ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Il ricordo di Pasquale Marconi

Pubblichiamo le foto della Manifestazione di sabato 20 maggio 2023 a Vetto d’Enza dove l’Anpc ha promosso unitamente ad Anpi e Alpi il ricordo del partigiano cristiano Dott. Pasquale Marconi. Il medico scalzo e il partigiano disarmato. Numerose le testimonianze del nipote Gianluca Marconi ex sindaco di Castelnuovo ne monti e medico dell’ospedale S. ANNA di Castelnuovo monti fondato dallo stesso Pasquale Marconi. Poi importanti testimonianze e racconti anche inediti dell’on.le Castagnetti. Interessante la relazione della dottoressa. MURATORI  autrice del libro su Pasquale Marconi “il medico scalzo”.

Nel centenario della morte di Don Minzoni

Pubblichiamo la bellissima relazione tenuta venerdì 19 maggio 2023 da Pier Luigi Castagnetti in occasione dell’incontro, nel centenario della morte di don Giovanni Minzoni, promosso da Masci, Agesci e ACI a Roma alla sala della Biblioteca del Senato.
L’incontro è stato aperto dal sen.Lorenzo Basso, da Massimiliano Costa presidente Masci e da Francesco Scoppola e da Roberta Vincini, presidenti del Comitato nazionale Agesci e Francesco di Fonzo, presidente nazionale del FSE. Una relazione che ha davvero reso giustizia all’impegno religioso, pastorale, educativo, ma anche civile e di testimonianza limpida contro il fascismo, del grande Arciprete di Argenta, ucciso da una squadraccia fascista il 23 agosto 2023. Prima di lui era intervenuto il card .Arrigo Miglio ,che aveva soprattutto  messo in evidenza la dimensione religiosa e di educatore di don Minzoni, a mio avviso relegando sullo sfondo il fatto – messo invece in luce da Castagnetti che ha fatto anche riferimento ai “ribelli per amore”, i Partigiani cristiani – della sua indistinguibile dimensione religiosa ed educativa da quella di fermo oppositore alla ideologia della violenza del fascismo, ricordando anche come il regime si sentisse più’ minacciato da chi si richiamava al Vangelo che da chi si ispirava al marxismo.
E’ in corso la causa di beatificazione di don Minzoni (postulare padre Gianni Festa, domenicano) che potrebbe diventare il primo Santo dello scoutismo, come ha detto nel suo intervento (a distanza) Vittorio Pranzini, tra i promotori della causa di beatificazione insieme al Masci, alla diocesi di Ravenna-Cervia, ad Agesci, a Scout d’Europe e alla parrocchia di Argenta. C’è stato anche l’intervento del bravissimo direttore dell’Archivio del Senato, Dr. Giampiero Buonomo che ha ricostruito la storia della denuncia contro il generale del Bono proposta davanti alla’ Alta Corte di Giustizia dal direttore del Popolo  Giuseppe Donati, che tra gli altri delitti  come quello di Matteotti e Amendola, imputava alla CeKa anche l’assassinio di don Minzoni .ricordando che “è da quel sangue che è germogliata la semente della Repubblica”.

