ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Il 25 Aprile a Cremona

DISCORSO DEL 25 APRILE 2014 A CREMONA IN PIAZZA DUOMO.
(PROF. FRANCO VERDI, VICEPRESIDENTE ANPC CREMONA)

25 Aprile Cremona Oggi è festa, una grande festa. La festa è una giornata che sta nel ritmo del tempo, ma non solo: è giorno della gioia, del riposo, della relazione comunitaria. La festa non si vive da soli ma si celebra con i famigliari, gli amici, i compagni di vita e di destino, la comunità degli uomini. E noi siamo qui per celebrare e rivivere l’evento storico, la Liberazione, avvenuta 69 anni fa, dall’oppressione e dalla violenza nazifascista che aveva trascinato l’Italia, il nostro paese, in una guerra devastante e rovinosa.
La liberazione come processo storico è sempre figura biblica: un esodo da una dominazione oppressiva verso una terra promessa; un sofferto cammino di popolo attraverso il deserto e il mare rosso. C’è un Sinai con le tavole della Legge. E’ il processo storico che nasce nell’antifascismo politico, morale e civile e matura in una nuova coscienza spirituale e politica che genera la resistenza, entra nell’alveo della liberazione nazionale, nel processo costituente, nella costruzione democratica dell’Italia repubblicana che fin dall’inizio guarda all’orizzonte di un’Europa di Pace.
Siamo qui per celebrare e rivivere lo Spirito del 25 aprile.
Per questo siamo partiti dal luogo della memoria, il cimitero, con la messa, tavola del sacrificio, del memoriale e del pane condiviso, la corona di alloro alla gloria dei martiri, il raduno al tempietto di S.Luca, luogo sacro della memoria resistenziale col sacrificio di Barbieri, DeMarchi, Zelioli; il corteo per portare il credo di Libertà,di Giustizia e di Pace trale case e le vie della città per approdare qui, in questa splendida Piazza, sintesi mirabile di Bellezza artistica dove convergono la Casa di Dio, la Domus Dei, e la Casa degli uomini e dei cittadini, il Municipio, per fedeltà alla memoria storica nel tempo e oltre il Tempo, come simboleggia l’ottavo lato del Battistero.
Lo spirito del 25 aprile, non un ricordo sterile ma memoria operante, ravviva con noi e per noi la testimonianza dei martiri della libertà, diversi nelle storie e nelle narrazioni politiche ma uniti nei valori fondamentali e nell’ideale comune. Al cuore delle scelte, sofferte e dolorose fino all’estremo sacrificio, ci fu una reazione delle coscienze per la libertà e la dignità dell’uomo; radice umanistica, quindi, ed esperienza di gratuità come ci ha insegnato il prete e scrittore cremonese Luisito Bianchi, che vide e lesse nell’evento resistenziale il luogo della sua vocazione sacerdotale e di scrittore. Resistenza che si declinò in forme diverse per luoghi e circostanze; la resistenza attiva, con le armi in pugno; la resistenza silenziosa dei cittadini, della gente comune che soccorre feriti e fuggiaschi a rischio della vita; la resistenza dolorosa dei prigionieri nei campi di concentramento; la resistenza dei militari dell’esercito di liberazione nazionale. E vorrei soffermarmi su un capitolo poco studiato e poco citato; la resistenza delle donne con numeri impressionanti, come ha dimostrato l’ultima ricerca storica che nessun revisionismo potrà cancellare.
70mila iscritte ai gruppi di difesa – 35mila le partigiane combattenti – 4653 arrestate o torturate – 2900 fucilate o cadute in azione – 2750 deportate – 512 commissarie di guerra – 16 medaglie d’oro al v.m. – 17 medaglie d’argento al v.m.

