ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Archivi per il mese di “settembre, 2019”

Aquile Randagie il film

Una storia vera, una storia talmente importante che viene da domandarsi come mai così pochi la conoscano e soprattutto una storia che doveva essere raccontata. Aquile randagie è il film di Gianni Aureli che racconta una pagina della storia resistenziale italiana veramente poco nota, i protagonisti sono un gruppo di giovani scout lombardi che a partire dagli anni Venti, quando tutte le associazioni giovanili vennero chiuse per decreto dal Duce, decisero di non mollare il fazzolettone e di continuare a incontrarsi in clandestinità. Il film, dopo la presentazione al Giffoni film festival nelle sale da lunedì 30 settembre in 200 copie grazie all’alto numero di richieste che il mondo dello scoutismo ha fatto di questo titolo, è un viaggio attraverso il ventennio fascista. I protagonisti sono i ragazzi che decidono di resistere al fascismo creando le Aquile Randagie: giovani, guidati da Andrea Ghetti e Giulio Cesare Uccellini, detto Kelly, che continuano le attività scout in clandestinità, per mantenere la Promessa: aiutare gli altri in ogni circostanza.

locandina aquile randagie

‘Aquile randagie’ – L’ultimo che arriva è un fascista

“I protagonisti di queste avventure sono stati dei ragazzi, tra i 14 e i 20 anni, che hanno dimostrato coraggio, adesione, spirito di sacrificio e lealtà al Paese – dice il regista nelle sue note – Valori che, soprattutto oggi, devono essere memoria storica e viva. I motivi per raccontare un film sulle Aquile Randagie sono quindi molteplici: raccontare una parte di storia d’Italia che in ben pochi conoscono, rendere omaggio a una storia di coraggio realizzata da giovani, essere d’ispirazione per i giovani di oggi. Si tratta di un film diretto ai giovani, che vuole parlare loro con le parole dei giovani di un’altra epoca, quando un altro mondo sembrava impossibile, ed invece il cambiamento si realizza proprio grazie a loro: forse eroi, certo giovani fedeli e ribelli”. Il film è diviso in diversi momenti che raccontano le tappe del gruppo dagli anni Venti fino alla fine della guerra. In un primo tempo il gruppo scopre la Val Codera, una piana tra gli alberi segreta e impervia a poche ore da Milano, e ne fa la sua base per campi e uscite clandestine. Il fascismo non li ignora, li segue, li spia, arrivando a pestare a sangue Kelly, che perde l’uso di un orecchio, ma come è accaduto con altri gruppi resistenziali non li riesce a fermare. “Avevano fatto una Promessa, di servire la Patria e di aiutare il prossimo, e quindi con l’uniforme sotto gli abiti borghesi, e sempre alla ricerca di qualche luogo dove indisturbati poter proseguire le loro attività all’aria aperta questi giovani, fedeli (alla promessa) e ribelli (al regime), sfidarono il fascismo per anni, portando avanti gli ideali di solidarietà e speranza propri dell’Associazione Scout – racconta Aureli – Con l’inizio della guerra poi e dopo l’8 settembre, il coinvolgimento con la Resistenza è stato via via maggiore, fino alla fondazione dell’OSCAR”.

Aquile randagie’ – salvare un bambino ebreo

Oscar è l’Organizzazione Scout Cattolica Assistenza Ricercati, un’organizzazione che con azioni mirate permetterà di far superare il confine italiano e raggiungere la Svizzera a più di 2000 persone ricercate dai nazifascisti: ebrei, perseguitati politici e chiunque avesse bisogno di fuggire le persecuzioni, e una probabile morte. Ma quello che più colpisce di questa storia è che alla fine della guerra, clamorosamente e con coerenza, le Aquile Randagie tuteleranno tedeschi e italiani autori di violenze, ricercati dai partigiani, chiedendo per loro una giusta pena con un processo giusto. La strada di questi giovani, interpretati per lo più da esordienti, si incrocerà con quella di personaggi storici come il Cardinale Schuster, monsignor Montini (che sarà Paolo VI) e naturalmente Sir Robert Baden Powell, il fondatore dello scoutismo internazionale.

https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2019/09/28/news/aquile_randagie-237082599/?ref=RHPPBT-VZ-I237256075-C4-P22-S1.4-T1&fbclid=IwAR0kDv4f7ksks6e6EygNfmsFfaQwiFCRcxkjQ80XEMYpn5AeXp3Nu4835mE

Bruciate Napoli: un docufilm sulle Quattro Giornate di Napoli

Il 30 Settembre 2019 il docufilm “Bruciate Napoli”, del regista Arnaldo Delehaye, verrà presentato ufficialmente presso il Teatro Mercadante di Napoli, in una serata di gala, come evento di chiusura delle Manifestazioni Ufficiali per il 76° Anniversario delle Quattro Giornate di Napoli del 27-30.09.1943, organizzata dal Comune di Napoli, alla presenza di Autorità, Media e Personaggi del settore cinematografico. L’Anpc per il livello del prodotto, dedicato a uno degli episodi più gloriosi della Resistenza, non sempre trattato dalla storiografia e ricordato con il dovuto spazio, ha ben volentieri concesso il patrocinio gratuito all’iniziativa. Alla Prima di Gala parteciperà il nostro Segretario Nazionale Maurizio Gentilini.

