10 febbraio 1945- Magazzino 18 di Simone Cristicchi
Uno spettacolo che vale la pena di vedere. Commuovente, imparziale e liberatorio.
Uno spettacolo che vale la pena di vedere. Commuovente, imparziale e liberatorio.
Uniamo i nostri animi al ricordo delle sofferenze delle popolazioni italiane della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia, dei nostri 350.000 fratelli che scelsero di lasciare la loro case e le loro memorie per ricongiungersi all’Italia.
Non cambia il nostro giudizio sugli errori del fascismo totalitario e razzista che impose trattamenti ingiusti alle popolazioni slave di quelle terre assegnate all’Italia dal trattato di pace di Versailles.
Ma questo non ci fa dimenticare che fu l’Italia ed il popolo italiano che con autonoma scelta si liberò dai fascisti; non ci fa dimenticare che gli italiani scelsero di combattere i tedeschi come la “Divisione Garibaldi” al fianco dei patrioti serbi e croati; non ci fa dimenticare che, nello spirito di riconquistata libertà, gli italiani di Trieste, dell’Istria, di Pola, di Zara e di Spalato non meritavano la tragedia che li colpì.
Non dimentichiamo anche che i profughi di quelle terre italiane non meritavano il rifiuto ideologico dei loro patimenti, come le vittime delle foibe non meritavano il loro genocidio.
Tutto questo non doveva accadere nello spirito della pace e della nuova Europa per la quale abbiamo combattuto assieme.
Nel “Giorno del ricordo” il pensiero dei Partigiani Cristiani va a tutti coloro che subirono la tragedia della guerra e della occupazione straniera sanguinosa, a tutti, di qualsiasi nazionalità, lingua e religione, e fra questi, non per ultimi, va anche ai nostri fratelli istriani che pagarono il prezzo più alto degli errori e degli orrori del fascismo italiano e straniero.
Ecco l’articolo di Giovanni Grasso: AVVENIRE sulla RESISTENZA pdf
AL CONVEGNO DI UDINE SUI “CAMPI FASCISTI” , UNA COMUNICAZIONE DELL’ ANPC DI FROSINONE SU “LE FRASCHETTE”.
Si è svolto ad Udine ,in occasione della “Giornata della Memoria” il Convegno storico su I CAMPI DI CONCENTRAMENTO FASCISTI ,organizzato dalla editrice Kappa Vu con il contributo del Comune di Udine.
Tra i principali relatori il prof,Carlo Spartaco Capogreco dell’Università di Calabria e Ferruccio Tassin,che hanno collaborato anche alla conoscenza delle vicende del Campo di concentramento “Le Fraschette” di Alatri.
Data l’importanza del Convegno la nostra Associazione ha inviato un’ampia documentazione sul Campo di Alatri; di essa accompagnata dall’adesione al Convegno dell’ANPC di Frosinone è stata data notizia ai partecipanti dalla coordinatrice del Convegno dr.ssa Alessandra Kersevan.
Dapprima dimenticata, la storia del Campo Le Fraschette, è stata riportata alla luce grazie ad una intensa attività di ricerca e documentazione archivistica e testimoniale portata avanti dall’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani di Frosinone che nel corso del primo decennio del 2000 ha pubblicato due studi e realizzato numerosi convegni sul tema.
Il Campo oggi è ancora delimitato da un muro di cinta, da una garitta ben conservata, da baracche sparse all’interno dell’intera area e da una chiesetta ormai semi distrutta. Dopo la guerra, per lunghi anni, il Campo ha continuato a funzionare come Centro Raccolta Profughi e anche questa storia è stata documentata e ben testimoniata.
L’ANPC di Frosinone ha più volte ed insistentemente lanciato appelli affinché almeno una parte di questo luogo della memoria venga salvaguardato a testimonianza di ciò che è stato, proponendo la realizzazione di un Museo della Memoria all’interno di una baracca da recuperare allo scopo.
Importanza della memoria
Ci sono tre indirizzi nella storiografia della Resistenza di cui celebreremo il 70° anniversario, proprio in questo triennio. Tre indirizzi che ci propongono tre diversi atteggiamenti fondativi della nuova identità della Patria italiana. Il primo indirizzo ispira una storiografia che guarda con maggiore attenzione alla Resistenza armata, con forte contenuto ideologico, e perciò portata a condannare l’attendismo, parola che contiene già un giudizio sfavorevole ad ogni forma di autogoverno responsabile. Il secondo indirizzo ispira la storiografia della guerra civile e della zona grigia: due minoranza politiche si sono affrontate in una guerra civile, mentre la maggioranza della popolazione era la “zona grigia” che cercava soltanto di sopravvivere.
Il terzo indirizzo ispira la storiografia della Resistenza civile che guarda con attenzione, accanto alle importanti e decisive operazioni armate, anche alla resistenza morale, che va dal sacrificio dei soldati che si immolarono anche senza avere ordini precisi, dall’internamento di militari che rifiutano l’arruolamento, al rifiuto della barbarie da parte delle popolazioni, del clero, delle donne e di tutta la società che accoglieva i perseguitati ed i sofferenti.
