31 Gennaio 1944 – Aldo Capitini ed il liberal-socialismo di PINO FERRARINI
Nello scrivere queste pagine sulla storia dell’antifascismo perugino, ci siamo riferiti in modo particolar:e a due articoli scritti da due personaggi che hanno vissuto in proprio questa esperienza antifascista: Walter Binni, perugino , professore ordinario di letteratura italiana nelle università di Genova, Firenze e Roma, grande amico e sostenitore di Aldo Capitini e Alberto Apponi, magistrato nato a Roma ma vissuto ad Assisi e Perugia. I due articoli sono apparsi, assieme ad altre testimonianze, nella rivista mensile “Cittadino e Provincia” in un numero speciale dedicato all’Antifascismo e Resistenza nella Provincia di Perugia.
Già con il ritorno di Capitini a Perugia nel 1933 si può parlare di una fiammella che si accendeva nel grigio di una città completamente dominata e addormentata dai fascisti che avevano raggiunto ormai anche il pieno consenso.
Partiamo con una definizione del personaggio fatta dal suo amico Binni: “Formidabile educatore, persuaso e persuasore”. In poco tempo riuscì a polarizzare l’attenzione e l’interesse di un gruppo di giovani, di intellettuali e studenti sui principi in cui lui fortemente credeva che possiamo così riassumere : “ non violenza, religiosità aperta e non necessariamente cattolica, netta avversione alla dittatura fascista e ampia apertura a istanze di libertà e socialismo”.
I primi a condividere la sua esperienza furono, oltre Binni e Apponi, Averardo Montesperelli, Francesco Siciliani, Giorgio Graziosi, Franco Maestrini, Mario Frezza, Francesco Francescaglia, Bruno Enei e altri ancora.
Si riunivano nei posti più disparati, compresa la “cella” della Torre Campanaria del Palazzo Comunale di Perugia, dove Capitini aveva vissuto la sua infanzia. Là discutevano,confrontavano le loro idee e leggevano articoli o libri, all’epoca proibiti, che il Montesperelli e il libraio Simonelli, riuscivano a portare a Perugia. Questi incontri si arricchivano poi con numerosi contatti con personaggi antifascisti perugini o con viaggi in altre città italiane dove esistevano movimenti clandestini antifascisti: era tutto un circolare di idee e di esperienze avverse alla cultura fascista.
Al primitivo nucleo si avvicinavano nuovi elementi come gli avvocati repubblicani Alfredo Abatini, Monteneri e Cuccurullo , il liberale Fausto Andreani e anche il cattolico Carlo Vischia.
Importantissima fu l’adesione di personaggi più popolari come il repubblicano storico maestro Miliocchi, il libraio Luigi Catanelli, i comunisti Remo Roganti, Memo Rasimelli, Enea Todini, Tito
Comparozzi, Cesare Cardinali, Promo Ciabatti e i socialisti Alfredo Cotani, Gino Spagnesi, Remo Mori,Tommaso Ciarfuglia e don Angelo Migni Ragni, parroco di Montebello, ex modernista ed orientato a sinistra.
La guerra di Spagna segnò un punto di partenza decisivo per gli antifascisti perugini, perché ravvivò il desiderio di una azione più organizzata e così, nello studio dell’avvocato Abatini, venne fondato un Comitato clandestino antifascista, sicuramente uno dei primi costituiti in Italia.
Iniziò così un’attività clandestina sia come diffusione di idee antifasciste e sia come collegamento fra i vari gruppi antifascisti esistenti e fu anche lì che presero forma le vecchie tendenze partitiche.
E sempre fra la fine dell’anno ’36 e inizio ’37, che fu fondato a Perugia un nuovo Movimento che nasceva proprio dall’esperienza del Capitini, il Movimento Liberal-socialista che caratterizzò l’antifascismo perugino per l’originalità del suo pensiero. Capitini, per spiegare l’ambiguità della formula, volle così definire: “ massima libertà sul piano giuridico e culturale e massimo socialismo sul piano economico”.