Don GIOVANNI MINZONI di Pierluigi Castagnetti

Don Giovanni Minzoni è stato sicuramente un martire della fede e, dunque, un santo. Conosciamo la lunghezza del percorso canonico per questo riconoscimento, le condizioni, il vaglio giustamente rigoroso, ma esiste un’intelligenza popolare – alludo in particolare a quella del Popolo di Dio – che non sbaglia e che lo aveva già proclamato tale, se solo pensiamo ai suoi partecipatissimi funerali ad Argenta e a Ravenna. Le cronache di allora dicono che c’era tutta la città. Don Giovanni aveva incrociato, infatti, ai suoi inizi, quando ancora pochi se n’erano fatti un giudizio preciso, quella che si sarebbe rivelata come una delle immagini storiche del Male nel Novecento, il fascismo, e come discepolo di Cristo non ha esitato a reagire nel modo più risoluto. So bene che in questi casi sono consigliati prudenza e discernimento per non cedere, pur inconsapevolmente, al rischio di confondere il piano della valutazione di fede con quello della valutazione storica e politica. Ho presenti, ad esempio,  le motivazioni adottate dalla Chiesa per la beatificazione di Odoardo Focherini e di Teresio Olivelli, così pervicacemente escludenti ogni giudizio storico per due martiri (peraltro anch’essi legati alla storia del movimento scoutistico italiano) della fede, ma martiri specificatamente della violenza politica e, dunque, della civiltà umana (a tale proposito, p. Bartolomeo Sorge, tre anni fa, introducendo un libro su Piersanti Mattarella, espresse l’auspicio che si aggiungesse al criterio del “martirio di fede”, quello “di martirio civile”). Nel caso di don Minzoni, peraltro, non è necessario ricorrere a categorie innovative perché, anche quando nella testimonianza della sua vita emergono valutazioni su movimenti politici, esse sono sempre espresse in nome della fede e del Vangelo. Basta chiedersi, infatti, perché i sicari fascisti lo abbiano ucciso, riempiendo di botte lui e il ragazzo dell’oratorio che lo accompagnava, Enrico Bondanelli, che fortunatamente sopravvisse, quella notte del 23 agosto del 1923. Il racconto dello storico don Lorenzo Bedeschi è, sicuramente, quello più preciso anche di dettagli importanti. Don Giovanni venne ucciso esattamente un anno prima di Giacomo Matteotti, e questi due delitti fascisti sono i primi e più importanti di una lunga serie, dal valore intenzionalmente emblematico, seppur molto diversi l’uno dall’altro, commissionati verosimilmente dallo stesso mandante e eseguiti dagli stessi sicari, come denunciarono sin da subito Il Popolo e La Voce Repubblicana.  Ma perché proprio don Minzoni? Fondamentalmente perché il fascismo non ha mai sopportato l’espressione di un giudizio morale su se medesimo, da parte di chicchessia e in particolare di cristiani. Un giudizio morale che colpiva il nucleo genetico del fascismo, come ideologia dell’odio e della violenza. “Mille volte meglio Bordiga di Sturzo! Con il primo si fa a botte, ma ci si intende, con i preti no!”.  No, perché loro contestano il cuore, l’essenza del fascismo in nome del Vangelo. Da un lato la violenza come facitrice di storia, dall’altro la violenza come distruttrice di storia, cioè dell’uomo, dell’”umanità dell’uomo” (Vassilij Grossman). E in don Minzoni i due livelli si sono sempre sovrapposti e integrati, la fede e la storia. Egli emanava un irresistibile “fascino spirituale” (San Giovanni Paolo II). Un magnetismo che catturava buona parte dei ragazzi e dei giovani di Argenta, che vedevano in lui la semplicità, la coerenza e la credibilità della proposta del Vangelo. Il Vangelo come Parola. Il Vangelo come vita vissuta. Il Vangelo per la sua attualità e, dunque, attuabilità. Il Vangelo come condivisione, come possibilità vissuta insieme. Il Vangelo come antidoto alla violenza e all’egoismo.  (“Non per odio, ma per amore, siamo entrati nella lotta partigiana” diranno più tardi resistenti come Benigno Zaccagnini o Ermanno Gorrieri). Il Vangelo come antidoto all’ingiustizia. Quale ingiustizia? Quella che lui aveva conosciuto sul Piave, in guerra, dove si era arruolato volontariamente per stare vicino a chi subiva l’insulto della violenza, dell’ingiustizia, del sacrificio della vita. La guerra è stata, infatti per lui, il luogo in cui vedeva i giovani catturati da una generosa passione patriottica e dove, come Mazzolari, Roncalli e tanti altri, scopri all’incontrario un altro modo di esprimere l’amor patrio, quello dell’amore, della fraternità, della pace. Diciamo pure, quello della conversione. Rientrato dalla guerra non ha potuto non riflettere sulla sua eredità, cioè sull’immenso volume di dolore  e di morte imparagonabile alla vacuità del presunto bottino. E ingiustizia, e fame, e sopraffazione, e violenza che continuavano anche a guerra finita, e continuavano a produrre morte.  Il suo fascino spirituale che seduceva giovani e adulti, altro non era, dunque, che il fascino di una conversione al Vangelo. E, allora, ecco che don Giovanni decide di impegnarsi in due settori, quello della formazione spirituale e culturale e quello delle opere di carità. Vedeva i socialisti impegnati ad aggregare consenso fra la povera gente e si chiedeva “ma la povera gente, non è la gente del Vangelo?” e, “allora, perché io non sono là?”. Decide allora di stare con la sua gente, non solo in mezzo alla sua gente, ma dalla parte della sua gente, destando sin da subito una sorte di invidia-preoccupazione proprio da parte dei socialisti che lo vedevano come un potenziale concorrente nella raccolta di consensi tra i giovani, e ostilità crescente da parte dei fascisti, non solo dei capi locali, ma di uomini vicinissimi a Mussolini come Balbo e De Bono. Nel mentre arrivavano alle sue orecchie notizie dell’aggressione fascista alla Casa del Popolo di Faenza e al sindaco PPI Zucchini di quella città, nel marzo del 1923 e, un mese dopo, dell’assalto fascista a Forli, alla processione di San Francesco Saverio. Vede così materializzarsi rapidamente l’incubo che si era insinuato lucidamente nella sua mente, di un precipitarsi della situazione, con l’avvento di un’ideologia dell’odio sociale e della violenza. Un’ideologia a suo modo tirannica come in genere sono le ideologie, nel senso che vuole tutto per sé, vuole soprattutto l’anima dei bambini e dei ragazzi: le adunate, le sfilate del sabato, l’indottrinamento, la forza come elemento seduttivo e formativo. Sul terreno dell’educazione bisognava reagire senza perdere tempo, bisognava non distrarsi e concedere terreno al competitore per non essere poi sorpresi dalle conseguenze inevitabili. Ecco, don Minzoni fu tra i pochi che, con lucido senso storico, coglie sin da subito la potenzialità distruttiva del fascismo, dei baluardi etici del cristianesimo. Saputo da don Emilio Faggioli, fondatore del movimento scoutistico a Bologna e in varie altre città della regione, del modello educativo fondato sull’esperienza, sulle relazioni, sul rapporto con le persone e con la natura, decide di fondare due reparti nella sua parrocchia, e poco importava se i gerarchi locali gli avevano fatto capire che l’iniziativa non sarebbe stata gradita. Altri amici, già murriani, cioè democratici cristiani e ora sturziani e popolari, gli suggeriscono come promuovere iniziative sociali per offrire lavoro ai suoi ragazzi, soprattutto cooperative di lavoro: la Romagna aveva già una rete molto attiva e vivace di mutue assicurative, cooperative nel mondo rurale e in quello edilizio, banche popolari. Ma la ripresa di contatti, in particolare con alcuni sacerdoti della diocesi di Ravenna, e di laici che aveva conosciuto ai tempi della partecipazione alle varie iniziative di Murri, come Eligio Cacciaguerra di Cesena e Giuseppe Donati di Faenza, lo avevano messo a luce delle varie iniziative dei Popolari, per contrastare sul piano sociale e politico, la diffusione del fascismo, soprattutto nelle realtà contadine prevalentemente cattoliche. E, per solidarietà con Donati decide di sottoscrivere un abbonamento, anzi due, a “Il Popolo”, quotidiano del PPI che lui dirigeva e a iscriversi alla sezione di Ravenna del partito stesso, come testimonia Mario Scelba che, come segretario di Luigi Sturzo, custodiva il tesseramento. Correva, infatti, l’anno 1923, proprio quando Sturzo convoca il congresso del suo partito a Torino, per promuovere l’uscita dal governo di quegli alcuni popolari che a titolo personale vi erano entrati, avendo lui colto l’insidia della “politica chiesastica” del nascente regime (riammissione delle congregazioni religiose nell’assistenza ospedaliera, dei cappellani nell’esercito, autorizzazione alle funzioni religiose all’esterno degli edifici ecclesiastici,…): “l’anima non è in vendita”, era lo slogan dei popolari. Don Giovanni Minzoni, non aveva una specifica intenzione di impegnarsi direttamente nell’attività politica, per quanto allora diversi sacerdoti fossero militanti del PPI, ma non era disponibile a transigere sul giudizio storico che i credenti avrebbero dovuto esprimere sul nascente regime, né a rinunciare alle attività per fare crescere nei suoi ragazzi una lucida coscienza critica su quanto stava accadendo. Otto giorni prima di essere assassinato scriveva a un suo confratello parroco: “Quando un partito (il fascista), quando un governo, quando uomini di grande o piccolo stile denigrano, violentano, perseguitano una idea, un programma, una istituzione quale quella del Partito Popolare e dei Circoli Cattolici, per me non vi è che una sola soluzione: passare il Rubicone e quello che succederà sarà sempre meglio che la vita stupida e servile che ci si vuole imporre”.