Come scrive Pietro Scoppola: “Il prendere le armi non si può considerare l’unica forma di partecipazione e coinvolgimento senza cedere proprio a quella concezione della Resistenza che i comunisti proponevano con la loro accanita polemica contro gli attendisti. È il concetto stesso di Resistenza che va ripensato recuperando il significato originale di resistere. Insomma il fenomeno della lotta armata, che conserva tutto il suo valore, non può essere isolato dalle innumerevoli forme di resistenza civile”.
L’Associazione dei Partigiani Cristiani ha preparato per il 70° anniversario della Resistenza un programma di studi e di ricerca dedicato al particolare significato di questo terzo indirizzo storiografico che spesso è stata tralasciato per l’egemonia esercitata dalla cultura politica dominante.
Il Progetto di ricerca dei Partigiani Cristiani
Partiamo dal contenuto formativo: il progetto, senza dimenticare gli avvenimenti conosciuti, si soffermava su tre aspetti ancora inesplorati:
Le stragi delle popolazioni inermi: gli episodi “apocalittici”, punto massimo della follia ideologica che colpiva la civiltà umana, indicato da Dossetti come “segno dei tempi”da non dimenticare; (Dossetti, partigiano disarmato, è sepolto tra le vittime di quelle stragi!).
Il sacrificio dei sacerdoti. Tutte le località che hanno vissuto l’esecuzione del suo prete lo ricorda e lo commemora. Ma nessuno ha studiato il perché di questa particolare persecuzione, fortissima nel numero delle vittime e nelle modalità atroci delle esecuzioni. Forse per una disconoscenza voluta, forse causata dal fatto che i sacerdoti erano ritenuti dai tedeschi i capi naturali della Resistenza civile.
Il contributo delle donne: non solo il contributo nobilissimo delle combattenti e delle dirigenti di movimenti politici, ma anche il contributo umile, quotidiano, nella pietà cristiana, delle donne che nascondevano i perseguitati, curavano i feriti, seppellivano i morti e dividevano il pane, i vestiti e le speranze con i disperati. La pietas di un popolo, l’amore delle mamme che si sostituiva ad un’altra mamma lontana.
Il progetto ha, proprio per questo, partnership importantissime: una Università, (la LUMSA); un Istituto di ricerche storiche, l’Istituto Luigi Sturzo); un Istituto di ricerca politica, l’Istituto Alcide De Gasperi di Bologna; un’Associazione di promozione popolare, le Acli; un ufficio storico di un grande gruppo:l’ENI, fondato da Enrico Mattei, capo dei Partigiani Cristiani e fondatore dell’ANPC.
E, per la prima volta, per la parte riguardante l’eccidio dei sacerdoti, abbiamo ottenuto il patrocinio della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Chiediamo aiuto a tutti gli uomini ed alle donne, ai giovani, che credono nella Resistenza, nella Costituzione e nell’Italia per realizzare questo progetto. Aderite ai Partigiani cristiani e lo porteremo a termine tutti insieme, ispirandoci al verso di una poesia, che ricorda la lettera di Paolo ai Romani di questa prima Domenica di Avvento, dedicata alla Resistenza da Padre David Maria Turoldo, partigiano cristiano: “Riprendiamoci, amici, il nostro nome di battaglia ed armiamoci di luce”.
Senso della memoria
Il discorso sulla memoria si muove in epoca moderna lungo un itinerario dotto e filosofico che va da Heidegger a Paul Ricoeur. È un percorso invece ignorato dalla politica tutta data nelle immagini e nelle mani di un presenzialismo onnivoro. Resiste ancora negli ambiti residui di una cultura storica e politica che non rinuncia alla propria vocazione. In chi insomma pensa che bisogna essere ricchi del passato per guardare al futuro.
Momento cruciale di una verifica in tal senso è risultato il giorno della memoria. Un tempo non sprecato per ritornare sui temi della svolta del Congresso 2012 della Anpc tenutosi a Metanopoli, in omaggio al ricordo fondante di Enrico Mattei. Con una decisione che per guardare al passato con gli occhi del futuro apre alle nuove generazioni attraverso un accordo con le Acli per costituire i “Gruppi di lavoro Resistenza e Costituzione”, dove l’esigenza di tramandare la memoria ai giovani si coniuga con quella di introdurre nell’organizzazione nuove e più fresche energie. Per tutte le associazioni partigiane infatti il confronto impari continua ad essere quello con l’anagrafe.
Va subito chiarito che il nostro concetto di resistenza civile ha come riferimento la diagnosi di Pietro scoppola. Firmando la prefazione al libro di Bartolo Ciccardini su La resistenza di una comunità Scoppola scriveva: “Due sono i motivi centrali delle tesi revisioniste: il primo è quello della “lunga zona grigia” di indifferenza e passività fra le due posizioni minoritarie in lotta crudele fra loro, quella dei resistenti e quella di coloro che si batterono per la Repubblica di Salò; il secondo è quello della crisi della nazione, quale si era faticosamente venuta formando negli anni del Risorgimento e dell’Italia unitaria, della tragedia dell’8 settembre, che diventa la data simbolo della “morte della patria”.”
Scoppola osservava di seguito che la conseguenza di queste idee largamente proposte e diffuse a livello di opinione pubblica è stata quella di tagliare le radici stesse della Repubblica e della Costituzione, con effetti politici che ancora scontiamo.
