La strage di Marzabotto fu compiuta dalle truppe nazifasciste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nel territorio dei comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno che comprendono le pendici di Monte Sole in provincia di Bologna: fu un crimine contro l’umanità e uno dei più gravi crimini di guerra compiuti contro la popolazione civile, istigati da Albert Kesselring. Le vittime, confrontando i dati dell’anagrafe, furono 1.830 (a cui si riferisce la medaglia d’oro del 1948).
In occasione del Consiglio Nazionale, tenutosi in data 23 settembre 2022, l’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani (ANPC) rivolge un pressante appello ai cittadini perché non rinuncino al diritto così faticosamente conquistato di partecipare al voto.
L’espressione della volontà popolare è il fondamento della sovranità garantita dalla Costituzione.
Soprattutto ai giovani diciottenni, cui è stato riconosciuto il privilegio di partecipare per la prima volta alla scelta anche dei senatori oltre che dei deputati, è affidata la responsabilità di impegnarsi in un obbligo morale importante per la loro generazione su cui fondiamo la speranza di nuove classi dirigenti democratiche.
Tutto ha inizio il 22 settembre 1943 quando alcuni soldati tedeschi delle SS che ispezionavano delle casse di munizioni abbandonate vengono investiti dall’esplosione di una bomba a mano, probabilmente per imperizia nel maneggio degli ordigni. Due dei soldati muoiono e altri due rimangono feriti. Il comandante del reparto tedesco attribuisce la responsabilità dell’accaduto ad anonimi attentatori locali e richiede la collaborazione dei Carabinieri della locale stazione, temporaneamente comandata da Salvo D’Acquisto, per ricercare i colpevoli. Inutili i tentativi di Salvo di convincere i tedeschi del carattere incidentale dell’esplosione. Il 23 settembre vengono quindi eseguiti dei rastrellamenti e catturate 22 persone scelte a caso fra gli abitanti della zona. Tra questi, anche lo stesso Salvo. Gli ostaggi e D’Acquisto vengono quindi trasferiti fuori dal paese e, forniti di vanghe, vengono costretti a scavare una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro, per la ormai prossima fucilazione. All’ultimo momento, però, contro ogni nostra aspettativa, vengono tutti rilasciati eccetto il vicebrigadiere D’Acquisto. Silenziosamente, senza onori o attenzioni, Salvo D’Acquisto si è autoaccusato del presunto attentato, addossandosi la sola responsabilità dell’accaduto e chiedendo l’immediato rilascio dei condannati. I 22 prigionieri vengono lasciati liberi e immediatamente si danno alla fuga, lasciando il sottufficiale italiano già dentro alla fossa, davanti al plotone d’esecuzione. L’ultimo a scappare fa giusto in tempo, mentre corre, a sentire il grido “Viva l’Italia” lanciato dal carabiniere, seguito subito dopo dalla scarica di un’arma automatica che porta a termine l’esecuzione. Il comportamento del militare aveva colpito a tal punto persino le stesse SS, che il giorno dopo riferirono: “Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte.”
Nel giugno 1947, nonostante la contrarietà dei 22 scampati alla strage e della popolazione di Palidoro, la madre ottenne di far traslare le spoglie di Salvo D’Acquisto nella sua città natale. Il feretro, giunto a Napoli l’8 giugno 1947, fu esposto in una camera ardente presso la Caserma del Comando Legione Carabinieri Campania per poi essere tumulato il 10 giugno presso il Sacrario Militare di Posillipo.
Salvo D’Acquisto fu fucilato all’età di nemmeno 23 anni. L’ANPC lo ricorda con gratitudine e commozione.
Alla Sala Laudato Sii in Campidoglio si è tenuta mercoledì 21 settembre alle ore 17.30 la presentazione del volume su Tina Anselmi. Tra le relatrici la Presidente Nazionale ANPC Maria Pia Garavaglia, la Vicepresidente Silvia Costa, la senatrice, già ministra della Difesa, Roberta Pinotti e l’ex senatrice Albertina Soliani. Presente anche il Consigliere Nazionale Aladino Lombardi.
In pieno rush finale elettorale, alla sala Laudato Si inaugurata da Papa Francesco, Roberto Di Giovan Paolo, già senatore, figlio di una anselmiana doc, ha chiamato a raccolta un po’ di amici e di appassionati per celebrare l’eredità politica e la figura di Tina Anselmi che, “a soli diciott’anni come staffetta partigiana rischiava la vita portando in giro pezzi di radio trasmittente smontati o documenti giocando sul fatto che una studentessa in bicicletta non poteva suscitare sospetti”. Antifascista purissima, da sempre, per reazione e per convinzione quando vide tutti quei giovani di diciott’anni, tra cui anche qualcuno che le era molto caro, impiccato oscenamente agli alberi del viale di Bassano del Grappa che dominava la sua valle natale .