Possiamo, dunque, dire che don Minzoni era consapevole dei rischi che correva, eppure non volle rinunciarvi per fedeltà a una responsabilità di coerenza che non portava come un peso, al contrario come un’opportunità per la sua santificazione. Il 15 maggio 1918, nel diario di guerra annotava: “Oggi è la festa della Democrazia Cristiana. Ero ancora giovinetto, studente di ginnasio, quando mi infervoravo nelle nuove idee democratiche soleggiate dal Vangelo di Cristo. Comprendevo poco; pure il mio cuore pulsava forte, e sognavo le future lotte in mezzo alla società, lotte che avrei sostenuto con tutte le energie della mia giovinezza in nome di Cristo. Quanti sogni confidati agli amici, quante discussioni sostenute con ardore di neofita. Oggi ripensandovi, sento che la mia vita di seminario è stata una vera palestra per il cuore e per l’intelligenza”. E, quando tornò a casa da Bergamo, dopo il primo anno della Scuola Sociale, scriveva: “Mi sono persuaso di una cosa, ed è che senza una base di santità non si può fare assolutamente un’azione, una propaganda intensa ed efficace nel campo religioso, morale ed anche economico, perché troppe sono le difficoltà…Solo un alter Christus può gettarsi nell’azione e riuscirne vittorioso…”. Qui sta la chiave della sua personalità e, in ultima analisi, della ragione profonda per cui è stato assassinato dai fascisti.

