tedeschi. In tutto furono trovate 335 persone, cinque in più di quanto era stato programmato. Uccidere uno dopo l’altro tutti queste persone non sarebbe stata una cosa semplice e bisognava fare presto per terrorizzare Roma. Bisognava dunque, disse Kappler, creare “una camera mortuaria naturale e nascosta da cui le salme non dovevano essere più smosse”.

Fu il capitano Kohler a suggerire di utilizzare le cave di tufo sulla Via Ardeatina.

Dall’attacco di Via Rasella all’esecuzione della strage passarono soltanto 21 ore. I camion partirono il pomeriggio del 24 maggio da Regina Coeli e da Via Tasso. Una detenuta racconta: “Nella parte del corridoio sotto la nostra cella vengono allineati gli ebrei, alcuni giovanissimi. Cinque appartenenti alla stessa famiglia, arrestati due sere prima con moglie e bambini, uno dei quali di pochi mesi. Comincia l’appello degli ebrei…”.

Alle 15:30 cominciò la carneficina. Le persone con le mani legate erano costrette ad inginocchiarsi ed incrinare la testa su un lato. Gli esecutori sparavano a gruppi di cinque con un sesto ad illuminare la scena. Anche Kappler e Priebke, per dare l’esempio, si alternarono nelle squadre. Quando la massa dei cadaveri cominciò ad essere tale da ostacolare le operazioni le vittime furono costrette a salire sui corpi senza vita. La commissione interalleata, scesa nelle cave nel luglio del ’44, scoprì due enormi cumuli, che occupavano circa cinque metri di lunghezza e tre di larghezza… i corpi erano fino a tre strati in un cumulo e fino a cinque in un altro cumulo.

Tutti in posizione prona. In alcuni casi furono sparati alla nuca più colpi per essere certi dell’uccisione. In questo modo 33 persone furono decapitate. Alle otto di sera tutto era finito. 335 persone erano state uccise. Il padre di una delle vittime, Leonardo Azarita, si incaricò di compilare questa tragica statistica che qui riportiamo: “Età da 14 a 75. Cattolici, 253. Ebrei, 70. Professioni: agenti di polizia, 1; ambulanti 16; amministratori e uomini di affari, 7; architetti, ingeneri e geometri, 5; attori, 2; artisti, disegnatori e pittori, 5; assicuratori, 1; autisti e conduttori, 7; avvocati, 11; banchieri, 1; calzolai, 5; carpentieri e falegnami, 11; commercianti e bottegai, 42; commessi di negozio, 7; dottori in scienze politiche, 1; domestici e camerieri, 2; elettricisti, 5; farmacisti e medici, 4. Forza armate: aviazione, 3; carabinieri, 11; esercito, 12; marina, 6; funzionari pubblici, 4; impiegati e segretari commerciali, 40; impiegati alle poste e telegrafi, 4; ferrovieri, 3; telefonici, 2; macellai, 5; meccanici, 13; musicisti, 1; operai edili, 2; operai vari, 28; professori, 5; proprietari terrieri e contadini, 10; sacerdoti, 1; studenti, 9; tecnici del cinema, 2; tipografi, 2”.

Era rappresentato tutto il popolo di Roma.

Gli ingegneri tedeschi fecero saltare l’ingresso delle cave. Kappler tornò in Via Tasso. Era stata una giornata faticosa, cenò assieme ad un gruppo dei suoi agenti, reduci da molte ore di lavoro all’interno delle Fosse Ardeatine. Cercò di rassicurarli: “La rappresaglia disse è stata eseguita… Adesso, la cosa migliore da fare è ubriacarsi” (public records office, war office London, 310-137).

(tratto da “la battaglia di Roma di Claudio Fracassi, Mursia)

 