“Una donna straordinaria poco celebrata. Ricordare oggi Tina Anselmi significa anche risarcire la sua memoria” ha detto Mariapia Garavaglia, nostra Presidnete Nazionale e Ministro della Sanità dall’aprile 1993 al maggio 1994, che durante la presentazione ha sottolineato come l’Italia non abbia mai valorizzato sufficientemente questa donna. “La legge 883, che ha sancito l’istituzione del nostro Sistema Sanitario, è la più importante che abbia avuto il Paese, dopo la Costituzione”, ha continuato Garavaglia. I suoi ricordi di Tina Anselmi sono intimi, personali: “ricordo quell’abbraccio di Tina, quello che mi diede quando riuscì a garantire la stessa qualità di farmaci per ricchi e poveri. Era una donna così straordinaria che le persone la fermavano per strada semplicemente per ringraziarla di esserci”.
Dopo la guerra riprese gli studi e iniziò la sua carriera di sindacalista, girando per le filande dove le donne soprattutto erano sfruttate. Proprio in quei luoghi ricchi di sofferenza cominciò la sua battaglia di genere in tempi remotissimi quando non si concepiva nemmeno il femminismo. Tina Anselmi ricordava anni dopo che bastava guardare le mani di quelle lavoratrici: le mani “cotte” da quel lavoro che veniva fatto con l’acqua calda che scottava le mani e le rendeva dure e piene di calli per il resto della vita. Non era un ambiente facile ma Tina Anselmi si faceva valere anche in un mondo maschilista e conservatore come quello dell’imprenditoria veneta di allora.
Eletta parlamentare, negli anni difficili del terrorismo e della formula politica della cosiddetta solidarietà nazionale le fu chiesto di fare il ministro, cosa per la verità ben meritata e non una sorpresa ormai data la stima di cui godeva in quegli anni settanta così difficili per il nostro Paese. Tina Anselmi fu il primo ministro donna della Repubblica italiana. Fu un ottimo ministro del lavoro. Nel successivo governo al ministero della sanità riformò il sistema sanitario nazionale creando il quadro di sistema che introdusse in Italia la sanità per tutti così come prevede la nostra costituzione
Quando, finita quell’epoca, bruscamente dopo l’assassinio di Aldo Moro, “suo riferimento politico” come ha spiegato Silvia Costa che ha emozionato la platea facendo un intenso e toccante ritratto di Tina che sembrava ormai avviata verso una tranquillità e un momento di riflessione e che invece si trovò alle prese con una richiesta molto importante da parte del suo partito: quella di presiedere la Commissione bicamerale incaricata di indagare sulla loggia massonica P2 di Licio Gelli. Condusse la commissione con grande prudenza, fu intransigente anche col suo partito come era giusto che fosse. Celeberrimo il suo duro intervento finale in Aula sui lavori della Commissione di inchiesta. Quell’intervento che non fu solo un atto d’accusa ma un atto d’amore verso la politica, i partiti politici di massa, i corpi intermedi, la cittadinanza consapevole è forse il testamento politico di Tina Anselmi che a quell’indagine , come ha spiegato Albertina Soliani, “sacrificò anche le possibili chance di elezione al Quirinale”, cosa a cui – come al solito – non aveva pensato per nulla lei, che amava ritirarsi a Castelfranco Veneto, nella sua comunità, per la quale ha iniziato a combattere in guerra e lavorato in pace, e dove ora riposa al termine di un cammino eccezionale, il cui ricordo non deve andare perduto.
E non lo sarà, io credo, considerando che al Quirinale i piduisti fecero di tutto per non farla eleggere ma non hanno potuto evitare che fosse eletto uno dei più giovani membri della commissione di inchiesta Anselmi: Sergio Mattarella.
Segnaliamo questa iniziativa che si terrà a Milano sabato 24 settembre 2022 nel quartiere Gorla. L’Anpc verrà rappresentata da Carla Bianchi Iacono, che illustrerà soprattutto la figura di Don Carlo Banfi (sacerdote molto noto nella parrocchia, che ha conosciuto fin da bambina).
“Ettore Carozzo, antifascista, popolare, editore dei fuorusciti in Francia” è il titolo del libro scritto da Nicola Carozza (Edizioni Giacché) sulla figura dell’editore antifascista, che pubblicò e diede sostegno ad intellettuali fuorusciti perseguitati dal fascismo come Sturzo, Nitti, Sforza, Salvemini e molti altri.