Il 21 maggio 1945 moriva Aldo Gastaldi “Bisagno”, il primo partigiano d’Italia

Bisagno fu come un padre per i suoi uomini, che infatti lo consideravano tale e ne riconoscevano l’autorità morale, oltre che di comandante. Persino i nemici ne avevano rispetto e timore nello stesso tempo, ma la sua coscienza limpida, che si rifletteva nel suo sguardo fiero, dritto, disarmante, non poteva essere tollerata da chi faceva scelte opposte. “Provo piacere – scrive Bisagno ai suoi partigiani – nel vedere che in Italia ci sono ancora tanti giovani che sanno vedere la verità e non si lasciano offuscare la vista da subdoli giuochi di gente che nello stesso tempo confessa di lottare per la liberazione dell’Italia e premette che “prima della Patria c’è il partito”. Noi non abbiamo un partito, noi non lottiamo per avere un domani un “careghin” (una “poltrona”, ndr). Vogliamo bene alle nostre case, vogliamo bene al suolo nostro e non vogliamo che questo sia calpestato dallo straniero”.

Di seguito un ricordo della Associazione Partigiani Friuli Osoppo, colpita a Porzus dalla stessa furia omicida stalinista che con ogni probabilità  uccise anche “Bisagno” in un tragico incidente mai completamente chiarito: https://www.partigianiosoppo.it/Eventi/il-ricordo-di-aldo-gastaldi-il-partigiano-bisagno-nel-75-anniversario-della-morte/

Viva la Resistenza contro tutte le dittature.

12 maggio 2023 – Giornata internazionale degli infermieri

 A loro gratitudine per il prezioso servizio assistenziale. Professione da valorizzare e da proporre ai giovani. Il grande valore etico non è abbastanza riconosciuto. Sono stati chiamati eroi e immediatamente dimenticati. ANPC conosce la sofferenza e la  vulnerabilità delle persone più deboli e riconosce il valore dei servizi sanitari e assistenziali.

Convegno su Aldo Moro del 9 maggio a Piacenza

Ottima riuscita del convegno organizzato ieri da ANPC Piacenza in occasione della ricorrenza del 45° anniversario dell’assassinio dell’on. Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.

In questo percorso ci ha accompagnati il prof. Leonardo Brancaccio, segretario generale della Scuola di Economia Civile, docente delI’Istituto Universitario Sophia e autore del libro; “Aldo Moro: Il politico, il professore, il filosofo del diritto”.

 Il ricordo del martirio è stata l’occasione per presentare agli studenti delle scuole superiori del nostro territorio, ed alla cittadinanza, il pensiero e l’azione politica di Aldo Moro, per aiutare a comprendere e tramandare la bellezza di una figura straordinaria che ha illuminato il nostro tempo; un uomo che ha inteso la politica quale strumento per la costruzione di una Società che deve sempre avere al centro la persona e in cui lo Stato deve esaltare la comunità ed esserne al servizio.

