ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Archivio per la categoria “DIARIO DELLA RESISTENZA”

14 Giugno 1944

14 Giugno 1944,Niccioleta Cecina,Massa Marittima GR

Anche qui come a Forno l’idea che la guerra fosse finita spingeva la gente a rischi maggiori di quanti potessero gestirne, con i tedeschi nel pieno delle loro forze, non spese a contrastare gli Alleati. A Niccioleta, con la sua miniera (comprensorio Larderello) facevano capo diverse forniture strategiche che facevano gola a partigiani e tedeschi. Il 3 giugno 1944 un distaccamento di partigiani comandati da Vincenzo Checcucci entrò in Niccioleta. Il 13 giugno oltre 300 fra soldati tedeschi e milizie fasciste accerchiarono e attaccarono il paese di Niccioleta. Il rastrellamento porto alla cattura di 120 uomini. I minatori di Niccioleta passarono la notte nel teatro di Castelnuovo e la mattina furono divisi in tre gruppi: uno destinato alla fucilazione, uno alla deportazione e uno ad essere rimandato a casa. Escluso questi ultimi gli altri (77) vennero accompagnati nei pressi di una centrale geotermica, dove i soffioni erano stati liberati dai tubi e producevano un rumore fortissimo. Vennero fatti entrare in una specie di piccolo anfiteatro naturale e abbattuti a raffiche di mitra. Ai settantasette minatori si aggiunsero quattro partigiani provenienti da Volterra, tutti ex ufficiali dell’esercito. Il tenente Blok, delle SS, artefice del rastrellamento di Niccioleta, riceverà per questo un riconoscimento al valor militare dai suoi superiori.

14 giugno 1944,Todi (PG),

in località Pontecuti i nazisti della Fallschirmjäger-Division Hermann Goering, rinforzata da giovani volontari della Rsi, trucida cinque contadini della zona, dopo averli usati come bestie da soma per il trasporto di materiali. Due giorni dopo, in località Poggio di Monte Castello, uccidono per rappresagli altre nove persone.

13 Giugno 1944,Forno di Massa

L’operazione fu condotta dalla 3a Compagnia della 135a FestungBrigade, alla quale erano subordinati i reparti italiani della Xa MAS di La Spezia, al comando del Ten. Umberto Bertozzi di Cologno (PR). i tedeschi dichiararono:n. 149 partigiani uccisi, n. 51 catturati, n. 10 case distrutte, n. 7 feriti nelle forze tedesche (fonte Prof. Vemi”). Come già successo tante volte si vociferava che quelli (giugno 44) fossero gli ultimi giorni di guerra e che fosse arrivata l’ora della rivolta generale. Le brigate partigiane scesero a Forno, chiave di volta di Massa Carrara presidiandola per giorni, dal 9/6 al 13 nonostante si fosse capito che il messaggio era male interpretato. Il comandante ex bersagliere Marcello Garosi e gli altri comandanti decisero di rimanere, preparandosi ad accogliere la reazione dei tedeschi. Il 12 giugno, la brigata partigiana contava ancora 450 uomini armati e altri 200 da armare. Il passo di Colonnata, che era d’importanza strategica, venne presidiato da un distaccamento che la sera del 12 giugno non venne raggiunto dai rifornimenti. I partigiani allora abbandonarono la posizione per poche ore per potersi rifocillare, senza attendere il cambio. Fu fatale: all’alba del 13 un migliaio di soldati appartenenti alle SS, alla X Mas e alla Guardia Nazionale Repubblicana di La Spezia mossero contro Forno appoggiati da due semoventi. In particolare i militi della X Mas il battaglione San Marco ebbero la fortuna di trovare il passo di Colonnata sgombro e di poter così operare un accerchiamento. All’alba del 13 Forno venne circondata ed iniziava un violento combattimento tra fascisti e partigiani che alla fine dovettero ritirarsi perdendo anche il comandante Tito. Le unità tedesche del maggiore Walter Raeder, bruciarono il paese mentre molti venivano rinchiusi nella ex stazione dei Carabinieri. I partigiani lamentavano 70 morti e 15 prigionieri. Così l’eccidio viene descritto da Emidio Mosti:” prima del tramonto, furono prelevati settantadue giovani e trasportati a piedi, fuori del paese, in località Sant’Anna, nei pressi di una chiesetta sul pendio lungo il fiume Frigido. In paese, intanto, venti persone ferite finirono miseramente in un rogo ardente ancora dentro la caserma dei carabinieri. Fu questo l’inizio di una vera ecatombe: infatti, quasi contemporaneamente, sul ciglione del fiume, a Sant’Anna, i nazifascisti consumavano uno dei più efferati crimini. A gruppi di otto o nove alla volta, quei settantadue giovani venivano falciati da scariche ravvicinate (circa da 4 m). I loro corpi straziati rotolavano sanguinanti sul greto del Frigido, da un’altezza di poco più di tre metri, in una fossa comune.” Il comandante Marcello Garosi che per una ferita ad una gamba non aveva preso direttamente parte alle ultime azioni era alloggiato fuori dal paese: tentò più volte di raggiungere i compagni assediati al cotonificio ma venne respinto e infine ferito gravemente. Continuò a sparare contro i nemici, infine conservò l’ultima pallottola per sé, per non cadere vivo nelle loro mani. Così Garosi, detto “Tito”, morì in località Pizzacuto alle 9.30, poco distante dal cotonificio. 72 giovani del luogo vennero fucilati sull’argine del Frigido, i partigiani presi prigionieri vennero rinchiusi nella caserma dei carabinieri e arsi vivi. Altre 400 persone vennero avviate verso i campi di concentramento in Germania e le loro case furono saccheggiate e date alle fiamme.

12 giugno 1944 Marenella di Fabriano(AN).