La “zona grigia”
Troppe cose hanno finito così per essere immolate sull’altare della “zona grigia” diventata un Moloch inaccettabile. Anzitutto una corale partecipazione di popolo, anche se a diverse intensità. In particolare a farne le spese è stata la memoria della faticosa e diffusa partecipazione degli italiani senza la quale i combattenti in montagna non avrebbero avuto un retroterra. La popolazione italiana nel suo insieme non fu infatti né inerte né indifferente di fronte ai drammi provocati dall’8 settembre: dai soldati allo sbando, a inglesi e americani in fuga dai campi di prigionia, agli ebrei salvati con le modalità più ingegnose e talvolta rocambolesche, al rifiuto della chiamata alle armi da parte della Repubblica Sociale, alla resistenza dei militari “badogliani”, agli ufficiali e ai soldati che resistettero nei Lager per fedeltà al giuramento al re, all’apporto delle donne e del clero, fino alla diffusa presenza cattolica intuita da Chabod e non confinabile nella sola categoria dell’attendismo.
È il tessuto morale e civile di chi si batte per la salvaguardia dei valori fondamentali di convivenza e di rispetto della persona umana, così come saranno poi codificati dalla lettera della Costituzione. Perché prendere le armi non può essere considerato l’unica forma di partecipazione e di coinvolgimento. Significative in tal senso le due esperienze parallele di Dossetti che sull’Appennino Reggiano partecipa alle azioni militari ogni volta disarmato, e quella di Ermanno Gorrieri che sull’Appennino Modenese prende parte da capo partigiano ai conflitti a fuoco. Tutti elementi che costringono a ripensare il concetto stesso di Resistenza, evitando di isolare il fenomeno della lotta armata dalle condizioni civili che ne consentono l’esercizio e la vittoria.
Tutto ciò dà conto di una ricostruzione progressiva e dal basso delle ragioni della convivenza delle quali una storiografia più attenta all’ideologia e all’epopea ha faticato a prender conto. Di qui l’importanza della memoria, ma anche dei nuovi tentativi di ricostruzione della memoria medesima. Va d’altra parte riconosciuto che questi tentativi sono in atto e non soltanto tra gli studiosi di area cattolica. Significativo in tal senso l’ultimo libro di Luigi Borgomaneri, dagli anni Settanta ricercatore e collaboratore della Fondazione Isec con sede a Sesto San Giovanni, che ritorna sul tema della scelta fuori dalle ideologie e dalle organizzazioni partitiche, nel tentativo di restituire la storia della Resistenza alla sua verità non revisionistica, fuori cioè dalle costruzioni di parte e “ufficiali”.
Come annota Santo Peli nella densa prefazione all’ultima fatica di Borgomaneri, Lo straniero indesiderato e il ragazzo del Giambellino, se già nei precedenti lavori di Borgomaneri non mancavano cenni critici alle versioni ufficiali della vicenda gappista, “ora è nei capitoli centrali dello Straniero indesiderato che l’autore finalmente ingaggia un serrato confronto con un’immagine del gappismo sostanzialmente scolpita, una volta per tutte, dalla prosa di Giovanni Pesce, e del suo fortunatissimo Senza tregua (1967)”. Che è poi – come nota sempre il prefatore – la via maestra tracciata tanti anni fa da Italo Calvino, quando invitava a “lanciare una sfida ai detrattori della Resistenza, e nello stesso tempo ai sacerdoti di una Resistenza agiografica ed edulcorata”.
Cos’è lotta di popolo
E siamo di nuovo al rapporto centrale tra le lotte in montagna e la crescita di coscienza della popolazione: quel che fa della Resistenza una autentica “lotta di popolo”. Addirittura didattica in tal senso la memoria degli scioperi del marzo 1943 e aprile 1944 a Sesto San Giovanni e nelle altre grandi fabbriche del Nord di Milano e Torino. Di esse ha scritto il New York Times il 9 marzo 1944: “Non è mai avvenuto nulla di simile nell’Europa occupata che possa somigliare alla rivolta degli operai italiani. È una prova impressionante che gli italiani, disarmati come sono, sanno combattere con coraggio ed audacia quando hanno una causa per cui combattere”.
Sono le ricostruzioni poetiche e teatrali di David Maria Turoldo a perpetuarne la memoria, con il capolavoro multimediale di Salmodia della speranza (rappresentata nel Duomo di Milano nove anni fa per la regia di Giulio Mandelli) e la conversazione tenuta agli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale “Benedetto Castelli” di Brescia il 31 maggio del 1985, che costituisce insieme la ricostruzione più completa e colloquiale del frate servita di Sant’Egidio. Del pari non vanno dimenticate le storie locali che riempiono gli scaffali di numerose librerie e che neppure l’avvento del Web è riuscito ad arginare. In esse ritroviamo gli eroismi dell’uomo comune, che è il sale della democrazia e che per la democrazia è disponibile a dare la vita sotto il tallone di ferro della dittatura.
Significativo che i due protagonisti del libro di Borgomaneri – un ragazzo del popolare quartiere del Giambellino cantato da Giorgio Gaber e quel Carlo Travaglini, un maturo intellettuale di madre tedesca, autentica primula rossa, che, nella Milano occupata dai nazisti e presidiata dalla Muti, compiono azioni incredibili e mirabolanti – attraversino il grande secolo delle ideologie senza lasciarsene contaminare. Quasi a porre un interrogativo anche per noi di peso epocale su che cosa sia e implichi una autentica fede democratica. Dove sta infatti la differenza tra ideologia e impegno democratico? Come e quando la memoria si fa politica? Come mai siamo piombati da un’epoca di grandi testimoni a questa fase confusa dove campeggiano e chiacchierano i testimonial, che dei testimoni sono un patetica caricatura? Andare oltre gli eccessi dell’ideologia è dunque recuperare la Resistenza al suo senso vero e agli aspetti o sottaciuti o inediti che ne costituiscono un elemento ineliminabile.
