ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Lettera ai soci: a proposito del referendum

Amici carissimi,

si è aperto tra di noi nei giorni scorsi un dibattito sulla decisione che abbiamo preso circa tre mesi fa di affrontare la prossima scadenza del referendum costituzionale occupandoci dell’approfondimento delle modifiche al testo costituzionale e astenendoci dal dare in quanto associazione indicazioni di voto.  A sollecitarci in tal senso fu la decisione dell’ANPI e del suo segretario Carlo Smuraglia di schierarsi apertamente per il no.

Per iniziativa dell’ANPC e dell’ANED si riunirono nella sede di piazza Adriana in Roma tutte le associazioni partigiane e combattentistiche che deliberarono unanimemente di impegnarsi ad approfondire i termini della riforma costituzionale senza dare indicazioni di voto.

Mi sento di dire che il crescere evidente della febbre referendaria nel Paese non scalfisce né invalida in alcun modo il senso della decisione di allora. So anche che non tutti i membri dell’ANPC e i dirigenti della nostra associazione sono intenzionati a votare nel medesimo modo. Ma non è questa la ragione della decisione presa tre mesi fa.

Perché? Perché la posizione assunta dalle associazioni rispecchia al meglio – secondo me e secondo i dirigenti delle associazioni partigiane, ANPI ovviamente esclusa – la loro natura e quindi il loro compito culturale e storico.

Ero presente al congresso di Milano dell’ANPI quando  Smuraglia, per legittimare la propria discesa in uno dei due campi contrapposti, dichiarò enfaticamente: “Noi siamo un’organizzazione politica”. Anche l’ANPC è un’organizzazione politica, nel senso che non si limita a fare memoria e al reducismo.

Ma la politica non si affronta e si vive con un unico approccio e una sola modalità di intervento. Una società partecipata e democratica come quella italiana è infatti contraddistinta dal pluralismo delle presenze in campo – nella società civile come nei livelli istituzionali – che riguarda non soltanto l’orientamento valoriale ed ideologico, ma anche il proprio mestiere quotidiano.

Mi sbrigo con un esempio per evitare lungaggini. Come molti di voi, io ho in tasca più di una tessera. Quella (da sostenitore) di un partito politico, quella del sindacato, quella dell’Ordine dei giornalisti, quella degli ex parlamentari ed altre tre tessere di associazioni di volontariato, oltre naturalmente a quella delle Acli. Non mi ritengo un collezionista di appartenenze. La mia è voglia di partecipazione all’interno di una società complessa e democratica, dove le vocazioni e le funzioni sono molteplici (vengo, come molti di noi, dal mondo cattolico, dove non è mai stata di casa la “cinghia di trasmissione” cara ai comunisti, ed autonomia e pluralismo hanno segnato centinaia di esperienze) e il bello e la ricchezza della vita democratica discendono dal fatto che non tutte le presenze in campo facciano il medesimo mestiere.

Se di una cosa i cristiani possono andare fieri fin dalla Lotta di Liberazione è di aver sempre preso le parti del pluralismo. Per concludere: abbiamo scelto con tutti gli altri – ANPI esclusa – di mantenere un profilo giudicato coerente con la nostra natura storica. Non significa non scegliere e non partecipare alla contesa democratica. Semplicemente vuol dire valutare ogni volta gli obiettivi da raggiungere e i mezzi più consoni. Posso anche aggiungere da vecchio ufficiale degli alpini di avere sempre preferito le armi proprie a quelle improprie.

Ovviamente so che il mio parere è opinabile, ma è parte di un approccio concordato con tutte le altre presenze partigiane, salvo una, che discendono da storie e culture diverse, ma che hanno in comune con noi l’amore per la patria e per la democrazia.

Buon lavoro a tutti, con la determinazione comune ed abituale.

Ottobre 2016   Giovanni Bianchi

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3 pensieri su “Lettera ai soci: a proposito del referendum

  1. Serafino ZILIO in ha detto:

    Caro Presidente Bianchi,
    ancora una volta solo per dirti grazie e condividere in toto il tuo articolo odierno.
    Ben detto e ben fatto !
    Un saluto caro
    Serafino ZILIO

  2. I Partigiani hanno contribuito a scrivere la Costituzione che è nata da un momento di grande sensibilizzazione e rilancio sul futuro delle società mondiali, non a caso da quelle riflessioni globali nasce anche la Carta dei Diritti Umani.
    Quei principi, mi chiedo, nel società attuale dove sono? Chi li rappresenta? O chi dovrebbe rappresentarli? Forse i loro promotori? Chi rimane come garante di quei principi fondativi?
    E mi chiedo: si difendono/rilanciano/potenziano con questa riforma?
    Ma voi siete Partigiani e anche Cristiani…
    E lasciate che si manifesti il pluralismo…
    Sarebbe differente se la questione di coscienza fosse sull’aborto?
    O siete pluralisti anche li?
    Scusate la provocazione…ma è a volte il termine “pluralismo” è una facciata di comodo.
    Saluti.

  3. Matteo Colombini in ha detto:

    Anch’io, come antifascista e cristiano, ho apprezzato il messaggio del tuo articolo Giovanni!
    Infatti penso che il pluralismo è la base della democrazia, di una pacifica convivenza tra le diversità e quindi della libertà di un popolo.
    E anche se a volte la libertà comporta il rischio di sbagliare, offre a tutti di partecipare al proprio avvenire, riducendo il più possibile ogni imposizione che viene dall’alto.

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