GLI EBREI ASSASSINATI ALLE ARDEATINE

1) ANTICOLI LAZZARO – di Settimio e Efrati Fortunata – nato a Roma il 7/4/1917- venditore ambulante – arrestato il 24/3/1944. 2) ASTROLOGO CESARE – fu Mosè e di Limentani Perla – nato a Tivoli il 24/5/1902 – lucidatore – arrestato il 15/3/1944 – appartenente al Partito D’Azione. 3) BEROLSHEIMER ALDO – nato a Roma il 20/9/1905 – commesso – arrestato il 31/12/1943 rilasciato il 26/1/1944 e riarrestato il 20/3/1944. 4) BLUMSTEIN GIORGIO LEONE – nato a Leopoli nel 1895 – banchiere. 5) CALÒ CESARE. 6) CAVIGLIA ADOLFO – fu Sabato e Citoni Ester – nato a Roma il 5/10/1898 -impiegato – arrestato il 9/3/1944. 7) COEN SAVERIO – di Pellegrino Enrico e Bondì Sara – nato a Roma il 5/10/1910- commerciante – arrestato il 22/2/1944 – appartenente al Fronte Militare. 8) DELLA TORRE ODOARDO – fu Cesare e Aruch Virginia- nato a Livorno il 24/2/1894 – avvocato – arrestato il 18/3/1944 – appartenente al Partito Comunista. 9) DEL MONTE GIUSEPPE – di Prospero e di Funari Ester – nato a Roma il 22/11/1904 – impiegato – arrestato il 7/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 10) DI CAPUA ZACCARIA – di Amadio e Sed Gioia – nato a Roma 112/4/1899 – autista – arrestato il 15/3/1944. 11) DI CASTRO ANGELO – di Giovanni e Cori Colomba – nato a Roma il 22/12/1917- commesso – arrestato il 21/3/1944. 12) DI CONSIGLIO CESARE – fu Mosè e di Moscati Bona – nato a Roma il 7/11/1912 – venditore ambulante – arrestato il 21/3/1944. 13) DI CONSIGLIO FRANCO – fu Salomone e di Tivoli Gemma – nato a Roma il 21/3/1927 – macellaio – arrestato il 21/3/1944. 14) DI CONSIGLIO MARCO – fu Salomone e di Tivoli Gemma – nato a Roma il 15/5/1924 – macellaio – arrestato il 21/3/1944. 15) DI CONSIGLIO MOSÈ – fu Salomone e di Di Veroli Ester – nato a Roma il 25/1/1870 – commerciante – arrestato il 21/3/1944. 16) DI CONSIGLIO SALOMONE-fu Mosè e di Moscato Arabona- nato a Roma il 20/2/1899 – commerciante – arrestato il 21/3/1944. 17) DI CONSIGLIO SANTORO – fu Salomone e di Tivoli Gemma – nato a Roma il 23/9/1925 – macellaio – arrestato il 21/3/1944. 18) DI NEPI ALBERTO- fu Samuele e Sonnino Speranza- nato a Roma il 21/9/1879- commerciante – arrestato il 15/2/1944. 19) DI NEPI SAMUELE – fu Sabato e Sonnino Allegra – nato a Milano l’8/2/1908- commerciante – arrestato il 13/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 20) DI NEPI GIORGIO – fu Ugo Angelo e di Piattelli Emma – nato a Roma il 23/9/1919 – viaggiatore – arrestato il 22/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 21) DI NOLA UGO – fu Settimio Sabato e Sestieri Ester – nato a Roma il 12/2/1901- piazzista – arrestato nel febbraio 1944. 22) DI PORTO ANGELO – fu Crescenzio e di Di Segni Rosa – nato a Roma l’1/4/1918 – venditore ambulante – arrestato il 24/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 23) DI PORTO GIACOMO – fu Mosè e di Di Porto Anna – nato a Roma il 10/4/1890 – venditore ambulante – arrestato il 24/3/1944. 24) DI PORTO GIACOMO – fu Rubino e Sermoneta Giuditta – nato a Roma il 15/12/1895 – venditore ambulante – arrestato il 23/3/1944. 25) DI SEGNI ARMANDO – di Amadio e Di Porto Èva – nato a Roma il 27/6/1913- venditore ambulante – arrestato il 24/3/1944 – appartenente al C.L.N..
26) DI SEGNI PACIFICO – fu Salomone e di Di Porto Regina – nato a Roma il 26/1/1922 – venditore ambulante – arrestato il 23/3/1944. 27) DI VEROLI ATTILIO – fu Michele e Astrologo Sara – nato a Roma il 28/1/1890- commerciante – arrestato il 18/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 28) DI VEROLI MICHELE – di Attilio e Funaro Costanza – nato a Roma il 3/2/1929- commerciante – arrestato il 18/3/1944 – appartenente al C.N.L.. 29) EFRATI MARCO – fu Lazzaro e di Pavoncello Rosa – nato a Roma il 25/7/1907- commerciante – arrestato il 20/3/1944. 30) FANO GIORGIO -fu Salvatore e fu Scazzocchio Ester- nato a Roma il 4/8/1907- dottore in scienze commerciali – arrestato il 15/3/1944. 31) FATUCCI SABATO AMADIO – fu Angelo e di Pavoncello Ziviella – nato a Roma il 27/11/1877 – commerciante – arrestato il 22/3/1944. 32) FORNARI RAFFAELE – fu Giacobbe e di Sermoneta Rosa – nato a Roma il 26/11/1904 – venditore ambulante – arrestato il 20/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 33) FORNARO LEONE-di Giacomo e Pavoncello Emilia-nato a Roma il 27/7/1921- venditore ambulante – arrestato il 24/3/1944. 34) FRASCATI ANGELO – fu Davide e di Limentani Ester – nato a Roma l’11/11/1887 – commerciante. 35) FUNARO ALBERTO – di Lazzaro e di Di Veroli Allegra – nato a Roma il 27/9/1919- commerciante – arrestato il 23/3/1944. 36) FUNARO MARCO MOSÈ – fu Giuseppe e di Terracina Fortunata – nato a Roma il 15/3/1889 – commerciante – arrestato il 21/3/1944. 37) FUNARO PACIFICO – fu Sabato e Spizzichino Maria – nato a Roma il 13/5/1888 – autista – arrestato il 23/3/1944. 38) FUNARO SETTIMIO-fu Giacomo e di Zarfati Italia-nato a Roma il 17/11/1916- venditore ambulante – arrestato l’8/3/1944. 39) LANDESMANN BORIS – fu Davide e Rosenstein Ida – nato ad Odessa il 2/2/1901 -commerciante. 40) LIMENTANI DAVIDE – fu Sabatino e di Sabatello Rosa – nato a Roma il 27/5/1885 – commerciante – arrestato il 9/3/1944. 41) LIMENTANI GIOVANNI – fu Sabatino e di Sabatello Rosa – nato a Roma il 30/12/1885 – commerciante – arrestato il 9/3/1944. 42) LIMENTANI SETTIMIO – fu Giovanni e di Citoni Silvia – nato a Roma il 27/5/1907 – commerciante – arrestato il 9/3/1944. 43) MARINO ANGELO – fu Mosè e di Moresco Sara – nato a Roma il 9/8/1912 -piazzista – arrestato il 23/3/1944. 44) MENASCI UMBERTO – fu Asriele e Belladonna Clelia – nato a Roma il 10/1/1907 – commerciante – arrestato il 22/3/1944. 45) MIELI CESARE – fu Zefanio e Menasci Perla – nato a Roma il 21/11/1890 -venditore ambulante – arrestato il 22/3/1944 – C.L.N.. 46) MIELI MARIO – di Israele Cesare e Zarfati Emilia – nato a Roma il 7/6/1919-commerciante – arrestato il 22/3/1944. 47) MIELI RENATO – di Israele Cesare e Zarfati Emilia – nato a Roma il 18/9/1913- commerciante – arrestato il 22/3/1944. 48) MILANO RAFFAELE – fu Giuseppe e Scazzocchio Guiditta – nato a Sora il 16/1/1896 – viaggiatore di commercio – arrestato il 25/2/1944. 49) MILANO TULLIO – fu Vito e di Pontecorvo Olga – nato a Roma il 20/11/1899- impiegato – arrestato la seconda metà del febbraio 1944. 50) MILANO UGO – fu Vito e di Pontecorvo Olga – nato a Roma il 16/12/1905 -impiegato. 51) MOSCATI EMANUELE – di Cesare e Calò Allegra – nato a Roma il 17/12/1914- venditore ambulante – arrestato il 13/3/1944. 52) MOSCATI PACE – fu Abramo e di Fornari Elisabetta – nato a Roma il 21/5/1899- venditore ambulante – arrestato il 20/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 53) MOSCATI MARCO. 54) MOSCATI VITO – fu Abramo e di Fornari Elisabetta – nato a Roma il’26/7/1900- elettricista – arrestato il 25/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 55) PERUGIA ANGELO – fu Salomone e Fatucci Rebecca – nato a Roma il 20/8/1906 – venditore ambulante – arrestato il 4/3/1944 – appartenente al Partito D’Azione. 56) PIATTELLI CESARE – fu Mosè e Livoli Luna – nato a Roma il 7/4/1900 – venditore ambulante – arrestato il 24/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 57) PIATTELLI FRANCO – fu Giacomo e di Menasci Giuditta – nato a Roma il 22/3/1924 – commesso – arrestato il 22/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 58) PIATTELLI GIACOMO – fu Ismaele e di Di Nepi Virtuosa – nato a Roma il 18/9/1897 – piazzista – arrestato il 22/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 59) PIPERNO CLAUDIO – di Abramo e fu Calò Rosa – nato a Roma il 4/7/1923 -commerciante – arrestato il 20/3/1944. 60) REICHER MARIAN. 61) SCIUNNACH DATTILO – fu Donato e di Di Segni Rosa – nato a Roma il 28/7/1880 – commerciante – arrestato l’8/3/1944. 62) SERMONETA BENEDETTO – di Abramo e Della Rocca Costanza – nato a Roma l’11/3/1905 – venditore ambulante – arrestato il 24/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 63) SOIKE BERNARD. 64) SONNINO ANGELO – fu Pacifico e di Pavoncello Allegra – nato a Roma il 7/7/1914 – commerciante – arrestato il 21/3/1944 – appartenente al C.L.N.. 65) SONNINO GABRIELE – di Giacomo e fu Di Porto Grazia – nato a Roma il 17/6/1909- commesso- arrestato il 24/3/1944- appartenente al C.L.N.. 66) SONNINO MOSÈ – di Samuele e di Di Porto Ester – nato a Roma il 22/6/1903- venditore ambulante. 67) SONNINO PACIFICO – fu Angelo e di Limentani Giuditta – nato a Roma il 12/9/1891 -commerciante- arrestato il 4/3/1944- appartenente al C.L.N.. 68) TEDESCO CESARE – di Amedeo e Eliseo Fortuna – nato a Roma il 13/2/1919- commesso – arrestato il 3/3/1944. 69) TERRACINA SERGIO – fu Giacomo e Menasci Allegra – nato a Roma il 21/8/1925 – commesso – arrestato il 22/3/1944. 70) TUCHMANN HEINZ ERICH. 71) VIVANTI ANGELO – fu Vitale e Sonnino Sara – nato a Roma il 27/3/1884 – commerciante – arrestato il 25/2/1944. 72) VIVANTI GIACOMO – fu Angelo e di Spizzichino Fortunata – nato a Roma l’11/11/1911 – commerciante – arrestato il 25/2/1944. 73) WALD SCHRA – nato a Berlino. 74) WALD PESACH PAUL – nato a Berlino nel 1921. 75) ZARFATI ALESSANDRO – di Angelo e di Di Porto Ester – nato a Roma l’8/9/1916 – commerciante – arrestato il 19/3/1944.

