Enrico Mattei: il discorso di Trieste del 25 Aprile 1955
“Consentitemi, amici, che io precisi quale fu la posizione dei cattolici nella Guerra di liberazione, e questo per rettificare alcune inesattezze che la storiografia, grande e piccola, continua ad avvallare a nostro svantaggio. Come primo ho detto, le bande partigiane furono originariamente piuttosto dei gruppi di sbandati che delle regolari formazioni militari. Ma il loro moltiplicarsi, con l’accorre degli elementi patriottici e dei tecnici organizzatori, ne fece, ben presto, un vero esercito di ribelli, al servizio di una rivoluzione nazionale, quale Mazzini aveva sognato.
I primi agitatori politici giunsero ovviamente dal già organizzato Partito Comunista, il quale si rendeva conto della necessità di una disciplina, sia formale, sia interiore. È doveroso prendere atto che in quel tragico frangente sposarono interamente la causa della Liberazione. Mettendosi alla testa di quelle che essi chiamarono “formazioni garibaldine”, non cercavano (come altre volte più tardi) di mimetizzare intenzioni nascoste, ma additavano agli uomini il valore dell’eroe dei due mondi, ponendo l’accento sulla forza animatrice del coraggio, dell’amore di Patria. Dal canto loro, le gloriose formazioni di “giustizia e Libertà”, poi, sovrapponevano agli stessi sentimenti una teoria dello Stato, elaborata nei silenzi delle prigioni e nella tristezza degli esilii dagli intellettuali che ne erano a capo.
I cattolici, e questo bisogna affermare alto e forte, erano in maggioranza fra gli uni e gli altri. E benché sia stato ripetuto dagli storiografi di sinistra che noi eravamo al più presenti con generici sentimenti di patriottismo, è doveroso ricordare che con noi il clero non fu secondo nel levare alta la fiaccola della riscossa. Né i cristiani avevano bisogno di sovrapporre teorie più o meno politiche a quelle radicate nel cuore delle masse, se è vero, come è vero, che l’idea cristiana è un’idea di libertà.
Che non fossero sentimenti remoti, insufficienti per l’azione, si vide chiaro col progredire della lotta. Le bande che si vennero raggruppando sotto le insegne cristiane crebbero a dismisura sopravanzando numericamente quelle di altra ispirazione, e gareggiando in entità con le brigate garibaldine.
Nel piano organizzato, ovviamente, si dovette tener debito conto della nostra presenza. Il comando dei volontari della Libertà non ebbe affatto la struttura che troppo spesso si è continuato a ricordare, con evidente esaltazione di determinate ideologie politiche.
Al vertice del comando era il Generale Cadorna, ma sotto di lui operavano non due, bensì cinque vicecomandanti, uno dei quali appunto si trovava a capo delle imponenti forze cattoliche, che hanno scritto pagine memorabili, in nulla, certo, inferiori a quelle delle altre formazioni. (…)
Ma la presenza qui, in gruppi numerosi, di coloro che appartennero alle gloriose formazioni dell’Osoppo, mi consenta di fare, per tutti i nostri martire ed eroi, un nome: “De Gregori”; mi consenta di ripetere le commosse parole con le quali un giovane cappellano evocava l’eccidio di Porzus: “Ora, o Signore, tu ci dirai chi li uccise. Perché tu sai meglio di noi che non fu il nemico ad uccidere; e solo il nemico, per le tristi leggi della guerra avrebbe avuto questo diritto. Chi li uccise, dunque, o Signore?”.
Alla gloria dei vivi, alla memoria dei morti, pieghiamo il capo ed inchiniamo le bandiere”.
Enrico Mattei
Mai stato a Trieste.