ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Archivi per il mese di “settembre, 2020”

La questione romana

Il 150° anniversario della cosiddetta “breccia di Porta Pia” fa memoria dell’entrata a Roma – il 20 settembre 1870 – dei bersaglieri piemontesi, che occuparono la città, destinata a diventare capitale del Regno d’Italia. Un evento cardine per la storia risorgimentale e per il complesso processo unitario nazionale che, a livello politico e diplomatico, decretò anche il tramonto della sovranità su Roma e dell’esercizio del potere temporale da parte della Chiesa cattolica e dei papi, nonché l’apertura di un lungo conflitto tra la Santa Sede e lo Stato italiano. Un dissidio che sarebbe durato molti decenni e che è passato sotto il nome di “questione romana”. La “questione” era già stata posta nel 1848, in occasione del fallito tentativo mazziniano della Repubblica romana, e riproposta nel 1859-60, con le annessioni territoriali che avevano creato il Regno d’Italia sotto la guida della monarchia sabauda. La strenua opposizione di Pio IX (sostenuto dalla Francia) aveva vanificato gli sforzi di Cavour di risolvere pacificamente la controversia a proposito del ruolo di Roma come capitale, assunto provvisoriamente prima da Torino e poi da Firenze.

L’occupazione dell’Urbe da parte delle truppe italiane, favorita dalla sconfitta francese a Sedan contro la Prussia, che segnò le sorti delle nazioni coinvolte e le dinamiche della storia europea, permise nel giro di pochi mesi il trasferimento in riva al Tevere della corte di Vittorio Emanuele II e del governo. Il Papa, la cui autorevolezza spirituale era stata rinvigorita con il dogma dell’infallibilità, stabilito dal Concilio Vaticano I, si ritirò in Vaticano, opponendosi al riconoscimento della nuova situazione istituzionale e dichiarandosi prigioniero politico. Identico atteggiamento venne tenuto nei confronti della Legge delle guarentigie, promulgata nel 1871 per definire e regolare i rapporti tra Stato e Chiesa. La partecipazione alla vita pubblica e all’impegno politico dei cattolici nel contesto nazionale italiano venne limitata e impedita dalla disposizione pontificia nota come “non expedit” (non è conveniente). Un divieto che accompagnò la storia nazionale fino all’epoca della Prima guerra mondiale, condizionando il coinvolgimento nelle scelte politiche e nell’amministrazione di ampi strati della popolazione, inibendo il possibile contributo di idee e il protagonismo del pensiero sociale originato o informato dai principi del cristianesimo e impoverendo così le basi di consenso del nuovo Stato nazionale.

L’espressione di Charles de Montalembert “Libera Chiesa in libero Stato”, fatta propria e ripresa più volte e pubblicamente da Cavour, divenne un principio dell’impostazione politica e di governo dell’Italia liberale e un motto – consacrato dalla pubblicistica e dal linguaggio storiografico – capace di rendere l’essenza della questione romana rispetto alla situazione determinata dalla costituzione e dallo sviluppo del Regno d’Italia. Solo l’evoluzione della situazione politica interna (soprattutto in relazione all’avanzata delle forze socialiste) e una serie di contingenze legate alla gestione dei governi presieduti da Giovanni Giolitti indusse la Chiesa ad assumere un atteggiamento meno intransigente, che culminò nel 1913 con il cosiddetto “patto Gentiloni”, in virtù del quale il partito liberale maggioritario mise a disposizione una nutrita quantità di seggi alle elezioni politiche per i candidati cattolici. Una tappa del tortuoso cammino che aveva portato la Chiesa, e in particolare Pio X, ad assumere un atteggiamento di opposizione intransigente nei confronti del mondo moderno e di principi come quello della laicità dello stato, nonché di strenua difesa delle prerogative delle istituzioni ecclesiastiche nei confronti dei movimenti di matrice liberale e del processo risorgimentale.

La particolare situazione della Chiesa rispetto allo Stato in Italia (e la relativa indipendenza e autonomia della prima), favorì tuttavia una forte evoluzione della riflessione ecclesiale in merito alla questione sociale e alla elaborazione di una articolata dottrina sul tema, in parte riassunta dall’enciclica “Rerum novarum” di Leone XIII, promulgata nel 1891. Altrettanto autorevole la proposizione di un pensiero e di pronunciamenti magisteriali a proposito della pace e delle relazioni tra popoli e nazioni, esposto in varie forme prima, durante e dopo la Grande guerra da Benedetto XV.