Qui si collocano Il martirologio del clero italiano conservato dall’Istituto Sturzo e il discorso di Aldo Moro, che intervenendo in un acceso dibattito alla Costituente argomentò che la Costituzione doveva considerarsi antifascista e non semplicemente a-fascista. Qui anche può esser dato conto del saggio di Claudio Pavone sulla guerra civile, assumendolo – è l’invito di Francesco Malgeri – come un contributo a rilanciare un dibattito o languente o irrigidito, con qualche patetismo, dagli approcci ostinatamente ideologici. (Anche la morte della patria si colloca, per altro verso, sul versante dell’ostinazione ideologica.)
Emerge piuttosto dai lavori e dal percorso tracciato dalla Anpc l’immagine di una “società nascosta”(De Felice). Lo stesso attendismo infatti muove all’interno di un’Italia sofferente, l’Italia delle campagne dove si nascondono renitenti e fuggiaschi, l’Italia delle donne e dei preti. Da non dimenticare Gianfranco Bianchi e il volume edito da Vita e Pensiero Per amore ribelli. Cattolici e Resistenza. Così pure il rifiuto della dialettica nazione/antinazione. E per concludere il giudizio riassuntivo e puntuale del solito David Maria Turoldo: “Il fascismo non è un partito, ma una visione del mondo”.
Il nostro sforzo ha prioritariamente presente questo termine di confronto: celebrare la Resistenza significa anzitutto evidenziare le ragioni che l’hanno evocata.
Febbraio 2014 Giovanni Bianchi
Il Contributo di Leonardo Bianchi
Caro Bartolo, purtroppo, non potrò partecipare ai lavori di oggi pomeriggio per concomitanti impegni fiorentini, assunti in precedenza. Ci tengo, però, a trasmetterVi questo messaggio.
L’iniziativa proposta merita sincero e profondo apprezzamento, oltreché in relazione alle contingenti traversie subite dall’associazione in questi ultimi tempi, proprio perché i valori della Resistenza cristiana, ampiamente condensati nel corso della stesura del Codice di Camaldoli, debbono costituire l’asse portante di una rinnovata cultura della Costituzione repubblicana, in quanto le stesse idee della Resistenza, che per i cristiani si espressero con incisività anche nel corso della XIX Settimana sociale dei cattolici italiani di Firenze (22 – 28 ottobre 1945), dedicata a Costituzione e Costituente, non solo stanno alla base della nostra Costituzione, ma debbono presidiare sia la continua edificazione, sia la manutenzione e la crescita dell’Italia repubblicana.
Ciò deve avvenire muovendo da una certa idea di democrazia, in cui, fra l’altro, non si possono scaricare sulla Costituzione e, più in generale, sul quadro di regole della Casa comune, le tensioni politiche di una certa contingenza storica, determinando un intreccio negativo e perverso tra piani che la storia della classe dirigente della Resistenza e del CLN hanno fruttuosamente dimostrato dover rimanere distinti.
Sulla Resistenza si fonda, infatti, l’identità della democrazia repubblicana italiana, come si ricava dal formidabile ruolo svolto dal ciellenismo nella predisposizione anche di una Costituzione materiale a sostegno di quella formale, ad oggi sostanzialmente distrutta, identità che esprime una visione di democrazia caratterizzata dal confronto dialettico, anche marcato, comunque tra formazioni politiche (senza escludere aprioristicamente che la forma partito novecentesca possa, ad oggi, forse anche essere rimessa in discussione) e non da un assetto verticistico del potere, con forti venature demagogiche.
E’ proprio da questo quadro di valori che possiamo, e dunque dobbiamo voler ricostruire un’Italia ed un’Europa (dei popoli e dei Parlamenti quest’ultima, non più solo dei Governi) migliori di quelle attuali. L’istanza di governabilità e di efficienza potrà trovare un nuovo punto di equilibrio con quella di garanzia e di confronto, ma partendo comunque dall’abbandono della linea di scontro tra queste due diverse visioni di democrazia e senza scaricare sulla Costituzione patologie che sono proprie dell’attuale sistema politico e non dell’assetto istituzionale, e neppure del sistema elettorale (ricordiamoci che, nella scorsa legislatura, il Governo formatosi subito dopo le elezioni godeva di un’ampia maggioranza in entrambe le Camere, e tutti ricordiamo come è andata a finire).