Di questo spezzino di cui nella storiografia nazionale, da documenti e carteggi, si conosceva il nome, nessuno aveva ancora ricostruito l’interessante vicenda; «fu – come scrive l’on. Pierluigi Castagnetti nell’introduzione al libro – una delle più fulgide figure della militanza morale e politica contro il regime mussoliniano». L’autore ricostruisce nel libro «i tratti più significativi della sua biografia, inseriti nei vari contesti storici e geografici interessati e con riferimenti sistematici da ricercatore storico di rango qual è». Si restituisce così al dimenticato editore spezzino il posto che spetta nella storia dell’antifascismo.
Carozzo anche in Francia fu sempre e comunque tenuto sotto sorveglianza dal regime che, in uno dei dispacci ministeriali pubblicati nel libro lo ipotizza «affiliato a una setta terrorista di Parigi» e lo definisce «irriducibile disfattista» e «divulgatore all’estero di odio feroce contro il nostro Duce».
Ettore Celestino Carozzo, ci ricorda Castagnetti, «era più di un editore impegnato, era un antifascista intenzionalmente impegnato a pubblicare materiale critico e ostile al fascismo. Si doveva essere antifascisti, perché il fascismo era tutto il contrario di ciò che rappresenta la centralità della persona umana. Se si fosse stati complici, anche solo per sottovalutazione o per indifferenza, del fascismo, non ci sarebbe stato più alcun senso nell’impegno politico per i cattolici. La Chiesa tardava a capirlo, ma i cattolici impegnati in politica lo capirono subito. Dunque il loro antifascismo era per così dire profondamente cristiano e, allo stesso tempo, politico, ontologicamente politico».
Il libro, acquistabile in libreria e online, è patrocinato dall’Istituto Storico della Resistenza spezzino; è arricchito da fotografie di famiglia e documenti inediti che l’autore ha raccolto, e racconta la vita non certo facile del protagonista che, malgrado fosse un reduce decorato nella Grande Guerra, in cui aveva riportato gravi lesioni, dovette riparare in Francia sotto il fascismo.
Oggi Liliana Segre compie 92 anni. Scelta magnifica del nostro amato Presidente di nominarla Senatrice a vita. Il Suo compleanno è davvero un regalo della vita che Le ha consentito di essere insuperabile testimone della capacità di resistere agli orrori della violenza razzista del nazismo e dei sodali fascisti italiani. Testimonia il superamento dell’odio ma non della memoria. ANPC con gli auguri dice un grande grazie per la incessante attività soprattutto a favore dei giovani per mettere in guardia dai rischi di involuzione democratica se si allenta la vigilanza e se si semina l’ignoranza della storia e il negazionismo. Auguri e grazie Senatrice!
Oggi presente alla Cerimonia in rappresentanza dell’Anpc il Consigliere Nazionale Aladino Lombardi.
La cerimonia è commemorativa dell’8 settembre 1943, giorno dell’annuncio dell’Armistizio e inizio di una serie di eventi drammatici ma anche eroic che segnarono l’inizio di quel cammino di Resistenza da cui è nata l’Italia moderna e democratica come oggi la conosciamo.
“A Roma in quei giorni” afferma il Sottosegretario di Stato alla Difesa Stefania Pucciarelli, intervenuta stamane su delega del Ministro Guerini, “c’erano, insieme ai militari, anche garzoni di fornaio, metalmeccanici, semplici donne, giovani o studenti, che con loro presero le armi. Furono eroi inconsapevoli di una giovane Nazione soffocata in una fase di grande fragilità e incertezze, che rischiava di ripiombare nella notte più oscura. Malgrado ciò, o probabilmente perché consapevoli di tutto questo, posero invece le basi per quella che oggi è la Repubblica Italiana”.
Ha anche affermato: “La difesa di Roma del ’43 ci ricorda che il percorso delle nazioni prevede anche delle crisi, talvolta drammatiche, che nel lungo periodo, però, possono fornire lo slancio per l’adozione di soluzioni nuove, più efficienti, migliori. Sta a noi fare in modo che diventino tali; che le battute d’arresto, quando ci sono, non siano definitive. Ricordare la storia, imparare da essa per costruire un futuro migliore, il futuro dell’Italia e degli Italiani”.
Qui a sinistra Antonio Verdone, Sindaco di Mignano Montelungo assieme ad Aladino Lombardi
Consigliamo vivamente questo libro, recentemente uscito con il Corriere della Sera nella collana “La storia delle donne”.
Troppo spesso la Resistenza delle donne viene dimenticata, mentre riveste una notevole importanza: questo libro ci fa riflettere sulla vasta partecipazione delle donne alla lotta partigiana, sia come staffette incaricate di tenere i collegamenti, ma anche come combattenti.
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