Lo spirito del 25 aprile, oggi, guarda alla Costituzione non come mito intangibile ma come architrave di principi e valori – Persona Libertà Solidarietà – che costituiscono il fondamento culturale e spirituale del nostro popolo e un richiamo non retorico che costituisce ancor oggi sostanza cruciale di iniziativa e progetto politico. Penso alla questione del lavoro (art.1) al riconoscimento dei diritti dell’uomo (art.2) all’uguaglianza non formale davanti alla legge (art.3) al diritto d’asilo(art.10) al rifiuto della guerra (art.11)

Lo spirito del 25 aprile ci invita a difendere, proteggere, curare e alimentare la democrazia. Non solo regole, non solo procedure, ma sostanza nella promozione del Bene Comune, questo illustre sconosciuto, rispetto agli interessi personali e corporativi. Promuovere il Bene Comune, rompere la sfiducia, restituire anima etica alla politica, rifare il pavimento etico della società. Bene Comune riguarda essenzialmente la qualità della relazione tra le persone, quel panorama invisibile grazie al quale si può continuare a dire io senza dimenticarsi di noi. Questo discorso ci porta alla domanda fondamentale intorno alle condizioni di buona reciprocità che possono istituzionalizzare in senso politico la convivenza, Che cosa abbiamo in comune tra noi? L’incapacità di rispondere a tale domanda non corrisponde forse alla deriva atomistica e individualistica che sta rendendo biodegradabile anche la forma stessa della civitas? Il problema viene da lontano, d’accordo: dalla celebrazione tutta italiana del “particulare” fino allo scontro tra guelfi e ghibellini con tutta la serie interminabile di varianti interne. Oggi tuttavia si ha l’impressione di una regressione allarmante, di un divario che si aggrava, con la complicità di un populismo pseudopolitico che lo cavalca allegramente: il solco tra nord e Sud, tra italiani e stranieri, tra laicismo e fondamentalismi, tra politica e antipolitica. Per questo abbiamo bisogno di buone pratiche di reciprocità per rigenerare il tessuto più profondo del paese. La società politica certamente necessita di condizioni esterne che garantiscano la vita civile a cominciare da un’autentica partecipazione democratica che deve farsi carico di una costante manutenzione dello stato sociale. Ma prima ancora c’è bisogno di ritrovare e rigenerare i pilastri fondamentali della convivenza e tra questi vorrei indicare la vita e la pace dai quali dipende la possibilità di un’autentica promozione della comunità umana. Vita e Pace sono beni in sé e insieme condizioni inclusive che aiutano a edificare il profilo comune di bene. Per questo non possono essere lottizzati politicamente né ridotti a vessilli ideologici di parte, la vita a destra, la pace a sinistra. Non si può essere in guerra con la vita, non si può lasciar morire la pace.

E infine lo spirito del 25 aprile promuove l’Europa. Dobbiamo riconoscere che è stato fatto troppo poco per formare una coscienza europea e dare forma politica. Dobbiamo riattingere al Manifesto Europeista del 1947 (Sartre, Simon de Beauvoir, Camus, Senghor, Mounier) con l’idea di Europa Ideale, centro d’irradiazione di umanesimo egualitario, alternativo al modello sovietico e all’onnipotenza dell’economia di mercato, e insieme legittimazione federalista perchè come disse Ortega y Gassett con immagine efficace: “Europa è in effetti sciame, molte api e un unico volo”. O come disse profeticamente Robert Schuman: “L’unità d’Europa non sarà fatta prevalentemente da istituzioni europee ma seguirà il cammino degli spiriti”.
Spetta a noi in conclusione coniugare i verbi chiave, custodire e innovare.
Consapevoli dei valori e di una grande storia di libertà che ci è stata consegnata. Consapevoli per costruire futuro, dare certezze, affrontare e risolvere le grandi questioni che riguardano i giovani (Scuola Lavoro)
Dobbiamo ricordare con reverenza, riconoscenza e rispetto chi è caduto per la nostra libertà e con orgoglio perchè ci sentiamo loro eredi cosi come dobbiamo aspirare alla riconoscenza delle generazioni future. Questo e solo questo per continuare a celebrare la Festa del 25 aprile, a esserne degni, e poter gridare, in piedi, con sguardo limpido e cuore ardente, viva il 25 aprile, viva la Resistenza, viva la Costituzione, viva la Repubblica, viva l’Italia.
Cremona, 25 aprile 2014
ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI
CRISTIANI DI CREMONA

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