Cari Cittadini di Monticelli,
è per me un onore celebrare con voi oggi, nella terra di Felice Ziliani e di Emilio Pecorari , in rappresentanza della Associazione Nazionale Partigiani Cristiani, la giornata del 25 Aprile 1945, anniversario della Liberazione dell’Italia dalle forze nazifasciste e dell’avvio del percorso che avrebbe condotto alla Repubblica e alla Costituzione.
Oggi più che mai è fondamentale portare avanti il ricordo di questo evento.
Innanzitutto, è doveroso , come cittadini di questo paese, Fare memoria di tutti quei coraggiosi, uomini e donne, che in vari modi e forme, combatterono e anche morirono per costruire un’Italia Libera e democratica : mi riferisco al Valoroso e ad Antonio Carini, figli prediletti di queste terre, ai caduti di Olza, San Pedretto e San Nazzaro e poi ancora ai tanti partigiani che furono privati della vita ,per il loro impegno e per la loro scelta a favore della libertà e della democrazia, e i cui nomi sono scritti, a imperitura memoria sui tanti cippi, marmi e monumenti sparsi nelle nostre campagne e sulle nostre montagne.
Tuttavia Cari cittadini, non dobbiamo nasconderci che ancora oggi non tutti gli italiani vivono questa giornata come una grande festa nazionale ma anzi è evidente il tentativo di far cadere nell’oblio questa data
La verità, cari cittadini, è che Il 25 aprile purtroppo , per l’errore di alcuni e per la volontà di altri, è sentita anziché come la festa di tutto il popolo italiano, come la festa di una parte di esso. Ciò che assolutamente non è; perché il 25 aprile appartiene a tutti coloro che, pur rappresentando filoni culturali e politici diversi, hanno creduto nella possibilità di fare dell’ Italia uno Stato di Diritto democratico , a tutti gli italiani antifascisti, a tutti coloro che tennero vivo il dissenso, a quelli che lavorarono in clandestinità , che furono, imprigionati, esiliati o uccisi per la libertà.
Il 25 Aprile dunque come festa di tutti gli italiani che , pur di diversa provenienza politica, culturale o religiosa, hanno creduto e combattuto per un’Italia nuova, libera e democratica. Per questo è preferibile che in occasione di questa laica celebrazione ci si astenga dall’esibire simboli, bandiere o emblemi di parte, a favore dell’unico simbolo che tutti ci accomuna : il Tricolore, la Bandiera italiana.
Era il 1944 quando Giuseppe Dossetti , a fronte della guerra, dell’Olocausto e della mancanza di democrazia, esprimeva un forte e drammatico giudizio di “catastroficità” sulla situazione italiana e mondiale e affermava che “ perché questa nostra civiltà non presenti più orrori e dolori tanto immani, non offra più tanti pericoli e tante resistenze alla virtù ,perchè si nobiliti nella conquista di un minimo di ordine e giustizia “ alla presa di coscienza religiosa sulla carta doveva far seguito una risposta storica e di impegno politico. In quell’anno 1944, Giuseppe Dossetti, giovane professore dell’Università Cattolica ,futuro politico e poi sacerdote nel 1959 , ispirato da tale atteggiamento, compiva un atto di ribellione e diventava capo della Resistenza nella Provincia di Reggio Emilia. Ma una simile presa di coscienza a cui seguirono una ribellione sia religiosa che politica accomunò tanti cattolici che in vario modo si impegnarono proprio nella Resistenza. Consentitemi così di ricordare , oltre a Dossetti, gli illustri piacentini:
-Francesco Daveri, avvocato, capo del Comitato di Liberazione Nazionale di Piacenza e figura importante del CLN nazionale di cui fu, per un periodo, Ispettore militare per il Nord Emilia , cattolico praticante e convinto, n. 126.054 del più terribile dei campi secondari di Mauthausen nell’Alta Austria, quello di Gusen II, dove morì, a 42 anni, il 13 aprile 1945;
– don Giuseppe Beotti, mio concittadino, che aveva 32 anni il 20 luglio 1944 quando i tedeschi, insieme a don Delnevo e al seminarista Subacchi, lo allinearono e uccisero al muro di sostegno della strada davanti alla chiesa di Sidolo ,in Comune di Bardi ,nella parte della montagna parmense della diocesi .La sua colpa: nel periodo della guerra essersi distinto per la sua indefessa carità verso partigiani, ebrei, soldati feriti. Nella Domenica del 21 novembre 2010 nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo in Gragnano Trebbiense,mio Comune di residenza, il vescovo di Piacenza – Bobbio mons. Gianni Ambrosio, nel corso di una solenne celebrazione, ha sottoscritto il documento d’insediamento del tribunale ecclesiastico che sta esaminando la sua causa di beatificazione.