Alcune limitate riforme sul piano istituzionale si rendono, bensì, necessarie, ma nella consapevolezza che non siano, di per sé, sufficienti: occorre un supplemento d’anima nella politica, quel supplemento che anche i più recenti metodi posticci, sbrigativi e verticistici di selezione della classe politica si dimostrano del tutto inadeguati ad incarnare: e se ne ha la riprova praticamente tutti i giorni. La rilettura e la meditazione delle vicende istituzionali, politiche e giuridiche, legate al ruolo dei Comitati di Liberazione Nazionale, del Patto di Salerno e delle Costituzioni provvisorie, che portarono all’elezione dell’Assemblea Costituente a fondamento della Repubblica è bene che portino a riassaporare il gusto dell’essere “ribelli per amore” come nella preghiera di Teresio OLIVELLI (che non sarebbe male aprisse o chiudesse ogni nostra riunione), dell’antitesi ad ogni conformismo, vecchio o nuovo che sia. Solo così, nell’attuale stato delle cose socio – politiche sarà possibile provare a ricostruire quella coesione in tutte le filiere della nostra società e quella buona politica di cui il Paese ha bisogno come il pane: è la buona battaglia da combattere oggi nello spirito della Seconda lettera di S. Paolo a Timoteo.
Proprio nel momento in cui c’è chi intende perseguire disegni individualistici di soddisfazione di ambizioni personali e di poteri privati, che niente hanno a che fare con il bene comune e lo spirito di servizio (e, forse, molto poco anche con la rettitudine di coscienza) “La Resistenza fondamento della nostra identità” avvii la formazione di un movimento di opinione pubblica ampio e diffuso e dalla voce libera, forte, chiara e coraggiosa. Anche questo ritengo sia un modo (forse, nell’ambito socio – politico, “il” modo) di testimoniare la Speranza che è in noi. Sono, quindi, personalmente e come Presidente di Amici di Supplemento d’anima / CSC, se non fisicamente, totalmente con Voi in spirito, mettendo fin d’ora al servizio del progetto la mia e nostra disponibilità, con tutta l’umiltà, ma anche la determinazione possibile. Un caro abbraccio nel Signore, Leonardo BIANCHI
Il contributo di Paolo Acanfora
Il progetto dell’ANPC approntato per l’anniversario della Resistenza ha come focus principale la formazione dei giovani. Ovviamente questo comporta che si debbano trovare gli strumenti adeguati per interloquire efficacemente con un mondo giovanile che ha molte peculiarità.
Schematicamente credo possa essere utile far riferimento ai seguenti approcci:
1) non insistere tanto sul tema della visione precipuamente cattolica della Resistenza ma, piuttosto, sul modo in cui i cattolici hanno partecipato ad una esperienza condivisa che è stata alla base della costruzione dell’Italia postfascista;
2) esplicitare la sensibilità specifica dei cattolici, sottolineando quegli elementi che ne hanno caratterizzato il contributo alle vicende resistenziali e in sede costituente. Secondo questo approccio il nuovo stato da costruire era innanzitutto: a) un aspetto della costruzione di un mondo nuovo, di una nuova civiltà, di una civiltà nazionale ed internazionale cristianamente ispirata; b) fondato, ancor più che sulla Resistenza, sull’esperienza drammatica della II guerra mondiale considerata il vero tornante, il punto di svolta della crisi della civiltà;
3) circa la cosiddetta “zona grigia”, mi pare si possa considerare poco utile qualsiasi polemica con la categoria defeliciana perché la Resistenza è stata, senza dubbio, una guerra civile condotta, com’è ovvio, da minoranze. Ciò non significa che, come propose correttamente Pietro Scoppola, non vada articolato il discorso, analizzato e valorizzato il ruolo non immediatamente militare della popolazione civile che ha dato sostegno all’azione partigiana. Questo, tuttavia, senza mistificare la realtà, cioè non tacendo l’ampio consenso di cui il regime fascista ha goduto anche sin dentro la guerra e ben oltre le leggi razziali, costruendo l’immagine di una popolazione quasi intrinsecamente antifascista;
Sul delicatissimo tema della peculiare sensibilità e psicologia giovanile, occorre tener conto innanzitutto della scarsa sensibilità politica, che significa scarso interesse nelle vicende della politica ma anche analfabetismo politico (ignoranza delle regole fondamentali della politica, del senso delle istituzioni e ovviamente delle vicende storiche). Se si vuole sollecitare un interesse che non sia estemporaneo e didascalico occorre tenere in considerazione questo aspetto.
A mio avviso sarebbe utile declinare diversamente la tradizionale frattura fascismo/antifascismo. In questa direzione:
1) sarebbe intelligente portare la questione soprattutto sul piano dell’umanità di chi combatteva per la libertà. Utili, ad esempio, potrebbero essere le lettere dei partigiani. In un momento in cui i protagonisti stanno per ragioni anagrafiche scomparendo, questa mi sembra una via adeguata per riportare quell’esperienza sul piano della umanità, della tragicità della scelta, dell’enorme sacrificio che quella scelta implicava;
2) altro aspetto su cui insistere è la condivisione. Questo è un punto centrale: la Resistenza e poi la costituzione sono momenti cruciali per far capire quanto sia importante condividere le scelte fondamentali, riscrivere le regole del gioco con il più ampio consenso possibile. Questo implica qualcosa di fondamentale sul piano politico: a) la rinuncia a qualsiasi evocazione di identità chiuse; b) il riconoscimento della democrazia liberale parlamentare come il sistema che più garantisce il rispetto delle regole, la dimensione dialogica della democrazia, la rappresentanza in una società pluralista e fortemente differenziata ed articolata;
3) altro aspetto cruciale e connesso a quanto detto: il rifiuto (che in realtà è stato piuttosto smentito nel secondo dopoguerra) della dialettica nazione/antinazione. Sul piano pedagogico questa cosa è decisiva, proprio per sottolineare gli aspetti prima richiamati. Si è parte di una medesima comunità, di cui si condivide il destino e non esistono soggetti antinazionali, i nemici interni da combattere. Sul terreno della Resistenza questo significa la valorizzazione della nuova (o delle nuove) idee di nazione che emergono o riemergono dopo venti anni di fascismo. Ciò significa la messa in discussione della categoria della morte della patria. Sarebbe utile in questo senso andare a riprendere in mano Salvatore Satta e il suo De Profundis perché è un documento eccezionale (oltreché raffinato) per capire qual era lo stato d’animo di allora. Ma allo stesso tempo denunciare i limiti – direi anche di metodo (come fece subito Traniello) – dell’uso di questa categoria sul piano storiografico.