Una sistemazione formale dei rapporti tra Stato italiano e Santa Sede si realizzò solo in epoca fascista, con i patti firmati in Laterano l’11 febbraio 1929. Questi erano costituiti da un Trattato, che sanciva la nascita dello Stato della Città del Vaticano, da un Concordato e da una Convenzione finanziaria. Il Primo riconosceva al Vaticano “l’assoluta e visibile indipendenza” e gli garantiva “una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale”. Con questo atto diplomatico con cui l’Italia cedeva (non senza una buona dose di opportunismo politico e di ricerca di consenso) alla Santa Sede la sovranità sul suo piccolo territorio, garantiva al nuovo Stato la più completa libertà da ogni ingerenza e al papa l’indipendenza assoluta come capo spirituale del cattolicesimo, si chiudeva la cosiddetta “questione romana”.

Al tempo della firma dei Patti lateranensi, Alcide De Gasperi viveva emarginato dalla vita politica a causa della sua opposizione al regime e costretto a un umile e precario lavoro presso la Biblioteca apostolica vaticana. L’ex deputato e segretario del Partito popolare italiano (e futuro protagonista della ricostruzione dell’Italia del secondo dopoguerra) non rinunciò tuttavia a esprimere il proprio pensiero su quell’evento, affidandolo ad alcune lettere indirizzate a pochi amici fidati. Dal suo particolare osservatorio, De Gasperi seguì e valutò in tutta la loro complessità gli accordi, cercando di esaminarne gli elementi negativi e quelli positivi, i riflessi politici ed ecclesiali, i commenti suscitati in Italia e all’estero. Nelle lettere fornì un giudizio articolato: non valutò negativamente il Trattato, tanto da definirlo come un fondamentale traguardo raggiunto dal cattolicesimo italiano; manifestò invece una profonda preoccupazione circa il Concordato, sulla cosiddetta “politica concordataria” e le posizioni di molti ambienti cattolici.

Da un punto di vista puramente politico, la soluzione della questione romana e i vantaggi concessi alla Chiesa dallo Stato italiano rappresentavano un’occasione che la Santa Sede non poteva lasciarsi sfuggire. A Mussolini che – secondo un’immagine usata in una lettera all’amico trentino Simone Weber – “bussava alla porta di bronzo”, il Papa non avrebbe potuto non aprire; la conclusione, vista in Italia come un successo del regime, nella storia e nel mondo sarebbe stata una liberazione per la Chiesa e una fortuna per la nazione italiana. A queste valutazioni De Gasperi aggiunse alcuni riferimenti circa il clima in cui vennero celebrati i patti, avvertendo il pericolo di una compromissione del principio di laicità della politica e dello Stato, temendo che “non si distinguesse più fra cattolicesimo e fascismo”, specialmente dopo lo scioglimento dei partiti e dei sindacati e dopo l’approvazione delle “leggi fascistissime”. Un’analisi che si sarebbe presto dimostrata estremamente lucida, equilibrata e preveggente. Maurizio Gentilini

(Articolo pubblicato su: http://www.almanacco.cnr.it/reader/cw_usr_view_articolo.html?id_articolo=10461&giornale=10418)

BRECCIA DI PORTA PIA: 1870-2020

Anche le celebrazioni del 150° Anniversario della Breccia di Porta Pia si sono svolte in maniera contingentata a causa del Covid 19. Il ricordo del 150° Anniversario della breccia di Porta Pia, è un evento importante della storia d’Italia, che assume un ruolo di assoluto rilievo nella memoria collettiva nazionale. Il 20 settembre 1870 si concretizzò un ideale perseguito con ferrea determinazione: un obiettivo faticosamente raggiunto che vide protagonisti i Bersaglieri di La Marmora che, nati pochi anni prima del 1836, varcarono per primi la “Breccia” di Porta Pia consegnando Roma all’Italia.

Intitolazione nel Giardino dei Giusti di un albero virtuale a nome Carlo Bianchi

L’inaugurazione sarà il 7 ottobre al Monte Stella, con una cerimonia molto in sordina per via del Covid, senza pubblico tranne 2 familiari.
Una vista del giardino virtuale è al seguente link:
https://it.gariwo.net/giardini/giardino-virtuale/storie-del-monte-stella/9/carlo-bianchi/