-Giuseppe Berti :insegnante di filosofia ,promotore e animatore dell’Azione Cattolica per tutta la vita, partecipò alla fondazione del Partito Popolare e si impegnò strenuamente nella difesa della libertà, subendo anche violenze fisiche nel 1923. Durante la seconda guerra mondiale partecipò alla Resistenza nel cremonese, seguendo i suoi giovani arruolati nelle formazioni partigiane. Fu arrestato a Piacenza il 7 dicembre 1944, mentre lasciava la sede della FUCI di via San Giovanni. Fu liberato nella notte fra Natale e Santo Stefano grazie all’intervento di Giuseppe Prati, comandante della Divisione Val d’Arda: fu scambiato con un sergente della Repubblica Sociale Italiana. Morto nel 1979, anche per lui è in corso il processo di beatificazione , aperto in Cattedrale a Piacenza , il 18 marzo 2012.
Celebrare il 25 Aprile , cari concittadini , è celebrare la Resistenza . Perché? A che serve ?
-Celebrare la Resistenza significa difendere la Costituzione , senza , per questo, negare la necessità di un cambiamento della Parte II , quella relativa all’Ordinamento dello Stato, la cui riforma, anzi è discussa e attesa da tempo. La nostra Carta Fondamentale nacque da una commistione feconda tra le culture che Dossetti , componente della Costituente, definiva, liberale , cattolica e socialcomunista. Una Carta capace di riportare pace e libertà in una comunità umana che aveva perso i modi, le ragioni e le motivazioni per stare insieme. Essa non fu soltanto frutto di un accordo politico, ma la rifondazione risorgimentale di una nuova unità . Senza l’esperienza della collaborazione nella Resistenza questa unità non avrebbe potuto avvenire. Essa fu voluta, condivisa e approvata da schieramenti e forze ideologiche manifestamente contrapposte ma unite da un collante misterioso , silente ma efficace : quel collante che Oscar Luigi Scalfaro, nel 1946 giovane membro dell’Assemblea Costituente, definisce “la grande pagina della sofferenza, del dolore, del martirio nella lotta per la libertà. Una sofferenza vissuta da chi credeva nei valori dello Spirito e da chi non vi credeva, da chi apriva la speranza in una visione trascendente e da chi questa luce non aveva, ma sempre sofferenza, umano incredibile patrimonio che divenne anima della Carta Costituzionale”.
La nostra Costituzione dunque è frutto dell’”Unità nella diversità”. Questo dobbiamo rivendicare oggi, spiegarlo ai nostri ragazzi , ricordarlo alle nostre pigre coscienze. In caso contrario prevarranno coloro che vogliono far credere che la nostra Costituzione è stata falsata , nella sua costruzione, dalle preponderanti forze della sinistra che ne avrebbero irrimediabilmente compromesso l’efficacia democratica; il tutto quale risultato di una Lotta resistenziale non frutto della autodeterminazione di un popolo ma strumento nelle mani di un minoritario gruppo politico al soldo di potenze ed obiettivi stranieri.
Da qui tutta la teoria del revisionismo storico che, pur essendo stato sempre presente fin dal dopoguerra, negli ultimi anni ha trovato nuovi proseliti ed una più ampia eco nei media ed in parti politiche di grande massa.
-Ma Ricordare la Resistenza significa anche offrire un messaggio di speranza per il futuro.
Io credo ,cari cittadini, che il giudizio di “catastroficità” espresso da Dossetti nel 1944, possa oggi essere riproposto e possa essere riattualizzato. Il quadro sociale e culturale non solo italiano è profondamente mutato : oggi siamo nella società del nulla , dei “non luoghi”, del “non senso”. Le ideologie hanno fallito o comunque non sono più attrattive.. Le istituzioni sono in crisi .Mancano punti di riferimento e sembrano mancare Valori fortemente condivisi e aggreganti intorno ai quali riconoscersi. In questa difficile situazione di disagio complessivo il pensiero filosofico e la politica, ai quali spetterebbe il compito di indicare modelli interpretativi della realtà e soprattutto modelli nuovi idonei ad orientarci e ad orientare il necessario cambiamento, se ne rivelano incapaci. Prevale il disorientamento, che ovviamente coinvolge anche i Partiti e le loro classi dirigenti cosicchè alla strada della “feconda, anche se aspra dialettica democratica “ esercitata all’interno delle Istituzioni democraticamente elette, viene preferita “ quella avventurosa e deviante , della contrapposizione tra piazza e Parlamento” .(Giorgio Napolitano 22.04.2013).
A fronte della difficile situazione economica, sociale e culturale del Paese si registra la rivivescenza di diverse forme di populismo che ,come è noto, rischiano spesso di trasformarsi in autoritarismo. La Situazione italiana appare ancora più grave a chi , d’accordo con Dossetti , ritiene, gobettianamente, il fascismo, l’autobiografia della Nazione non riconducibile ad una specifica epoca. Ma una costante della vita italiana , ancorchè di volta in volta variamente rivestito.