 “Bruciate Napoli”, il cui titolo è una parafrasi di una tristemente famosa frase di Adolf Hitler, ispirato da una storia vera e dal film “Le Quattro Giornate di Napoli” di Nanni Loy del 1962, è dedicato alle Vittime del terrore nazi-fascista ed ai Combattenti ed ai Caduti della Resistenza, che da Napoli dilagò in tutta Italia, liberandola.

bruciate napoli locandina.jpg

Nei seguenti link si possono avere più notizie sul film “Bruciate Napoli”, con foto, video, interviste ed articoli giornalistici:

Esce il film sulle Aquile Randagie

Con piacere segnaliamo una bella ed importante iniziativa: l’uscita del film “Aquile Randagie”.

Per saperne di più: https://www.aquilerandagiefilm.eu 

“Il 9 aprile 1928 lo scautismo fu dichiarato soppresso dal Consiglio dei ministri. Ma un gruppo di ragazzi disse no…

Si chiamavano Aquile randagie. Ragazzi del gruppo di scout di Milano e Monza continuarono a svolgere attività scout in clandestinità. Usando messaggi in codice e cifrati per non venire scoperti, quei ragazzi continuarono a ritrovarsi, utilizzando la Val Codera (provincia di Sondrio), per le attività clandestine, i campi estivi, i fuochi serali. Li guidavano Andrea Ghetti, del gruppo Milano 11, detto Baden, e Giulio Cesare Uccellini, capo del Milano 2, che prenderà il nome di Kelly, e che ebbe anche il soprannome di Bad Boy, affibbiatogli da J.S. Wilson, all’epoca direttore del Bureau Mondiale dello Scoutismo. Il fascismo non li ignorò: Kelly fu pestato a sangue da una squadraccia, in una notte d’autunno, e ci rimise l’udito da un orecchio. Ma questo non bastò a fermare le Aquile. Dopo l’8 settembre 1943, insieme a Don Giovanni Barbareschi e ad altri parroci milanesi, diedero vita all’OSCAR (Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati) che si impegnò in un’opera di salvataggio di perseguitati e ricercati di diversa nazione, razza, religione, con espatri in Svizzera attraverso i boschi e i monti che nessuno conosceva meglio di loro. Il loro servizio si concluse proteggendo la vita, a guerra finita, ai persecutori di ieri, salvando per quegli stessi sentieri gerarchi nazisti che furono consegnati alle autorità svizzere per avere un giusto processo, dalla giustizia degli uomini. E’ la loro storia che vogliamo raccontare. Una storia di coraggio, di paura, di fedeltà e di ribellione. Perché cambiare il mondo si può”.

Anche Vatican News ha dedicato a questa importante iniziativa un bel servizio con interviste e video: https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2019-07/aquile-randagie-film-scout-ribelli-fascismo-soccorso-ebrei.html

copertina aquile randagie film.jpg

Ciò che noi fummo un dì, voi siete adesso.
Chi si scorda di noi, scorda se stesso!

Teresio Olivelli: il 17 Ottobre a Bergamo

Olivelli Bergamo

Congratulazioni all’ANPC di Bergamo per questo importante incontro.

76° Anniversario Battaglia della Montagnola – 10 Settembre 1943

battaglia Montagnola.jpgIl 10 Settembre in Piazza Caduti della Montagnola si è celebrato il 76° Anniversario della Battaglia della Montagnola, con i rappresentanti istituzionali di Roma Capitale e del Municipio Roma VIII, i rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane, corpi dell’esercito e i Granatieri di Sardegna, con l’esibizione della banda musicale dell’Esercito: un appuntamento istituzionale che torna sui luoghi della memoria per celebrare il sacrificio di chi pagò col sangue la difesa dall’occupazione nazifascista. Alla Montagnola sono morti 53 persone tra militari e civili.E’ stata ricordata in particolar modo l’eroica partecipazione fino all’estremo sacrificio di Don Pietro Occelli,  di Suor Teresina di Sant’Anna, al secolo Cesarina D’Angelo, nativa di Amatrice, e di Quirino Roscioni, il fornaio della zona.