 

(Questo elenco si trova nel sito anfim.it)

24 Marzo 1944 – Chigiano (MC) e Serra San Quirico (AN)

Il 24 marzo 1944 è il giorno del sacrificio del parroco di Braccano, don Enrico Pocognoni, della battaglia di Valdiola e di quello che la memoria popolare ricorda come eccidio del ponte di Chigiano. Quel giorno si verificò un episodio tragico: cinque partigiani del gruppo Porcarella, guidato da Agostino Pirotti,  furono catturati e uccisi. Si trattava di quattro giovani originari di Osimo: Francesco Stacchiotti (22 anni), Piero Graciotti (22 anni), Lelio Castellani (20 anni), Umberto Lavagnoli (21 anni) e Giuseppe Paci (21 anni), nativo di Petilia Policastro (Crotone). Gli uomini, spinti a forza con il calcio delle armi e riempiti di farina nella bocca, furono posti contro il parapetto del ponte… colpiti alle gambe dalle raffiche di mitra, poi così feriti dolorosamente ad uno ad uno gettati dal ponte alto una decina di metri sul ghiaioso letto del Musone ma, constatato che non erano ancora finiti, laggiù lapidati e brutalmente sfregiati…. Il partigiano russo Josip Dimitrov venne costretto ad assistere alla violenza, per poi essere anch’egli fucilato, nei pressi di Corsciano, altra frazione di San Severino.

