Il 25 Aprile 2022 a La Spezia
I partigiani combattevano con le armi in pugno perché la guerra finisse e perché non ce ne fossero più
Le celebrazioni del 25 aprile sono tornate in presenza anche alla Spezia. Anche se la giornata è stata contraddistinta da pioggia e maltempo le manifestazioni per la “Festa del 25 aprile” si sono svolte alle 10.30 al Piazzale del Marinaio, dove sono state deposte le corone al Monumento ai Caduti di tutte le Guerre “Vittoria Alata”. Le celebrazioni sono proseguite in Via Santorre di Santarosa, con la deposizione della corona alla Lapide i “Caduti Partigiani della Colonna Giustizia e Libertà”. Il corteo si è recato poi verso Piazza Verdi alle lapidi apposte sul palazzo degli studi per poi concludersi al Monumento alla Resistenza ai Giardini pubblici. Sono intervenuti il sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini e Nicola Carozza, membro del Comitato unitario della Resistenza e segretario della sezione spezzina dell’Associazione Partigiani Cristiani. “Oggi festeggiamo il 25 aprile in un contesto europeo e mondiale di eccezionale gravità – ha detto Nicola Carozza – la pace è stata messa in pericolo e la guerra è tornata nel continente europeo. I partigiani si battevano in armi, sì, ma perché la guerra finisse e perché non ce ne fossero più. Un monito che rimane oggi di assoluta attualità. Dobbiamo far riemergere gli elementi più profondi e duraturi di quell’esperienza: la tutela della dignità della persona, il bene comune, la ricerca di uguaglianza formale e sostanziale, l’anelito alla pace, il nascente europeismo, ecc. Il 25 aprile evoca un evento grande e terribile, punto di arrivo di una vicenda sanguinosa. La data segna la fine per l’Italia della seconda guerra mondiale: una guerra che non ha precedenti nella storia umana, per caratteri ideologici, paesi coinvolti, numero di vittime, genocidi, vastità di distruzione. La fine del regime fascista e la fine dell’occupazione nazista. Ecco perché il 25 aprile è così importante. Il 22 aprile 1946, su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il principe Umberto II, allora luogotenente del Regno d’Italia decretò che il 25 aprile fosse dichiarato festa nazionale. Era il giorno del 1945 in cui Sandro Pertini, Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamava via “Radio Milano Libera” l’insurrezione generale. Il passato non si può pensare e valutare se non in rapporto con il presente, con i problemi di oggi. Ecco perché oggi non possiamo non collegare la celebrazione del 25 aprile alla pace. L’art. 11 della Costituzione Repubblicana che sancisce “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” è senza dubbio figlio della lotta di liberazione. La costituzione parla di “ripudio” della guerra, in reazione alla devastante guerra fascista e nel desiderio di non trovarsi mai più in una situazione simile. E’ interessante notare che quell’articolo della costituzione non parla, a differenza di altri, di Repubblica o Stato ma di Italia intesa come comunità, come popolo perché la guerra ahimè è un fatto collettivo, le cui ricadute più deleterie, le vediamo anche in questi giorni a Mariupol, Kharkiv, Borodyanka, colpiscono bambini, anziani e civili inermi. Ecco allora che la “cultura della liberazione” e il “ripudio” della guerra sono il vero lascito epocale della resistenza; una invocazione inespressa dei milioni di morti del conflitto mondiale. Il processo di liberazione non è mai compiuto: non è compiuto nelle coscienze dei singoli, non lo è nella vita sociale. La liberazione dell’uomo, di tutti gli uomini, dalla guerra, dall’oppressione, dalla miseria, dall’ignoranza, dalla paura è un obiettivo sempre valido, sempre necessario e sempre aperto”.
Testo ampliato rispetto alla notizia riportata oggi:
(https://www.cittadellaspezia.com/2022/04/25/la-forza-della-pace-nel-giorno-della-liberazione-441764/)


A completamento delle iniziative del 25 aprile dei partigiani cristiani alla Spezia.
MAISSANA (SP): APPELLO ALL’UNITA’ DELLE ASSOCIAZIONI DELLA RESISTENZA
Nell’ambito delle celebrazioni del 25 aprile in provincia della Spezia, il pro-presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani Egidio Banti, co-presidente del comitato provinciale unitario, ha preso la parola a Torza, nel comune di Maissana, in alta Val di Vara. In precedenza erano intervenuti il sindaco Alberto Figaro e il partigiano Ezio Valerio, dell’ANPI di Sestri Levante, fratello della medaglia d’argento Aldo Valerio “Riccio”, già comandante della brigata “Zelasco”. Banti ha ricordato come il territorio di Maissana rappresenti da sempre una sorta di simbolo dell’unità delle forze della Resistenza. “Su queste colline – ha detto – si univano i territori della divisione Coduri, della VI Zona operativa, e quelli della divisione Centocroci, nei quali prevalevano i partigiani ‘bianchi'”. Insieme le due formazioni liberarono nell’autunno 1944 l’alta Val di vara, realizzando anche a Maissana, prima della controffensiva tedesca, le prime libere elezioni comunali. “Per questo, e come simbolo di quella unità – ha proseguito Banti – il Comune di Maissana ha intitolato in località Colli di Ossegna una strada alla ‘Repubblica partigiana dell’alta Val di Vara”. Ma non solo: gli amministratori di Maissana erano presenti a Varese Ligure quando, nel 1971, venne costituito il comitato provinciale unitario della Resistenza, organismo quali non ce ne sono molti nelle province circostanti ma che da allora ha rappresentato concretamente il valore di un’unità, che non ha mai voluto cancellare le diversità: “l’unità resistenziale non ha mai impedito – ha proseguito il co-presidente del comitato unitario – che ognuno compisse poi le scelte ritenute più giuste sul piano politico ed elettorale, sempre però nel quadro disegnato dalla Costituzione, nata dalla Resistenza”. Di qui l’appello finale di Banti a ritrovare ed a rinsaldare, nei tempi difficili attuali, l’unità di quei tempi, che la storia della Val di Vara testimonia nel ricordo delle vittime di allora, come il parroco di Valletti don Giovanni Battista Bobbio, cappellano della Coduri, e il cattolico tenente Piero Borrotzu, offertosi spontaneamente ai fucili della X Mas per salvare le popolazioni del piccolo borgo valligiano che lo ospitava.