In questo modo ciò che si ottiene è, credo, di insistere non tanto sui dati immediatamente politici, non tanto sulle culture politiche (che si possono anche richiamare, ovviamente), sulle elaborazioni ideologiche, sugli aspetti programmatici etc., quanto sulla dimensione esistenziale e sulla necessità della condivisione come pietra angolare della convivenza democratica. È un modo, cioè, per insistere non sulle diversità ma sugli aspetti comuni, in un piano che è prima esistenziale e poi politico.
Il saluto di Serafino Zilio
Onorevole e carissimo amico Ciccardini,
come da recentissima telefonata Ti informo che, con mio sommo rammarico, non potrò essere con Voi tutti all’importante evento di oggi, presso l’Istituto Sturzo, per pressanti problemi familiari.
Con la mia preghiera di giustificarmi presso tutti i convenuti, esprimo il più sincero e condiviso augurio di buon lavoro, sapendo di poter contare sulla Tua preziosa e tempestiva reportistica dei lavori stessi.
Tutto ciò per il comune lavoro intrapreso da me, portato avanti in particolare a Vicenza, ma anche nel Veneto tutto.
Ti ringrazio infinitamente per la tua sempre cortese attenzione.
Serafino Zilio
Presidente provinciale Acli di Vicenza
Coordinatore provinciale e regionale pro-tempore del gruppo “Resistenza e Costituzione”
Il Progetto dell’ANPC per il 70° della Resistenza è volto alla conservazione, alla valorizzazione della memoria ed alla divulgazione della conoscenza degli eventi che portarono alla liberazione dal nazi‐fascismo e alla rinascita della democrazia in Italia e in Europa. (con una particolare attenzione al contributo della componente del movimento resistenziale che muoveva da una coscienza e da ideali cristianamente ispirati).
Caratteristica innovativa del progetto è la creazione di uno strumento operante grazie alla rete Web – aperto e aggiornabile nel tempo ‐ capace di assolvere alla funzione di archivio, di elaborazione di studi e di comunicazione, che raccolga, organizzi criticamente e proponga in rete fonti bibliografiche e testi, documenti d’archivio, dibattiti ed audiovisivi legati alle vicende della lotta di liberazione.
Sarà realizzata una Piattaforma open source, rispondendo a tutti i più avanzati standard descrittivi e tecnologici, con particolare riguardo alla integrazione e interoperabilità con il patrimonio culturale digitale nazionale ed internazionale.
Tale strumento offrirà anche la possibilità di promuovere e valorizzare nel tempo tutte le iniziative istituzionali e culturali organizzate in occasione del 70.mo anniversario della Resistenza, ospitandone e mettendone in consultazione i programmi e i contenuti, soprattutto quelli di carattere audiovisivo e multimediale.
Per la realizzazione dell’impianto multimediale, il progetto si avvarrà del contributo dell’Istituto Luigi Sturzo ‐fondazione culturale principale depositaria della memoria del movimento cattolico in Italia e fortemente vocata all’applicazione delle nuove tecnologie e dell’Archivio storico dell’ENI, oltre alla partnership scientifica di alcune istituzioni e associazioni fortemente radicate nella società civile e orientate alla formazione della cultura e della coscienza democratica del Paese, come le ACLI, la LUMSA, l’Istituto Alcide De Gasperi di Bologna e l’ANPC.
L’accumulazione dei contenuti incomincerà con la organizzazione di Tre Eventi Mediatico-didattici che – ispirandosi alla ricorrenza del settantesimo anniversario – saranno realizzati nei luoghi e lungo il percorso della memoria storica della Resistenza e della liberazione che va dal Gennaio 1944 al 25 Aprile 1945. Il primo, a giugno 2014, si terrà a Roma (o località del centro Italia); il secondo nell’autunno del 2014, a Parma (o località a cavallo della linea gotica), a rievocare la lotta lungo la linea gotica; il terzo ad aprile 2015 a Milano (o località teatro di Repubbliche Partigiane), teatro dell’atto finale della liberazione.
I temi delle Lectio Multimedialis:
1‐ Il significato del sacrificio delle centinaia di sacerdoti uccisi, considerati non come episodi singoli, ma come complessiva repressione dei capi naturali di una Resistenza civile.
2‐ La nascita della coscienza europea durante la Resistenza. Un ideale di pace e di ricomposizione della civiltà europea. Sarà un’occasione per ricordare il contributo italiano al progetto europeo durante la Resistenza in concomitanza col semestre della Presidenza italiana della Comunità Europea (luglio‐dicembre 2014).