 

24 Marzo 1944, Serra San Quirico (AN)

Il 24 marzo 1944 perse la vita per pura casualità e crudeltà Amedeo Gentili, di soli 16 anni. Era molto alto per la sua età e per questo motivo venne scambiato per un renitente alla leva. Quando i fascisti arrivarono a Serra San Quirico lo videro da lontano e gli spararono prendendo la mira “come a un celletto”. Morì nelle braccia del padre all’ospedale di Montecarotto.

23-24 Marzo 1944 – La battaglia di Chigiano e la fucilazione di Don Enrico Pocognoni

23-24 Marzo 1944 – La battaglia di Chigiano e la fucilazione di Don Enrico Pocognoni

Nella fotografia è rappresentato Don Enrico Pogognoni. I personaggi alla sua destra (a sinistra di chi guarda la fotografia) sono i capi della Resistenza di Matelica. Il terzo personaggio alla sinistra di Don Enrico è Tommaso Mari, uno dei capi della Resistenza di Cerreto d’Esi, che aveva contatti con Don Enrico, che viene nominato come l’italo-americano. Effettivamente essendo stato in America conosceva l’inglese e teneva i contatti attraverso la radio di Baldelli con il comando alleato. Il quarto personaggio è Dalmato Seneghini, uno dei capi della Resistenza militare del San Vicino, segretario del Comitato di Liberazione Nazionale di Cerreto d’Esi, in contatto con il Comandante Agostino della Sezione Porcarella della Brigata Garibaldi.

Nella fotografia è rappresentato Don Enrico Pogognoni. I personaggi alla sua destra (a sinistra di chi guarda la fotografia) sono i capi della Resistenza di Matelica. Il terzo personaggio alla sinistra di Don Enrico è Tommaso Mari, uno dei capi della Resistenza di Cerreto d’Esi, che aveva contatti con Don Enrico, che viene nominato come l’italo-americano. Effettivamente essendo stato in America conosceva l’inglese e teneva i contatti attraverso la radio di Baldelli con il comando alleato. Il quarto personaggio è Dalmato Seneghini, uno dei capi della Resistenza militare del San Vicino, segretario del Comitato di Liberazione Nazionale di Cerreto d’Esi, in contatto con il Comandante Agostino della Sezione Porcarella della Brigata Garibaldi.

Max Salvadori (La Resistenza nell’Anconetano e nel Piceno, Roma, Opere Nuove, 1962.) ci dà un quadro della geografia politica del San Vicino.

In questo territorio le formazioni Partigiane si erano polarizzate a nord intorno alla banda creata originariamente da Batà, a sud intorno a quella organizzata da Depangher. La località più importante era la Porcarella, presidiata da Pirotti (comandante Agostino n.d.r.)….dove era stato preparato un campo per ricevere i lanci Alleati.

Pirotti e Depanger erano in febbraio i comandanti dei due gruppi, che costituiranno la seconda delle due zone in cui sarà articolata la 5° brigata Garibaldi.

Verso Pirotti gravitavano in generale Partigiani cosi detti apolitici (ricordiamo che apoliticità significava assenza di faziosità, non significava indifferenza e neutralismo verso questioni politiche dato che per essere Partigiano occorreva essere antifascista) ; ad est del San Vicino Pirotti era collegato con bande del cingolano. Verso Depangher gravitavano Partigiani comunisti o filo comunisti; ad ovest del San Vicino era collegato con bande nei comuni di Matelica ed Esanatoglia in cui si trovavano parecchi Jugoslavi.”

Il monte San Vicino è ripido ad est ed a nord, dove nello spazio di quattro o cinque chilometri precipita ripidamente nella Gola della Rossa, ad Albacina ed a Cerreto. Invece degrada in uno spazio molto più ampio, a Sud verso Matelica e san Severino, ad est verso Cingoli e Treia. La cinta più alta di località è composta da Frontale (ad est verso Apiro), Elcito a sud-est verso Chigiano e Sanseverino, Canfaito a sud verso Valdiola, Braccano e poi Matelica. In queste direzioni si apre una vasto spazio collinare, ricco e, a quei tempi, molto popolato. In questa zona avevano trovato rifugio gruppi di prigionieri

stranieri fuggiti dai campi di concentramento e poi formazioni partigiane agguerrite e valorose.

Era la zona di “Mario”, nome del gruppo comandato da Mario Depangher, già prigioniero jugoslavo. Così mi ha parlato di lui il comandante Agostino:

“Depangher era un bravo e forte combattente. Nella sua azione di lotta, ha privilegiato le azioni di   disturbo contro i fascisti di Matelica e di San Severino, non considerando le azioni di sabotaggio sufficientemente eclatanti . ”

“Questo atteggiamento era completamente diverso da quello da me seguito dopo l’incontro con i maggiorenti di Cerreto d’Esi….nel quale stabilimmo di evitare, per quanto possibile rappresaglie e di dare maggior peso agli atti di sabotaggio lontani dal paese.”

“Lo stillicidio di azioni del “Mario”, in aggiunta al sabotaggio da me effettuato al ponte di Chigiano sul Musone (torrente di quella località ndr) per proteggere l’area Elcito, San Pietro, Frontale da una eventuale sorpresa nemica con mezzi pesanti provenienti da Macerata, indussero probabilmente il comando nazifascista di Macerata ad intervenire con un rastrellamento pesante per eliminare i partigiani dall’area Valdiola, Braccano, Monte Canfaito, Chigiano.”.