Il Movimento fu poi ripreso e ampliato a livello nazionale da Guido Calogero, Ugo La Malfa, Piero Calamandrei, Norberto Bobbio e finì per diventare la premessa per la nascita del Partito d’Azione. L’originalità dell’idea era la volontà di costituire un Movimento socialista: “Tanto socialmente, quanto politicamente e giuridicamente concretato in forme di democrazia diretta, “dal basso” e quindi sempre aperta alla libera circolazione di idee, mai chiuso in rigide strutture burocratiche ed autoritarie “ Così lo definisce Walter Binni.
Intensa divenne l’attività di questo Movimento che si sparse a macchia di leopardo in tutta Italia, grazie ai tanti contatti e viaggi che gli adepti facevano continuamente in tutto il paese, creando così una folta rete di centri e di gruppi fra loro collegati in cui Perugia rimaneva sempre il punto di riferimento. Perugia fu così frequentata da molte personalità della cultura e dell’antifascismo come La Malfa , De Rossi, Bobbio, Di Ruggero , Piero Calamandrei, Gianni Pintor, Lombardo Radice e tanti altri.
Molto importante per favorire questi incontri fu anche la costituzione dell’Istituto di Studi Filosofici, fondato e presieduto da Averardo Montesperelli. Questo Istituto nacque il 7 dicembre 1940 come sottosezione dipendente dalla Sezione fiorentina ed aveva lo scopo di promuovere studi e ricerche filosofiche mediante conversazioni, conferenze e altre iniziative ed era aperto agli insegnanti di filosofia delle scuole della Provincia, ma anche ai cultori di studi filosofici. Nel Comitato organizzativo si ritrovava la maggior parte dei frequentatori dei corso di Capitini da don Angelo Migni a Giuseppe Granata, Ottavio Prosciutti, Bruno Enei e Ciabatti. Lo stesso Capitini era nel Consiglio di Presidenza con Granata e Mencaroni. Erano loro a scegliere gli argomenti e i relatori. Anche questi incontri avvenivano nei posti più disparati a cominciare dalle stessa case di Montesperelli e Apponi, al laboratorio di Cantarelli o nel deposito di legnami di Todini e perfino nella già citata celletta del campanile del Municipio.
Con queste duplici attività il gruppo di antifascisti si allargava sempre più , soprattutto per l’adesione che davano i giovani comunisti come Ilvano Rasimelli, Ciabatti, Piera Brini, Lanfranco Mencaroni, Massimo Mori, Erminio Covarelli, Pio Baldelli, Ferdinando Roisi Cappellani. Moltisimi di questi giovani si ritrovarono poi nelle formazioni partigiane della Resistenza Umbra. e Ciabatti, come il giovane Mario Grecchi, ci lasciò la vita.
Il centro Studi di Montesperelli che dipendeva dal Ministero dell’Educazione Nazionale, aveva a Perugia un pericoloso avversario, creato dal fascismo proprio per controllare le iniziative culturali perugine, cioè L’Istituto di Cultura Fascista. Quando i fascisti si accorsero che l’Istituto di Filosofia invitava a tenere le relazioni, troppi personaggi chiaramente antifascisti, come Bobbio, Di Ruggero, Calogero ed altri, cominciò a tenerlo sotto osservazione e il Centro di Cultura Fascista tentò di incorporarlo nelle sue attività, ma Montesperelli fu bravo a difendere l’indipendenza dell’Istituto sostenendo che i due Istituti dipendevano da due diversi ministeri. Tuttavia, anche se riuscì a liberarsi delle attenzioni dell’Istituto di Cultura Fascista,non riuscì a liberarsi delle grandi ondate di arresti che i fascisti fecero nel ’42 con le quali misero in prigione per ben due volte Capitini, Granata, Prosciutti e tanti altri giovani: così il 2 maggio del 1943, l’Istituto di Montesperelli tenne la sua ultima conferenza.
Intanto i partiti avevano preso il sopravvento sui Movimenti e il gruppo legato a Capitini e Montesperelli si disperse: Quelli di tendenza comunista passarono al PCI, altri come Apponi preferirono iscriversi al Partito d’Azione e altri ancora, come Binni e Montesperelli scelsero il rinato Partito socialista. Capitini preferì non aderire a nessun partito e rimase con i suoi Centri di Orientamento Sociale ( COS) ispirati al suo liberal-socialismo.