3‐ Il ruolo essenziale delle donne nella Resistenza. Recuperare il contributo di dignità civile e di pietà cristiana che creò le condizioni indispensabili per la resistenza armata, aspetto finora trascurato nel giudizio storiografico.
La piattaforma resterà a disposizione anche per tutti i contributi su supporto informatico e di carattere multimediale che verranno da parte delle associazioni, degli studiosi e delle memorie personali nel corso del 70° anniversario e nel futuro.
Il Comitato scientifico del progetto sarà composto da Giampaolo D’Andrea (docente di storia economica presso l’Università della Basilicata), Agostino Giovagnoli (docente di Storia contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore) Francesco Malgeri (professore emerito di Storia contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma) Prof. Andrea Ciampani (Docente di Storia contemporanea LUMSA), Domenico Cella (Direttore Istituto De Gasperi di Bologna), Roberto Rossini (Ufficio Studi ACLI) e Paolo Acanfora (Ricercatore Istituto Sturzo).
Galleria fotografica della riunione:
Pubblichiamo la Relazione di Paola Gaiotti de Biase, un contributo importantissimo per il programma del 70° Anniversario della Resistenza. Tutta una sezione del programma sarà infatti dedicata all’importanza della scelta resistenziale femminile. Clicca qui per leggere: Partigiane venete di Paola Gaiotti
Si è tenuta a Roma, presso l’Istituto Sturzo, la riunione del Comitato Scientifico e delle Associazioni partecipanti al programma: “Resistenza civile oggi”.Il programma nasce dall’impegno dei Partigiani Cristiani a trasmettere ai giovani la memoria ed i valori civili della Resistenza.
Esso segue l’iniziativa già presa dalle Acli e dai Partigiani Cristiani per costituire Gruppi di Lavoro “Resistenza e Costituzione”, affinchè i giovani traggano dalla storia motivazione ed ispirazione ad un impegno politico
Il fatto centrale, trascurato dalla dalle due storiografie contrapposte, quella dell’attendismo e quella della zona grigia, è stata la scelta morale della Resistenza civile, la scelta di una opposizione morale al nazifascismo, comportamento conseguente fino all’eroismo quotidiano. La Resistenza civile fu il comportamento, non di una minoranza, ma di una vasta massa popolare, in cui si distinsero i cattolici, le donne ed i sacerdoti, il cui operato non è stato ancora studiato e spiegato. Questo ritrovare il significato della scelta morale, che è tutt’altro dalla zona grigia, è necessario oggi perché i giovani escano dalla “non politica” odierna.
Ha aperto la riunione il Presidente dei Partigiani Cristiani, On. Giovanni Bianchi: “La Resistenza come esperienza di rinascita e di rinnovamento proposta ai giovani non come esempio, ma come valore per il nostro futuro”. Ha ricordato il programma dei Partigiani Cristiani dell’anno2013 (Giuseppe Dossetti, 13 febbraio 2013; La particolare Resistenza di Roma, Aprile 2013; il documento della rinascita a Camaldoli, Luglio 2013; l’inizio della Resistenza cristiana, la Battaglia della Montagnola, il 9 settembre 2013). Bianchi ha citato il pensiero storiografico di Pietro Scoppola ed ha ringraziato i partecipanti al presente programma, il Comitato scientifico con i maestri Malgeri, Giovagnoli, D’Andrea, Ciampani ed Acanfora, che esporranno il tema storiografico ed i partner del programma: le Acli (con la presenza del Presidente Nazionale, Gianni Bottalico; l’Istituto Sturzo, con Giuseppe Sangiorgi; l’Università LUMSA, il cui Magnifico Rettore Giuseppe Della Torre ha inviato un suo saluto; l’Eni, con la presenza della Dottoressa Lucia Nardi; l’Istituto Alcide De Gasperi di Bologna, con la presenza del Prof. Domenico Cella; ed infine la Rivista Civitas con la presenza del Direttore, Amos Ciabattoni.
Il Professor Giovagnoli ricorda la intuizione di Chabod a proposito dei cattolici nella Resistenza che paragonò Pio XII a Gregorio Magno, per il ruolo svolto dalla chiesa nella transizione dal fascismo alla democrazia in Italia.
Non fu soltanto un ruolo di rifugio e di accoglimento (in Laterano si era rifugiato il futuro governo democratico italiano), ma furono soprattutto le due scelte fondamentali che dettero il via alla transizione: la scelta della pace contro tutte le guerre nel messaggio del 1939 e la conseguente scelta della democrazia contro i regimi totalitari che vogliono la guerra, furono il fondamento di un antifascismo morale che interpretò l’attesa di pace dei popoli. Questo fu l’atto di nascita di un’opposizione tra cattolici e nazismo che Hitler capì benissimo, quando affermò: “Finito il lavoro con gli ebrei toccherà ai cattolici”.