 

L’uccisione di Don Enrico Pocognoni e la strage di Braccano

Abbiamo una ricostruzione di Paolo Simonetti ( La Resistenza a Matelica. Ed.Geronimo). Secondo questa ricostruzione tedeschi e fascisti in forze sono già a Matelica il giorno 17 Marzo, avendo come primo obbiettivo la “liquidazione del resto della banda dell’Eremita” che era posizionata verso Esanatoglia. Ma la banda si è spostata verso il San Vicino. Viene sorpreso soltanto il Commissario Politico Rastelli, che sfugge alla cattura. Muore combattendo il partigiano russo Wassili Niestrarol e dopo la cattura viene ucciso il partigiano ferito Terenzio Terenzi.

Il 23 ha inizio l’azione che ha come obbiettivo la distruzione delle bande del San Vicino.”Una colonna marciò direttamente su Braccano, una seconda attraverso Campamante….,una terza scese da Vinano…, una quarta si diresse su Roti per l’Acqua dell’Olmo, ed una quinta proveniente da Gagliole”. Braccano, ritenuto un caposaldo viene investito da tutte le direzioni, con una manovra di ampio respiro, con truppe autotrasportate scortate da blindati. Ma i partigiani sono più in alto e la furia degli assalitori si indirizza su vittime civili..

Furono colti di sorpresa ed uccisi due partigiani e colti di sorpresa e catturati altri cinque.

Don Enrico Pocognoni con altri giovani, al rumore degli spari lascia Braccano per riparare a nord verso Vinano. Si imbatte nella terza colonna che scendeva da Vinano

Fu fatto tornare indietro, percosso con i mitra e condotto alla fontana dove erano gli altri prigionieri. Qui gli tolsero le scarpe e, a piedi nudi, costretto a restar fermo sopra il rigagnolo……A Braccano si cercava soprattutto una persona: il parroco. Il sacerdote si raccolse in preghiera…(gli fu strappata la corona del rosario) fra lo scherno, gli sputi, gli schiaffi e le percosse….Costretto a correre per un campo, fu raggiunto da una raffica di mitra che lo abbatté al suolo. Aveva 32 anni. Il Comando Tedesco proibì i funerali. La salma per ben due giorni rimase abbandonata nel campo.(P. Simonetti op.cit.).

Furono fucilati anche quattro componenti della pattuglia sorpresa e catturata: Temistocle Sabbatini, Ivano Marinucci, il somalo Thur Nur e Demade Lucernoni. Francesco Porcarelli si salvò.

Compiuta la spedizione punitiva su Braccano, le forze nemiche si dirigono su Roti dove i partigiani si disimpegnano ritirandosi su Monte Canfaito, inaccessibile agli automezzi. Nello scontro viene ucciso Raghè Mohamed, un altro partigiano somalo. La colonna investe Valdiola sulla strada che conduce, attraverso Castel San Pietro a Frontale e a Poggio San Vicino nel cuore della ridotta partigiana.

Il comandante Mario, scoperto ormai sul lato di Roti, si rifugia sul retrostante Monte Canfaito, un contrafforte del San Vicino.La colonna Tedesca ricongiunta alle forze provenienti da San Severino investe Chigiano che avrebbe dovuto essere indifesa e qui trova una sorpresa. Riprendiamo la testimonianza del comandante Agostino:

Dal loro comportamentone scaturisce che non conoscevano nel dettaglio la reale consistenza …del gruppo detto”Porcarella” (248 uomini).”

Per una fortunata combinazione il gruppo che normalmente, per ragioni logistiche era acquartierato in distaccamenti presso diverse località si sta riunendo a Frontale, dove si è trasferito anche il Comando per preparare una spedizione contro Serra San Quirico (verso nord) “dove i fascisti avevano compiuto una azione di disturbo”

“All’arrivo della notizia (per mezzo di staffetta) l’azione su Serra S.Quirico fu sospesa e viene deciso di rinviare rinforzi al gruppo “Mario”. Inviai subito, con autocarro”Lancia Ro”, che poteva trasportare 25 uomini, un primo contingente, riservandomi di inviarne altri non appena il camion fosse tornato con informazioni più precise sulla situazione sul terreno.

Condotto il mio distaccamento sulla collina di Castellano potei avere una visione più chiara della situazione ed informai il Comando a Frontale che il “ Mario” era sulla montagna di Colfaito, i nazisti a Valdiola e.. ( la loro colonna motorizzata) bloccata sul ponte (di Chigiano ) fatto da me saltare nei giorno precedenti. Il comando fece scendere da Poggio San Romualdo e da Elcito altri due miei distaccamenti (Danilo) che attaccarono e con altri distaccamenti di Cingoli ( venuti dalla strada ad est che minacciava alla spalle il ponte) portatisi al di là del Musone attaccammo alle spalle i nazifascisti con la mitragliatrice.”

(La mitragliatrice Breda è proprio quella recuperata nell’azione militare di Albacina.)

Anche questa testimonianza è molto scarna ed il comandante, in puro stile militare non ama soffermarsi sui particolari. Ma io penso di dover dire che i tedeschi (ed i fascisti che li accompagnavano) si trovarono in una brutta trappola. I loro automezzi, di cui alcuni blindati, erano bloccati al ponte. Alcuni reparti appiedati passarono il Musone sotto il ponte. Di fronte avevano delle formazioni appostate e forti e non piccole pattuglie disperse Alle spalle altre formazioni, arrivate da una strada laterale. minacciavano l’accerchiamento ed una mitragliatrice pesante batteva la strada senza ripari. I tedeschi tenevano saldamente in mano Valdiola e si erano portati anche dentro Chigiano, ma su di loro incombevano i gruppi che si erano sganciati e si erano asserragliati sul Monte Colfaito sovrastante.. Non restò loro che ritirarsi dopo aver subito forti perdite.