Presente alla celebrazione in rappresentanza di ANPC la nostra Vicepresidente Nazionale Annamaria Cristina Olini.

L’8 Settembre 1943 di Angelo Sferrazza

Un racconto di Angelo Sferrazza, autobiografico,sull’otto settembre ’43 , terzo classificato al Premio letterario “ Una short story” 2018 indetto dal Rotary.

GLI  ANGELI  POVERI

Erano due stradine in salita,quasi sentieri, solitarie, troppo basse per vedere il mare, in mezzo a campi  di stoppie esausti per la battaglia del grano. A destra e sinistra, allineate, casette bifamiliari giallognole, con un francobollo di giardino non sufficiente nemmeno per un minuscolo “orto di guerra”, ma con un grande fascio bianco sopra la porta d’ingresso. Sotto la strada nazionale 16, una casa cantoniera ben dipinta e  l’osteria dell’Ilde, donna forte, da tener in riga la clientela di soli maschi, carrettieri di passaggio  che trasportavano breccia estratta dal mare e dall’alba all’ora del coprifuoco, vecchietti  che non rispettavano  l’invadente cartello con su  scritto: “In questo locale non si parla di politica, non si bestemmia e non si sputa per terra”, intimazioni che a secondo il grado etilico raggiunto, venivano golosamente violate. A farne le spese un certo liter, litro nel dialetto locale, anagramma di Hitler. Verso il mare, tagliata dalla linea ferroviaria, una zona militare con un deposito di materiali ed armi, dove abitava la famiglia del maresciallo magazziniere. Intorno silenzio, rotto da qualche mezzo di passaggio, dai treni e dalla risacca  del mare quando tirava il vento freddo del nord, ancora rare le sirene d’allarme. 25 luglio! Gran festa all’osteria, vino a fiumi, canti, privilegiata “bandiera rossa” con qualche variazione anarchica. La gioia durò poco, la guerra continua, come dissero alla radio con voce convinta. Le madri, le mogli dovevano aspettare ancora. Una fine luglio ed un agosto confusi, con i vecchietti che non riuscivano, fra un bicchiere e l’altro, a dare un senso alle quotidiane  analisi politiche! Unica consolazione, via dal muro il ritratto del duce e l’odiato cartello delle tre proibizioni! Ma l’otto settembre successe qualcosa di importante. Molti gioirono, con notevole ingenuità e per mancanza di informazione: la guerra è finita, la guerra è finita!  No, la guerra non era finita e un saggio vecchietto dell’osteria  sentenziò: “qualcuno ce la farà pagare”. Per cinque o sei giorni si sperò che il Regio Esercito “ con il quale il popolo si stringe in una volontà sola per la difesa della Patria”, come si legge in uno dei tanti proclami di allora, avrebbe contenuto eventuali azioni tedesche. E ciò qua  e là avvenne con gesti di eroismo, anche fuori d’Italia: ricordare Cefalonia. Le caserme si svuotarono, evaporò nel nulla la catena di comando. Un fiume di giovani militari si riversò sulle strade, prese d’assalto  treni, camion, tutto ciò che si muoveva, cercando  di liberarsi della divisa. I vecchietti dell’osteria, memori delle tristi ritirate del’17, lanciarono l’allarme. Aiutiamo questi ragazzi. Le donne, madri, sorelle, mogli, erano pronte. Ogni ragazzo, appeso pericolosamente ai treni stracolmi  che  scendevano verso il  sud era figlio loro. Le donne delle stradine  aprirono l’armadio alla ricerca di indumenti vecchi, pochissimi.  Presero coraggio, uscirono dalla loro isola e coraggiosamente si avviarono a bussare alle prime case della città da dove i treni non si vedevano. Trovarono altre madri, altre mogli e riempirono le ceste di pantaloni, camicie,scarpe. Difficile trovare da mangiare, era il tempo della tessera annonaria, già insufficiente per la quotidianità. E le donne che spesso sciamavano per i campi a raccogliere erbe da rivendere ai “cittadini” e d’estate a spigolare nei campi attorno, ripetendo gli stessi gesti della biblica Ruth, non si persero d’animo.. Si avviarono verso la campagna,  verso case coloniche dove avrebbero sicuramente trovato qualcosa. I contadini, parsimoniosi, tenevano ben nascoste le provviste, ma anche in quelle famiglie c’era un figlio un marito in guerra. Tornarono indietro con pane e addirittura qualche salame. Si avviarono così in tre o quattro, una dietro l’altra sul calpestabile accanto alle rotaie, al limite della stazione. E aiutarono i ragazzi stanchi, spaventati. Li dissetarono con bottiglie d’acqua dell’osteria.  Lo fecero due o tre volte, sempre in fila, silenziose. Passando davanti al deposito militare salutavano il piccolo figlio del maresciallo che accanto alla robusta rete di recinzione guardava i treni dei soldati in fuga. Quelli del deposito invece erano ancora lì, il maresciallo non aveva ricevuto nessun ordine. Decise da solo. Tornate a casa. Quei soldati, “sedentari” perché non idonei alla guerra, erano della zona. Solo due rimasero, politicizzati, ad aiutare il maresciallo a rendere inservibili le armi. I tedeschi stavano arrivando. Dov’erano? Poi qualcuno disse che avevano occupato le due caserme centrali e presto sarebbero arrivati al deposito. Ancora una volto le donne delle stradine: corsero al deposito. In pochi minuti la famiglia del maresciallo fu accolta in una di quelle casette giallognole. Una mezz’ora dopo si sentì il rumore dei mezzi militari che arrivavano.  Per alcuni giorni la famiglia fu nascosta e protetta  e le donne divisero quel poco pane che avevano.  Trovarono per il maresciallo vestiti civili e fecero sparire la divisa, correndo un grave rischio. Altri aiutarono poi la famiglia a trovare un rifugio in un paese vicino. Finì la guerra, la famiglia tornò, il deposito distrutto, distrutta la casa. Le donne erano ancora lì. Ci fu un lungo  abbraccio di riconoscenza e qualche lacrima. Gesti che si ripetevano fra tutti quelli che si rivedevano dopo “il passaggio del fronte”. Molti anni dopo il figlio del maresciallo visitando S. Marco a Venezia, guardando  le decorazioni musive del Battistero, fu colpito da tre angeli in fila, con l’aureola. A questa immagine se ne sovrappose un’altra, improvvisamente, inspiegabilmente, lontanissima nella memoria. Tre donne  con la cesta in testa, come  un’aureola, una dietro l’altra, che andavano ad aiutare i ragazzi in fuga sui treni. Tre angeli, tre angeli poveri. 