MARZABOTTO 76° Anniversario dell’eccidio nazifascista 1944-2020

 La fede, il perdono, e l’amore fraterno, sono stati dalla fine del 2° conflitto mondiale nel pensiero di pace, democrazia, e di quel bene inalienabile che si chiama “Libertà”. Il solo obiettivo irrinunciabile dei massimi esponenti del mondo combattentistico e partigiano, al solo scopo di realizzare un vivo desiderio: che il rinnovamento morale e la crescita civile riescano a consolidare e rendere sempre più forte, una valida e concreta difesa delle istituzioni, quel grande patrimonio universale di fratellanza tra i popoli, conquistato con enormi sacrifici di fame, dolore e sangue. Dal 29 settembre al 5 ottobre di quest’anno, anche se in forma contingentata a Marzabotto saranno ricordati tutti i caduti vittime delle atrocità nazifasciste. Negli anni passati il grande organizzatore delle cerimonie ufficiali, alla presenza delle massime autorità istituzionali, civili, militari e religiose, italiane ed estere, che insieme vinti e vincitori, pronunciavano in coro una sola frase “MAI PIU’”. Il maestro di cerimonia era un testimone dell’eccidio, il suo nome era “DANTE CRUICCHI”, non più tra noi. Insieme a lui c’era un giovane sindaco di Marzabotto “ANDREA de MARIA”, oggi parlamentare che ha sempre operato alacremente per diffondere la storia nelle scuole del suo comune, e non solo. A Marzabotto, Monzuno ed altri comuni limitrofi operavano i partigiani della “Banda del Lupo”, tra i partigiani vi era anche un indiano “Sik” (Come si evince dalle foto storiche gelosamente custodite nell’archivio documentale di Marzabotto. L’efferata strage, compiuta dai tedeschi con la complicità dei fascisti, e con due reggimenti delle SS al comando del maggiore Walter Reder, circondarono Marzabotto, sterminando per rappresaglia, 1863 civili, donne e uomini di ogni età. I resti dei martiri oggi sono custoditi in un ossario presso il comune. I nazisti hanno effettuato l’eccidio con l’avallo dei fascisti che sono stati riconosciuti, da alcuni testimoni dall’accento toscano pronunciato da alcuni di loro. Potrei raccontare sulla tragedia di Marzabotto tante altre storie, avendo frequentato il comune non solo in occasione della cerimonia ufficiale della prima domenica di ottobre di ogni anno, ed in compagnia con i protagonisti della lotta partigiana, nonché di aver fotografato ed intervistato alcuni testimoni scampati alla strage. Ricordare Marzabotto e tutti gli altri luoghi degli eccidi, è un insegnamento che dobbiamo trasmettere per contribuire in modo tangibile alla soluzione dei vitali problemi della distensione, della pacifica convivenza, della giustizia sociale, per combattere l’indifferenza che oggi alberga in Paesi dove si vuole imporre il dogma dell’arbitrio e della sopraffazione. La libertà è come l’aria, ci accorgiamo che è importante solo quando viene meno. L’augurio che tutti ci proponiamo in questo particolare momento che stiamo vivendo a causa della Pandemia, è che nella sofferta memoria e storia dei testimoni protagonisti della seconda guerra mondiale (1939—1945), i giovani sappiano trarre forti motivazioni ideali in difesa dei valori umani e civili per i quali la nostra Costituzione Repubblicana richiede a tutti il costante impegno per rafforzare: La Giustizia, La Libertà e soprattutto La Pace. Noi giovani di ieri, abbiamo il dovere di far rivivere ai giovani di oggi, la storia con parole di fiducia, di conforto e di speranza, che i nostri padri ci hanno trasmesso con i loro racconti. Un grande insegnamento proviene dalle parole di “Sandro Pertini”. Oggi i giovani non hanno bisogno di comizi e di sermoni: Hanno bisogno dell’esempio. 

Durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite

“Durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite dobbiamo riflettere sul ruolo svolto e su quello che attende il futuro questa istituzione sovranazionale che è costretta a mediazioni quasi impossibili fra i molti poli etnici sociali e culturali del pianeta. Non riesce ad essere organismo multiculturale perché l’umanità è attraversata dalla rivendicazione di troppe identità. Tocca a tutti e a ciascuno far crescere una mentalità di fraternità planetaria. Aspettiamo fiduciosi anche L’Enciclica di Papa Francesco sulla fraternità. I Partigiani Cristiani ne devono essere testimoni e promotori a causa delle loro radici”. Queste le parole della nostra Presidente Nazionale Mariapia Garavaglia.

150°Anniversario Breccia di Porta Pia

Il 20 settembre si celebra il 150° anniversario della “Breccia” di Porta Pia. Per la storica data è stato predisposto un fitto programma che pur con le limitazioni del Covid-19 non priva la importante Ricorrenza di una adeguata significativa celebrazione.

Il programma della manifestazione:

9.20 Arrivo del Capo di SM dell’Esercito ricevuto dal Comandante Militare della Capitale e dal Presidente dell’ANB, Gen. B. (ris.) Ottavio Renzi 9.25 Arrivo del Capo di Stato Maggiore della Difesa ricevuto dalle prefate autorità 9.30 Arrivo della Massima Autorità, ricevuto dal Capo di SM della Difesa 9.31 Deposizione di una corona di alloro da parte della Massima Autorità 9.35 Trasferimento a piedi presso il Museo Storico dei Bersaglieri 9.37 Visita mostra storica, emissione francobolli celebrativi, proiezione filmato celebrativo. 9.50 Termine visita.