Non siamo in grado di quantificare le perdite del nemico, perché nella ritirata si portarono via feriti e caduti. Nello scontro caddero prigionieri cinque uomini della formazione Porcarella. Furono seviziati, uccisi e buttati giù dal ponte…

(Quando chiesi di loro al Comandante Agostino, egli si alzò e si allontanò. Il vecchio soldato, dopo 60 anni, si commuoveva ancora per i suoi ragazzi e non voleva che io lo vedessi piangere).

I tedeschi ebbero l’impressione che il San Vicino fosse inviolabile e da questo momento, forse sopravvalutarono le formazioni che lo difendevano. Nella storia è giustamente ricordato l’eccidio di Braccano ma forse è stata trascurata l’importanza della vittoria di Chigiano. (Ancora questo anno 2004 nella celebrazione fatta del terribile episodio a cura dell’ANPI e pubblicata da L’Azione si afferma: “.. i luoghi di montagna che stati teatro degli aspri combattimenti tra i partigiani dei gruppi “Roti” e “Mario” e le truppe nazifasciste”. Enon viene neppure nominato il decisivo intervento del gruppo ”Porcarella”.)

 

Pasqualino Marinelli con mitraglia contro mille

 

La battaglia di Chigiano è entrata nella tradizione popolare.

Silvano Poeta, nato il 6 Aprile 1945, quando tutte queste cose erano già avvenute, a Poggio San Romualdo (il nome più usato oggi che tenta di sostituire il vecchio “La Porcarella”) nel cuore profondo del San Vicino, raccoglie con straordinaria poesia le opere ed i giorni della tradizione popolare della sua montagna facendo rivivere un dialetto meticcio che ha alcune dolcezze fabrianesi, molte concessioni al volgare delle valli maceratesi, che sanno già di profumi abruzzesi ed alcune durezze “umru” del tardolatino cerretese. Il dialetto stesso è una reliquia di quando la montagna era un rifugio ed un punto di incontro.

Le piccole grandi storie della nostra piccola svizzera casalinga sono raccolte in tre piccoli volumi (“Cuntienti quando s’era ..poeracci” del 1989, “E’ arriati i Porcarielli sotto ‘e scarpe porta i fierri” del 1990 e “Marinè, tiri tu o tiro io!?”del 1993).

E’ molto interessante scoprire come il ricordo di questi avvenimenti è stato tramandato nella tradizione popolare, con grande pietà, severa indipendenza e talvolta con ingenuo e cinico realismo.

Nel secondo volumetto è riportata, in dialetto, la testimonianza di Pasquale Marinelli, il soldato mitragliere che con la sua Breda prese alle spalle la colonna nazi-fascista.(pg71, Pasqualino Marinelli, coa mitraglia contro mille). Ne riporto alcuni brani, tradotti in italiano.

“ I tedeschi facevano un rastrellamento….Però arrivati sul ponte si dovettero fermare (avevano pure le autoblinde) perché io e altri di Agostino l’avevamo minato e fatto saltare alcuni giorni prima. Lasciarono i camion lì, ma passavano sotto il ponte ed attraversavano.. Io quella mattina del 24 stavo a San Domenico quando arrivò l’ordine di partire tutti per Serra, dove si stavano radunando le Camicie Nere di Jesi.. A Frontale però ci dissero di tornare perché la mitragliatrice serviva in altri posti.. Ma ecco una voce ci chiama :”Corrate, corrate,, sta pe ammmazzà tutti a Chigià; a Agostino e ai sua, l’ha accerchiati.” Allora di corsa a Frontale. C’è un camion montiamo su e via. Caliamo ad Isola prima di vedere il nemico.

Ripariamo dietro la collina verso Cingoli e ci attacchiamo coi tedeschi–fascisti. (Ci attacchemo , in dialetto attaccarsi sta per accapigliarsi. ndr). Prima si erano attaccati quelli al comando di Agostino e ne erano morti 5. Dopo di noi altri quattro distaccamenti attaccarono in una altra parte, ma noi lo sapemmo giorni dopo. Se vulia fa sparti e luscì fu: se spartìi.”

“Eravamo una sessantina, i tedeschi ed i fascisti erano due battaglioni:. Eravamo distanti

3-400 metri dal ponte di Chigiano e lì c’erano i nemici. Avevo una mitragliatrice e sparavo solo io, per gli altri sarebbe stato inutile, i mitra non ci arrivavano.

Stavamo riparati nei colli che stanno verso Cingoli: di fronte a noi, al di la del ponte verso Vadiola, c’era un altro gruppo dei nostri.. (Qui la testimonianza è esatta dal punto di vista visivo, ma non dal punto di vista topografico. Il Marinelli vedeva il ponte di fronte, aveva traversato il Musone e lo colpiva stando appoggiato verso Cingoli. Aveva di fronte, al di là del ponte gli altri uomini di Agostino che attaccavano dalla strada che scendeva da Frontale. Aveva di fronte, ma al di qua del ponte, Valdiola che era saldamente in mano ai nazifascismi e più in alto, ma al di quà del ponte Chigiano contesa fra fascisti e partigiani.)