IMG_6765

Firma Armistizio a Cassibile 1943.

2 Settembre 1944: il sacrificio di Albino Badinelli

L’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani – e in particolare la Sezione Sestri Levante e Tigullio – tiene a commemorare la grande figura di Albino Badinelli. Ricorre oggi l’anniversario del generoso sacrificio del giovane carabiniere che il 2 settembre agosto 1944 fu fucilato dopo essersi presentato spontaneamente al comando repubblichino di Santo Stefano d’Aveto per evitare l’incendio del paese. Il suo straordinario esempio di amore cristiano fu tale che, in punto di morte, non mancò di perdonare anche i suoi carnefici. Albino Badinelli è stato insignito della Medaglia d’oro al merito civile per il suo sacrificio.

albino badinelli.jpg

“Arrivati davanti al cimitero di Santo Stefano, Albino viene posto con le spalle al muro, pronto per essere freddato. In quel momento il giovane carabiniere, baciato con riverenza il crocifisso e guardando il Cristo che stringe forte a sé, ripete, con profonda fede e umiltà, le stesse parole che il Signore dalla Croce rivolse a Dio: «Perdonali, Padre, perché non sanno quello che fanno!».
A quel punto tre colpi di arma da fuoco, due al cuore ed uno alla testa, separano per sempre Albino dalla sua vita terrena, durata ventiquattro anni. Il suo gesto di amore supremo è servito a salvare venti ostaggi da morte certa e il paese dalla distruzione.
Sul muro dove Albino venne ucciso oggi sorge una lapide con la scritta: «Sotto il plotone di esecuzione, vittima innocente, il 2 settembre 1944, qui cadeva serenamente perdonando, il Carabiniere Badinelli Albino, figlio della vicina Allegrezze. Oh tu che passi, chinati al suo ricordo e prega per lui e per il mondo la pace».
Monsignor Casimiro Todeschini, allora Arciprete di Santo Stefano, commentando questa fine cruenta, illuminata dalla luce del perdono, esclama: «Con serena e cristiana fortezza, e con le labbra rivolte al Crocifisso, affrontò il plotone di esecuzione perdonando tutti, offrendo il suo sangue per la Chiesa, per la Patria, per la Pace e la redenzione dei popoli».
Da quel giorno il ricordo del sacrificio di Albino non si è ancora spento: a suo nome è stata intitolata una via del Comune, dove si trovano la stazione dei Carabinieri e la scuola. Nel 2015 è stato poi fondato il Comitato Albino Badinelli, per favorire lo sviluppo e la conoscenza della sua testimonianza”. (http://www.santiebeati.it/dettaglio/96816)

 

Navigazione articolo