1 Luglio 1944 – Intervista alla sorella del partigiano Capacci Sabatino fucilato il primo luglio 1944
La sorella di Capacci Sabatino, Capacci Gina, è l’ultima persona ad averlo visto vivo, mentre veniva catturato assieme a Rossi Giulio che era il suo compagno in una squadra partigiana. Il Rossi Giulio era un soldato divenuto partigiano dopo l’8 settembre.
A venti anni Sabatino era un idealista, ma anche molto moderno per i tempi nei quali viveva: aveva un grande amore per la libertà, per cui vedeva nella resistenza un valore e nella liberazione una conquista da perseguire. In quel momento comunisti e cattolici combattevano assieme nella guerra di liberazione per l’Italia.
La Signora Gina al tempo aveva 12 anni e si trovava, assieme ad altre persone, nella campagna di Favalto con le pecore, per paura che i tedeschi in ritirata rubassero gli animali. A Favalto c’era infatti una casa colonica con campi e pascoli attorno.L’esercito tedesco in ritirata sarebbe passato di lì a poche ore. In quel luogo si trovavano anche alcuni partigiani, che seppero dell’arrivo dei tedeschi e se ne andarono. I tedeschi, arrivando, spararono da una collina vicina alle pecore e la Capacci Gina con le altre persone trovarono riparo tra alcune piante. La Gina, in un momento di tregua tra gli spari, scappò con un’altra ragazza e si diresse dai campi verso la casa colonica, lasciando sul posto un’altra signora di una certa età che aveva paura di uscire allo scoperto. I tedeschi, in seguito,trovarono e fucilarono questa signora.
Il Capacci Sabatino e il Rossi Giulio arrivarono alla casa colonica, di ritorno da una missione, credendo di incontrare i partigiani, ma vi trovarono i tedeschi. In quel momento sopraggiungeva anche Capacci Gina assieme alla ragazza con cui era fuggita. Il Capacci Sabatino, vedendo la sorella che si avvicinava per salutarlo, le fece cenno di stare lontana, perché c’era il pericolo che i tedeschi arrestassero anche lei. Quindi la sorella rimase fuori nel piazzale della casa colonica.I tedeschi arrestarono il Capacci e il Rossi e li chiusero in una stanza della casa colonica.
Itedeschi trascinarono poi i due partigiani su un camion e alla Capacci Gina, che si trovava assieme all’altra ragazza, fu ordinato di andarsene in cima alla collina, dove rimasero tutta la notte e la mattina seguente rientrarono a casa. Nel frattempo i tedeschi incendiarono la casa e i campi di grano, che però non bruciavano perché il grano ancora era verde. Alcuni animali furono feriti, ma non uccisi, soltanto per crudeltà. Il giorno seguente i partigiani Capacci e Rossi vennero fucilati alla Noceta, vicino a Castiglion Fiorentino, dove erano stati imprigionati. Il padre del Rossi si recò a Favalto a cercare il figlio, ma trovò soltanto il portafogli con alcune sue foto. Le rispettive famiglie seppero della loro morte alcune settimane dopo e alcuni testimoni hanno riferito che erano anche stati torturati dai tedeschi.
I due partigiani furono sepolti dapprima a Castiglion Fiorentino e poi trasferiti ad Arezzo. Il Comune di Arezzo si fece carico delle spese di trasporto per onorare la memoria dei due partigiani morti per la libertà.