Il rischio che l’Italia corre è davvero serio e reale , soprattutto se si considera come la crisi abbia messo a nudo quanto di finto e di sbagliato negli anni si sia compiuto, col mito dell’economia e della finanza ,con il sistema delle raccomandazioni , delle conoscenze influenti e della collusione col potere, che hanno umiliato il merito e la competenza, la moralità , la correttezza e la legalità .
“Chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada; la quale non può che condurre al precipizio. Il problema economico è l’ aspetto e la conseguenza di un più ampio problema, spirituale e morale”. Così scriveva tanti anni fa Luigi Einaudi, cogliendo il senso di un problema che ha radici profonde e può essere risolto solo ripartendo dai valori fondamentali della crescita della persona umana.
Che sono poi i valori sui quali è nata e si è sviluppata la Resistenza.
Allora Io penso, cari Cittadini che ricordare la Resistenza possa aiutare ad affrontare le sfide del futuro , con speranza e con rinnovato entusiasmo, nella consapevolezza che un avvenire sereno per l’Italia è possibile se affrontato alla ricerca dell’Unità nella Diversità, come fecero i nostri Padri, alla luce dei valori di un nuovo umanesimo , quale quello sancito e affermato nei principi fondamentali della Costituzione Italiana, il principio della libertà, personale, religiosa, di pensiero , quello della democrazia, della pace, del lavoro, dell’inviolabilità dei diritti umani, della solidarietà politica economica e sociale, della sussidiarietà , del decentramento politico e amministrativo. Quegli stessi valori che unirono gli italiani ormai settant’anni fa, sono gli stessi valori intorno ai quali una nuova pacificazione sociale si può costruire nell’interesse del Paese.” Perché , come ci ha ricordato Il Presidente della Repubblica nel suo recente discorso di insediamento , “Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorte di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni , convergenze tra forze politiche diverse , è segno di una regressione, di un diffondersi dell’idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare della cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini , appunto, di mediazioni, intese e alleanze politiche”
-E’ chiaro tuttavia che ai valori costituzionali siamo chiamati a dare testimonianza ogni giorno, nelle nostre occupazioni quotidiane, nel nostro impegno politico e civile. Perché come raccomandava Piero Calamandrei ai giovani universitari di Milano nel 1955 “ la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità”.
Oggi dunque può essere l’occasione per interrogarci su come,a i vari livelli, viviamo e sosteniamo i valori propugnati dalle persone che commemoriamo. A partire da quell’articolo 1 che recita :”l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, “ perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita …(omissis)..al progresso continuo di tutta la società.”(Piero Calamandrei), Per questo auspico che il nuovo Governo che, auspico possa formarsi a breve, ponga la questione del lavoro come priorità assoluta della propria azione .
E’ facile dunque convenire che ricordare oggi i nostri Resistenti non è esercizio retorico, ma necessità. Necessità di recuperare modelli di uomini veri, reali, impegnati, coraggiosi , a cui ispirarci. Testimoni, di cui abbiamo bisogno, come l’aria!.
E ‘ per questo che voglio concludere oggi con voi queste mie riflessioni con le parole utilizzate da Ziliani nel Suo intervento all’ultimo convegno dell’ Associazione Partigiani Cristiani di Piacenza da Lui stesso organizzato l’8 ottobre 2005, in occasione del 60° Anniversario della Liberazione, in memoria dei sacerdoti diocesani Martiri della Libertà.
Conclusione che preludeva la lettura, come Sua abitudine in tutte le occasioni pubbliche, della Preghiera del Ribelle scritta dalla Medaglia d’oro Teresio Olivelli (di cui è in corso il processo di beatificazione), frasi che riassumono il Suo stile di vita e la Sua esistenza (e che ci ricordano l’importanza ed il significato profondo della responsabilità personale di ognuno di noi):
“ I Sacerdoti che stiamo onorando ci ricordano che ciascun uomo ha le sue responsabilità e ciascuno ha un compito cui attendere.
Ci ricordano ancora che ciascuno di noi ha un dovere rispetto alla società e ciascuno ne deve rispondere perché nessun’altro farà mai quello che solo noi possiamo fare.
Ci ricordano che non ci sarà mai vera pace fino a quando l’uomo non avrà trovato la pace in se stesso.
Ci ricordano, col sacrificio del loro sangue, che non c’è cosa più grande di quella di saper dare la propria vita per gli altri.
Queste povere cose ma solo esse, potranno finalmente scacciare le nubi che ci sovrastano. “.
Con queste parole saluto , ( un saluto particolare a Emilio Pecorari e alla staffetta Pierina Pivani ) e mi unisco a Voi in un unico ideale abbraccio a tutti i caduti per la democrazie e la libertà.
Viva la Resistenza, viva la Repubblica, viva l’Italia unita.
Patrizia Calza
Associazione nazionale Partigiani Cristiani di Piacenza
Monticelli d’Ongina 25 Aprile 2013
Sezione di Piacenza – via don Carozza, 30/a – tel. 0523497197