Quando le cartucce scarseggiarono, mi voltai : c’era solo uno di Serra. Andò a chiamare altri. Sparavo e sparavo. Mi voltai e vidi due ragazzi che non avevano più di 13-14 anni. Mi tiravano toppe di terra per farmi voltare. Ma chi li sentiva……Allora capii. Presi il cappotto che avevo a due passi.. Era sotto tiro dei nemici e si muoveva come una persona viva. Essi sparavano con tre mitragliatrici da 200 mm e tre mortai da 81. Presi il cappotto e ci avvolsi la mitraglia che scottava: Ordinai ai ragazzi di prendere il treppiedi e la cassetta delle munizioni. L’avevano mandati i nostri per venirmi a prendere. Mi andò bene perché i nemici si stavano ritirando: non sapevano che ero solo a sparare da quella collina.. Ritrovai il mio gruppo a Isola. Avevo diciannove anni. Mi parve che erano passati pochi minuti, quando restato solo, mi vennero a chiamare., invece dopo mi dissero che avevo sparato per tre ore.”.

Nel terzo volumetto di Silvano Poeta ci sono due episodi. Nel primo : un rifugiato ebreo viene catturato dai fascisti in una delle ultime case di Chigiano. Pasqualino vede un movimento ed alza il tiro dal ponte sul paese con una sventagliata che ferisce un milite fascista. Il drappello si ritira ed il rifugiato ebreo è salvo. Pasqualino e la persona salvata si incontrano, anni dopo, per caso e si conoscono. (Pasqualino mi salvò. Pg21).

Nel secondo episodio viene narrata la morte di Giuseppe Poeta, garzone fucilato perché non dava informazioni sui partigiani (anzi, i fascisti ‘i vulia arrostì : fu i tedeschi a non volelli brucià!). (Ancora più interessanti le fotografie: una foto ha ripreso la panoramica della zona dal punto di vista di Pasquale, con il ponte, la strada ed il paese di Chigiano, ed in una altra foto ha ripreso la postazione della mitragliatrice dal punto di vista di chi si trovava nel paese. C’è inoltre una foto della lapide posta sul ponte di Chigiano con i nomi di ventidue caduti civili e partigiani, di cui due russi ed un etiope. Quando saremo abbastanza uniti da non fare più guerre civili, su quella lapide potremo scrivere con pietà anche i caduti della parte sbagliata).

Il mitragliere Pasquale Marinelli scrive al Generale Agostino Pirotti, il 13 Marzo 1994, per inviargli il volumetto: “Anche questo libro contiene una storia di quei tempi. Le faccio notare con un pizzico di orgoglio che le tre fotografie di Chigiano sono di mia figlia. I migliori saluti Pasqualino.” Dove l’orgoglio di un padre supera l’orgoglio di un patriota.

A Pasquale Marinelli fu concessa la Croce al merito di Guerra dell’Esercito Italiano ed il Certificato di Patriota in cartapecora, firmato dal generale Alexander e dal colonnello Corradi..

 

Un po’ di tattica e molta fortuna

La tattica partigiana non consente scontri in linea quando si è attaccati da formazioni consistenti ed armate di armi pesanti. In questo caso le forze partigiane si dissolvono e si trasferiscono in una altra zona per tornare a colpire di sorpresa. Invece questa volta è avvenuto uno scontro frontale duro, che ha occupato un fronte di dieci chilometri con le forze partigiane che hanno tenuto le posizioni ed hanno respinto una azione di forza e non un semplice rastrellamento.

Questo è avvenuto per diverse cause. Innanzi tutto la parte alta del San Vicino (Porcarella, oggi Poggio San Romualdo) era la sede del collegamento radio con gli alleati e, cosa importantissima, la sede del campo di lancio, da cui arrivavano armi e rifornimenti e quindi non poteva essere abbandonata.

La zona era presidiata dalla 5° Divisione Garibaldi con due gruppi, il gruppo Mario prevalentemente comunista (comandato da Mario Dupamgher, jugoslavo con molti ex prigionieri stranieri) ed il gruppo Agostino (comandato dal tenente Agostino Pirrotti).

Il primo gruppo assalito a Braccano si disperde sulle alture alle sue spalle. Il secondo gruppo interviene su diverse strade per impedire che venga smantellato il nucleo della resistenza partigiana. In realtà solo alla fine si avrà una esatta cognizione di quello che stava accadendo. Dal racconto dei protagonisti si evince piuttosto che Agostino accorse in aiuto di Mario respinto in alto, che chiese rinforzi, quando si rese conto della importanza delle forze nemiche e che , per fortuna, i rinforzi arrivarono da strade diverse creando forti difficoltà e perdite alla colonna nemica. La battaglia di Chigiano è una delle poche battaglie in linea della Resistenza ed è l’unica avvenuta in Centro Italia e deve considerarsi un avvenimento militare importante.

La postazione di una mitragliatrice al di là della prima linea di difesa, che prende alle spalle gli attaccanti e riesce a trasformare la difesa in contrattacco è una manovra classica chiamata difesa elastica in profondità. Fu studiata e esperimentata dal generale tedesco Ludendorff, assieme alla susseguente tattica di penetrazione in profondità, durante la prima guerra mondiale. In Italia fu esperimentata per la prima volta da un giovane colonnello, Rommel in una località che sarà in seguito chiamata Caporetto. Ma Pasqualino Marinelli non lo sapeva. (Per la verità non lo sapevano neppure Badoglio e Cadorna a Caporetto! Mi fa piacere pensare che in questa occasione, nel suo piccolo, il comandante Agostino abbia restituito ai tedeschi la lezione che Rommel ci dette a Caporetto!).

Bartolo Ciccardini

(Tratto da: “La Resistenza di una comunità. La Repubblica autonoma di Cerreto d’Esi”, Ed. Studium, Roma).

 

23 Marzo 1944 – Roma

Attacco partigiano, in via Rasella, a una colonna tedesca. Muoiono 33 militari. La rappresaglia, voluta direttamente da Hitler e diretta dal colonnello Herbert Kappler, porterà al massacro di 335 civili alle Fosse Ardeatine.