All’incontro, coordinato da Mario Spezia, presidente ANPC Piacenza e organizzato in collaborazione con la dott.ssa Giorgia Babini, referente della Consulta degli Studenti presso l’Ufficio Scolastico Provinciale ha portato i saluti, in qualità di vice preside dell’Istituto ospitante, la prof.ssa Cristina Rebecchi, a cui sono seguiti, prima della prolusione del prof. Brancaccio, i saluti da parte della sindaca di Piacenza, Katia Tarasconi, e della vice presidente della Provincia, Patrizia Calza.

In serata è stata poi officiata la Santa messa a suffragio dell’on. Aldo Moro e degli uomini della sua scorta: Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi, barbaramente trucidati in occasione del rapimento.

Mario Spezia

9 maggio Festa dell’Europa 

“Nessuno del governo lo ricorda. Senza Ue non ci sarebbe nemmeno la tutela dei diritti e della pace per oltre 500 milioni di cittadini liberi. Senza Ue l’Italia non sarebbe nel G7. Un po’ di verità storica ci renderebbe consapevoli e orgogliosi e impegnati a sognare e a costruire gli Stati Uniti d’ Europa! Evviva l’Europa unita! Mariapia Garavaglia”.

9 maggio 2023: anniversario assassinio di Aldo Moro

La dichiarazione della Presidente Nazionale: “Ricorre il 45esimo anniversario dell’assassinio di Aldo Moro. La folle ideologia delle Brigate Rosse ha ben individuato in un costituente, un sincero democratico rispettoso del pluralismo come energia vitale della democrazia, il nemico da battere per interrompere un processo di consolidamento democratico.
La sconfitta delle Brigate Rosse ha confermato che la democrazia è consolidata ma anche che può essere attentata e non irreversibile. È stato un esempio che deve essere imitato e interpretato dando continuità alla Resistenza che ha fondato i diritti inviolabili della persona e i doveri inderogabili dei cittadini. L’orizzonte di nuove modifiche della Costituzione non ci lasci indifferenti. Pensiamo alla lungimiranza di Moro rivedendo i suoi discorsi alla Costituente e ai congressi della DC, il suo partito ma anche il baluardo della Nazione che è stata tenacemente ancorata alla forma di Stato democratico e repubblicano in marcia verso una patria più grande e promotrice di pace, l’Europa. Non solo celebrare con obbligo di riconoscenza ma imitare per continuarne l’opera. ANPC commemora e si impegna. Mariapia Garavaglia”

Questa mattina in via Caetani la Presidente Mariapia Garavaglia ha parlato ad una scolaresca di Cremona. E con gioia ha finito la sua testimonianza così: “Evviva la scuola italiana democratica!”.

La vicepresidente Nazionale Silvia Costa, con i Consiglieri Nazionali Aladino Lombardi e Gianfranco Noferi, hanno reso omaggio alla memoria del Presidente Aldo Moro nel 45° anniversario della sua barbara uccisione in Via Caetani. Era presente una delegazione ufficiale del Partito Democratico,  guidata  dalla Segretaria Elly Schlein, dai  due capigruppo di Camera e Senato, Francesco Boccia e Chiara  Braga, dall’On. Graziano Del Rio e altri parlamentari. In questa occasione i rappresentanti della ANPC hanno chiesto alla Segretaria del Partito Democratico un impegno  per riconoscere e valorizzare il ruolo dei Partigiani Cristiani nella Resistenza e nella Lotta di Liberazione.

Ricordo di Aldo Moro oggi a Piacenza

Il mattino del 9 maggio di 45 anni fa viene assassinato dalle Brigate Rosse, dopo 55 giorni di prigionia, l’on. Aldo Moro, la più significativa figura politica, assieme ad Alcide De Gasperi, del dopoguerra nel nostro Paese.

Aldo Moro, giurista e professore universitario, cattolico dalla fede incrollabile, aveva prima dato un apporto decisivo a scrivere le parti più importanti della nostra Costituzione, quale componente della commissione dei 75 membri dell’Assemblea Costituente chiamati a redigerla, e poi ad affrontare e gestire i passaggi più significativi, sia da parlamentare che più volte da Presidente e membro del Governo, del compimento della democrazia e della costruzione della nuova Italia.