Bisogna rivedere la storia della persecuzione dei sacerdoti, che apparentemente avviene per motivi casuali e locali, che fu invece la reazione degli occupanti ad una opposizione passiva ma forte che tutti i documenti delle autorità fasciste testimoniano. Questo antifascismo morale contrasta il giudizio di De Felice sull’opportunismo degli italiani. Certamente ci fu anche opportunismo, ma non solo quello. Bisogna recuperare la storia dei sacerdoti come posizione “non grigia” ed il desiderio di pace come elemento coagulante. La scelta per la pace precede la coscienza di condanna del fascismo a causa della guerra e porta alla scelta della democrazia, perché vuole la pace. E questo avrà conseguenza anche successive che sono state disconosciute anche per la fine della militanza comune. La spaccatura dei blocchi mise fine alla collaborazione fra antifascisti che era arrivata fino alla Costituente. Se si parla di zona grigia non si capisce quello che avvenne dopo. E troppo spesso si è indicata la DC come zona grigia, misconoscendo i valori che interpretava. Non a caso, nei difficili anni, ’70 Moro torna a parlare di “antifascismo morale” diverso dall’antifascismo politico, nel momento in cui la Resistenza veniva invocata per colpire il cuore dello Stato.
L’interpretazione partitica della Resistenza ha perduto questo significato dell’antifascismo morale e dell’antifascismo popolare. Si è cosi indebolito il significato della Resistenza civile
Importantissimo è seguito il contributo del Professor Francesco Malgeri. Egli ricorda la storiografia ideologica dei primi anni, che trascurò i valori della Resistenza civile. Nel ’70 ricomparvero nella nuova sinistra la tesi di una Resistenza tradita. Però, nel contempo, ci furono molti studi, non solo sul fenomeno della lotta partigiana, ma anche sulla situazione politica reale nei tempi della Resistenza. La crisi politica indebolisce i valori della identità nazionale. Non ci rendiamo conto di come l’aver messo in discussione l’unità ha cancellato il comune sentire della Resistenza. Malgeri si richiama all’importante lavoro di Claudio Pavone del 1991, che induce ad una nuova comprensione della Resistenza. La crisi politica provoca una forte caduta dei valori resistenziali.
In riconsiderazione dei temi: de “la morte della Patria” e della “zona grigia”. Il nostro compito è quello di riscoprire il momento della scelta. Fu il momento in cui ogni “italiano restò con sé stesso” ed ognuno singolarmente prese nei giorni difficili la decisione di cosa avrebbe dovuto fare. Lla Resistenza fu anche una decisione morale personale. Ed è questo il significato dei giorni difficili. Per risalire dal baratro bisogna ritornare ad una scelta personale. .
Il Prof. Andrea Ciampani della LUMSA inizia subito con una affermazione di speranza. Non è vero che i giovani non vogliono partecipare, anzi sono in attesa di una spiegazione di quello che sta avvenendo.
La comunicazione con i giovani deve avere quattro momenti. Un momento della scelta: ognuno si chiede la cosa per cui vale la pena di vivere. È un momento che non si può più rinviare. Il secondo momento è il contatto con la realtà: cosa c’è di possibile, cosa c’è di buono e cosa c’è di alternativo alla nostra scelta. Il terzo momento è il momento educativo: nel ricordare la storia della Resistenza dei cattolici e del grande risultato degli anni successi ci si è dimenticato di quale fu l’enorme sforzo educativo della Chiesa negli ’30 e negli anni ’40. Quarto momento è l’animazione sociale. La scelta ed il lavoro successivo devono trovare uno sbocco naturale nel servizio agli altri. Il punto più alto dell’animazione sociale è la politica. Il Prof. Ciampani propone di prolungare il programma dello studio del ’44 e del ’45 fino al ’46 per giungere alle soluzioni politiche proposte dalla Resistenza: la Repubblica e la Costituzione.
Il Presidente delle Acli, Gianni Bottalico, rinnova l’impegno delle Acli a portare nel territorio con i suoi circoli di riflessione sui temi proposti con la traduzione in termini di azione sociale che sarà possibile attuare nei nostri giorni.
A nome delle Acli parla il Prof. Paolo Acanfora. Ricorda che bisogna sottolineare non tanto la visione cattolica della Resistenza quanto l’azione dei cattolici nella Resistenza condivisa. Il programma deve insistere sulla scelta: che sia propriamente una scelta sulle ragioni del vivere. E riprendere quindi come strumento di formazione il testo prezioso, purtroppo dimenticato delle Lettere dei condannati a morte della resistenza.
L’On. Flavia Nardelli ha portato il saluto dei deputati impegnati nella battaglia parlamentare, fra cui l’On. Preziosi e D’Andrea, e ha ricordato il grande lavoro svolto dall’Istituto Sturzo, con l’edizione dei sette volumi sui “I cattolici e La Resistenza”del Mulino.
Stefano Corsi delle Acli romane, è promotore di un gruppo di Lavoro “Resistenza a e Costituzione”: interviene sulla importanza del lavoro formativo per la preparazione politica dei giovani.
Interviene anche Ruggero Orfei per sottolineare l’iniziativa della ricerca personale da parte dei giovani sui testimoni della Resistenza, una sorta di luogo di incontro, in forma epistolare tra “Caro Nonno” e “Caro nipote…”, ricordando l’importanza degli episodi conservati nella memoria della sua famiglia. Ricostituire così le memorie personali e singole di quegli anni.
La riunione del Comitato Scientifico allargato si conclude con la dimostrazione di un primo impegno mediatico, che sarà importante per coinvolgere i giovani: Maurizio Eufemi agita il suo i-pod annunciando che la notizia della riunione è già on-line.”Siamo appena nati e siamo già in the cloud. Nella nuvola.