22 Marzo 1944 -L’eccidio di Montalto di Cessapalombo (Mc) e la Battaglia di Monastero (MC)

Il 22 marzo 1944 si consumò l’“eccidio di Montalto”. Ventisette uomini tra partigiani di vecchia data e giovani giunti in montagna da meno di un mese persero la vita per mano di un reparto del battaglione M – IX Settembre, inquadrato nella divisione tedesca Brandenburg. Ancora oggi è opinione diffusa che si sia trattato di una rappresaglia, volta a vendicare l’episodio di violenza avvenuto a Muccia un mese prima. I 27 giovani vengono uccisi nei pressi di una scarpata, in gran parte di Tolentino renitenti alla leva, che si erano arresi dietro la promessa di aver salva la vita.

 

22 Marzo 1944 La battaglia di Monastero (MC)

Il 22 marzo 1944, dopo l’eccidio di Montalto, i tedeschi mossero alla volta di Monastero, dove però trovarono i partigiani preparati ad attenderli. Sopra il villaggio era posizionato il gruppo Nicolò, mentre nella parte iniziale della vallata, dove corrono i sentieri di accesso al paese, erano collocati, da una parte, i partigiani del gruppo “201” comandati da Acciaio e, dall’altra, i partigiani del gruppo Vera di San Ginesio. Fu una giornata di aspri combattimenti; i partigiani riuscirono a mantenere le loro posizioni e a respingere l’attacco procurando numerose perdite ai tedeschi che, esaltati dal fenomeno di violenza appena vissuto a Montalto, non si aspettavano una resistenza così energica. Sia protagonisti dello scontro che storici come Salvadori e Mari sostengono con dubbia precisione che i nazifascisti perdettero intorno ai 148 uomini, mentre i partigiani solo trentaquattro. Al di là della correttezza delle cifre, quel che è certo è che lo scontro venne percepito dai partigiani come un grande successo.

21 Marzo 1944 – La ninna nanna di Don Peppino

Lettera alla moglie di un martire comunista, compagno di cella del martire Don Giuseppe Morosini

Il compagno di “don Peppino” nella cella 382 era un ragazzo comunista di 23 anni, Epimenio Liberi, che aveva partecipato ai combattimenti di Porta San Paolo contro i nazisti nel settembre del ’43 e che aspettava dalla giovane moglie il terzo figlio. I due divennero amici. Per il bambino in arrivo Don Giuseppe Morosini scrisse una ninna nanna, parole e note, che cantava tra l’altro così:

“…C’è un castello di fate in riva al mare

C’è un castello di re sopra la terra

C’è una bionda regina fra le ancelle

C’è una dolce madonna fra le stelle

Il castello del re è la tua culla

E la bionda regina è la tua mamma

Che con le fate ti ripete in coro

La più amorosa e dolce ninna nanna…”.

Il giovane spedì alla moglie il testo della composizione, aggiungendo a matita in fondo al foglio: “Cara Giovanna, nella mia cella c’è un amico carissimo, ti stupirai nel sentir dire che è un prete, ed è autore della presente Ninna Nanna, il mio amico Peppino, mi ha promesso che farà lui il battesimo e dirigerà l’orchestra che dovrà eseguire la presente quando si farà la festa del battesimo; se non capita qualche guaio”.

Epimenio Liberio fu ucciso alle Fosse Ardeatine il 24 Marzo, pochi giorni prima della fucilazione di Don Morosini a Forte Bravetta, all’alba del 3 Aprile 1944, lunedì di Pasqua.

(tratto dal libro “La Battaglia di Roma” di Claudio Fracassi. Ed. Mursia, pag. 287)

20 marzo 1944 – Cascia

Celso Ghini, in data 20 marzo, inviò alla direzione centrale del PCI, una missiva con un resoconto entusiasta delle operazioni, ma anche palesando una grossa preoccupazione : “Noi abbiamo uomini e armi per fronteggiare qualsiasi situazione … Da una parte possibilità illimitate sotto la guida e la responsabilità del nostro partito, dall’altra un disordine e una confusione incredibile perché lo sviluppo degli avvenimenti ha letteralmente sopraffatto le scarse forze preparate del nostro partito.” Infatti, nei vari battaglioni della Gramsci si arruolavano altri giovani istruiti nel campo militare di Colle Giacone. Le pattuglie della brigata requisivano le armi nelle piccole guarnigioni fasciste,   mentre Pasquale e il suo stato maggiore progettavano un attacco a Ferentillo, a Montefranco , ad Arrone e a Montefranco. La direzione centrale del PCI rispose a Celso Ghini imponendo una frenata: “Per far fronte ai pericoli della situazione , pensa che in attesa di poter rafforzare l’organizzazione con quadri di valore, tu puoi prendere alcune misure che ci sembrano necessarie, Una prima misura è quella di non aumentare ancora i già grossi effettivi della brigata. Noi pensiamo che sei battaglioni e quattrocento uomini siano troppi per l’organico di una brigata che deve agire nelle condizioni attuali.” L’espansione territoriale della Brigata Gramsci e le responsabilità civili sempre maggiori, che Filipponi si assumeva, apparvero pericolose alla direzione centrale del partito. Uno spiegamento di forze stabilmente insediato poteva essere demolito, nelle successive settimane, dall’esercito tedesco. Il PCI raccomandò la mobilità dei battaglioni di piccole dimensioni ,utili per boicottare i veicoli che portavano rifornimenti e rinforzi alla Linea Gustav sulle rotabili di minore sorveglianza aerea.

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