In rappresentanza della nostra Associazione sarà presente il Consigliere Nazionale Aladino Lombardi.

Mostra fotografica sulla Resistenza

 Pubblichiamo la locandina della Mostra fotografica sulla Resistenza che terremo presso il Circolo ACLI Giovanni Bianchi di Lambrate a Milano.

8 SETTEMBRE 1943 – 8 SETTEMBRE 2020: STORIA E MEMORIA

Ricordare la Roma dell’8 settembre 1943 è un diritto-dovere che abbiamo nei confronti di tutti coloro che hanno combattuto e sono caduti per difenderla. In due giorni Roma era una città assediata, oltre che dai tedeschi e dai fascisti, anche dalla fame. Gli scontri dell’8 settembre 1943 a Porta San Paolo avevano lasciato il segno e dato vita ai combattimenti che si svilupparono in tutto il Lazio con rapidità: 8, 9 e 10 settembre 1943 si combatté alle porte di Roma, alla Montagnola e a Monterotondo dove arrivarono le truppe tedesche paracadutate. Divampò così una lotta armata che coinvolse i Castelli Romani, la Sabina, la Valle dell’Aniene, la Ciociaria, l’Agro Pontino e la linea Gustav costruita dai tedeschi per impedire l’avanzata degli Alleati su Roma. L’avanzata degli Alleati sarà infatti lenta (secondo le loro strategie militari) ma inarrestabile fino al 4 giugno 1944 – Roma liberata – e fino al 25 aprile 1945: giorno della Liberazione dell’Italia.L’8 settembre rappresenta anche l’inizio della Resistenza Europea: non una data retorica quindi, ma una memoria e una “Storia Patria” per coloro che credono nei valori della Libertà e della Democrazia.

Accadde oggi: 8 settembre 1943

“I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi. Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni, rispose: «Li conoscerete quando verranno a vendicarmi», e altro non disse. Non sanno chi fu quel vecchio contadino che, vedendo dal suo campo i tedeschi che si preparavano a fucilare un gruppo di giovani partigiani trovati nascosti in un fienile, lasciò la sua vanga tra le zolle e si fece avanti dicendo: «Sono io che li ho nascosti (e non era vero), fucilate me che sono vecchio e lasciate la vita a questi ragazzi». Non sanno come si chiama colui che, imprigionato, temendo di non resistere alle torture, si tagliò con una lametta da rasoio le corde vocali per non parlare. E non parlò. Non sanno come si chiama quell’adolescente che, condannato alla fucilazione, si rivolse all’improvviso verso uno dei soldati tedeschi che stavano per fucilarlo, lo baciò sorridente dicendogli: «Muoio anche per te… viva la Germania libera!». Tutto questo i ragazzi non lo sanno: o forse imparano, su ignobili testi di storia messi in giro da vecchi arnesi tornati in cattedra, esaltazione del fascismo ed oltraggi alla Resistenza”.Piero Calamandrei

Il ricordo di Umberto Armanino dell’8 Settembre 1943

Oggi è una giornata memorabile, una giornata che ha segnato ha scritto la storia della Libertà e Democrazia del popolo italiano. All’8 settembre 1943, ragazzi, uomini, cittadini comuni come mio Padre Armando recentemente salito al cielo e suo fratello Lorenzo, al proclama via radio del Maresciallo Badoglio, NON sono scappati in altri paesi, ma hanno iniziato “la lotta di liberazione” con le prime azioni di sabotaggio ad appannaggio del nemico invasore. Mentre gran parte del nostro esercito “non aveva capito la situazione”, per i fratelli Armanino e poi delle popolazioni dell Alta Val Di Vara e Val Taro Tarsogno Tornolo, Albareto Prov Parma, Proloco Varese Ligure, ogni giorno che passava, la situazione era sempre più chiara.Da qui, di casa in casa il gruppo divenne sempre più numeroso e il “passaparola” diventò virale.Azioni su azioni a disturbo del nemico fecero poi formare la prima Formazione Partigiana Regolare, la Brigata Cento Croci, a Comando del leggendario Salvestri Federico “Richetto” Oggi, a ricordo di quanto fatto dai nostri Padri e dai nostri Nonni, è necessario portare avanti e fare nostra, la conquista della Libertà e Democrazia del popolo italiano, che va difesa da ogni tipo di invasione!Umberto Armanino

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