Approfondire il pensiero e l’azione politica di Aldo Moro, troppo spesso banalizzata come contorta e complessa, aiuta a comprendere e tramandare la bellezza di una figura straordinaria che ha illuminato il nostro tempo. Di un uomo che ha inteso la politica quale strumento per la costruzione di una Società che deve sempre avere al centro la persona e in cui lo Stato deve esaltare la comunità ed esserne al servizio; di un uomo che ha sempre avuto a cuore i giovani, la loro formazione, attento ai loro bisogni dentro e fuori dalla scuola; ben consapevole che solo attraverso una corretta crescita delle nuove generazioni si poteva traguardare il futuro con maggiore profitto; da ministro dell’Istruzione, fin dagli anni ’50 ha, anche per questo voluto introdurre l’insegnamento dell’educazione civica per diffondere i contenuti della Carta Costituzionale e farli sentire propri da tutti.

Per questo, abbiamo inteso celebrare l’odierno ricordo del martirio anche assieme agli studenti del quinto anno delle scuole superiori del nostro territorio aiutati dall’intervento del prof. Leonardo Brancaccio, segretario generale della Scuola di Economia Civile, docente dell’Istituto Universitario Sophia e autore del libro “Aldo Moro: “Il politico, il professore, il filosofo del diritto”.

L’incontro, aperto alla cittadinanza, organizzato in collaborazione con la referente della Consulta degli Studenti presso l’Ufficio Scolastico Provinciale e con il patrocinio del Comune e della Provincia,  dal titolo: “La Costituzione Italiana, valori, attualità: la lezione del padre costituente e statista Aldo Moro” si tiene martedì  9 maggio alle ore 11.00 in città presso l’aula magna dell’ISII – Marconi – via IV Novembre  122.

Sempre martedì 9 maggio alle ore 18.30 verrà poi officiata, nella Chiesa di San Giuseppe Operaio, in città, via Martiri della Resistenza, 19, una messa a suffragio dell’on. Aldo Moro e degli uomini della sua scorta: Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi, barbaramente trucidati in occasione del rapimento. 

Mario Spezia

A.N.P.C. Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Sede di Piacenza

8 maggio. Giornata Mondiale della Croce Rossa

“La più importante associazione di volontariato internazionale umanitaria, neutrale, imparziale e indipendente. I suoi principi la rendono indispensabile nelle emergenze belliche e nelle catastrofi naturali. Onore alle decine di delegati che perdono la vita nelle situazioni più difficili del nostro martoriato mondo. Mariapia Garavaglia”.

In ricordo di Ferdinando Manfrini

“Nando” Ferdinando Manfrini, è tornato alla casa del Padre lo scorso 5 maggio. Il 30 settembre 2022 aveva compiuto 100 anni, festeggiato da tutta la famiglia e dalla nostra associazione, che volle dedicare una targa ricordo; era l’ultimo superstite di quel piccolo gruppo di giovani universitari democristiani, fra cui Giorgio Franceschini che parteciparono alla liberazione di Ferrara, e alla costituzione della Democrazia Cristiana. Negli ultimi mesi della sua lunga vita i suoi ricordi tornavano spesso a quel periodo, e ancora prima, agli anni della prima infanzia: la casa nel centro storico di Ferrara,  i freddi e nebbiosi inverni ferraresi, la diffusa miseria accompagnata dall’ostentata ricchezza di pochi. Rammentava la tubercolosi, che mieteva vittime di ogni età, anche fra i suoi piccoli amici, le febbri malariche di chi veniva dalle campagne, le economie che non bastavano mai, la casa gelida a Natale e bollente a Ferragosto. Il padre tipografo che nel dicembre 1929 gli mise una mantellina sulle spalle dicendo “ti porto a uno spettacolo”: era il Po completamente gelato che si poteva attraversare a piedi. Tante altre cose sono riemerse: i compagni del ginnasio ebrei che improvvisamente nell’ottobre 1938 sparirono dalla scuola, perché non gli fu permesso proseguire l’anno scolastico a causa delle leggi razziali, i bombardamenti del 1944, la ricostruzione, il lavoro. Nando, che aveva una fede bella, sicura e nitida, guardava spesso il cielo nell’ultimo periodo e osservando le scie bianche degli aerei chiedeva “ma quelle cosa sono?”, e quando si spiegava di che si trattava, con stupore chiedeva “Ma sono così tanti? Pensa che progresso l’umanità!”. Già, il progresso. La pace. La democrazia. La fede. Grazie per aver fatto la tua parte per lasciarci tutto questo. Spesso ce lo dimentichiamo.

Andrea Rossi

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