I fratelli Agapito e Torello Latini sono fatti prigionieri nella loro casa di campagna in loc. Marenella. Interrogati senza risultati come simpatizzanti partigiani sono condotti in varie località e trovati impiccati il 21 luglio 1944 nei pressi di Cesena.

11 Giugno 1944

11 Giugno 1944, Onna di Paganica (Aquila) Il pomeriggio dell’11 giugno ‘44 alcuni soldati tedeschi provenienti dalla strada di Monticchio si dirigevano verso Onna rastrellando giovani e vecchi. I familiari dei sequestrati, ritenendo che l’imminente rappresaglia fosse in rapporto con una colluttazione avvenuta qualche giorno presero con la forza la madre ed la sorella di costui, consegnandole ai tedeschi quale contropartita per la liberazione degli ostaggi. Ma i tedeschi rinchiusi tutti in casa Ludovici minarono lo stabile provocando il crollo dell’edificio sulle 16 vittime.

11 giugno1944, Borga dei Martiri, frazione di Recoaro Terme (VI).

17 persone fucilate per rappresaglia per l’uccisione di un sergente dell’esercito tedesco.

9 giugno 1944

9 giugno 1944–Piaggiasecca di Sassoferrato(AN)

Cadono in una imboscata tesa dalle truppe tedesche nei pressi della frazione Piaggiasecca di Sassoferrato, sotto al Monte Cucco. Caddero combattendo il ten. Vincenzo Lo Cascio, Ugo Bianchetti e Drago Petroviciugoslavo.

 

Monterotondo è definitivamente liberata.

Liberate anche Civitacastellana e Tuscania.

8 Giugno 1944, Roma

Tre uomini fucilati a Valle Brunetta (Cervara di Roma).

In un salone del Grand Hotel, Badoglio, accompagnato da Benedetto Croce e da Palmiro Togliatti, si incontra con il CLN. Annuncia di essere disposto ad un rimpasto del suo governo ma, per voce di Meuccio Ruini, il CLN unitariamente si dichiara invece deciso ad assumersi il compito di governare. Capo del governo deve essere un politico e non un militare, i ministri giureranno fedeltà alla nazione e non alla monarchia e il governo dovrà assumere anche il potere legislativo finchè non vi saranno i nuovi istituti parlamentari. Umberto di Savoia, Luogotenente Generale, accetta le condizioni del CLN e nuovo capo del governo viene nominato Ivanoe Bonomi

7 giugno 1944, Eccidio Pratarelle di Vicovaro

La sera del 7 giugno 1944, gli abitanti di Vicovaro che ormai da tempo si erano rifugiati in località Pratarelle per sfuggire alle truppe naziste in ritirata, furono sorpresi dal presidio tedesco di Vicovaro che iniziarono ad incendiare le capanne e ad uccidere donne e bambini, I morti sono 30.

A Vicovaro, alle Pratarelle, fucilati 25 civili.

Gavignano è liberata dalla banda D’Ercole-Stalin. Liberata anche Allumiere.

A Monterotondo viene fucilato Edmondo Riva[1], capomacchina alla Laterizi Tiburtina, dopo essere stato torturato per tre giorni e dopo che gli sono state mozzate le mani.

 

[1] Edmondo Riva, Medaglia d’Oro al Valor Militare.

6 Giugno 1944

Gli Alleati sbarcano in Normandia.

A Colle Siccu (Castelmadama) uccisi 11 uomini per rappresaglia.

Il CLN dell’Italia Centrale costituisce l’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Il 5 aprile 1945, con il decreto luogotenenziale n.224, riceve la qualifica di Ente Morale, acquisendo personalità giuridica. Il 27 giugno 1945, con la fusione con il CLN Alta Italia, l’associazione diviene definitivamente e veramente nazionale, rappresentando tutto il partigianato italiano. 16 suoi esponenti verranno chiamati quali consultori alla Consulta Nazionale. Nel 1947, al suo primo Congresso Nazionale, verrà eletto Presidente Arrigo Boldrini (Bulow), Medaglia d’Ooro al Valor Militare.

5 Giugno 1944, Roma

Alle 10 del mattino, partigiani della “Banda Roma”[1] di Prima Porta, al comando del capitano Raffaele Ridolfi, si battono contro i tedeschi di una colonna composta da sei camion, tre autovetture e due carri armati. Uno dei carri armati viene bloccato da Felice Rosi, 19 anni, che riesce a piazzargli due bombe a mano nei cingoli. Perde poi la vita colpito in pieno da una raffica di proiettili, mentre tenta di bloccare anche l’altro carro.

Combattendo sulla via Salaria, cade ucciso Ugo Forno[2], “Ughetto”, un ragazzo di tredici anni figlio unico di un invalido, che con i suoi compagni riesce ad evitare che i tedeschi facciano saltare il ponte sull’Aniene. Colpito al suo fianco, muore in ospedale Francesco Guidi. Resterà mutilato di un braccio Sandro Fornari.

Le squadre socialiste dei fratelli Piacentini, dopo uno scontro a fuoco, occupano la caserma Mussolini che presidieranno fino al 10 giugno, per consegnarla poi ai soldati francesi.

Un cecchino fascista a Tor Pignattara, uccide il partigiano Pietro Principato, l’ultimo tra i caduti della Resistenza romana.

Il generale Roberto Bentivegna, che si era rifugiato in Vaticano, viene nominato su designazione del CLN, comandante militare e civile di Roma.

Vittorio Emanuele III trasferisce i suoi poteri al figlio Umberto di Savoia, nominandolo Luogotenente Generale del Regno.

Nella notte tra il 5 e il 6 giugno, i tedeschi bombardano Monterotondo. Numerose le vittime.

 

[1] La “Banda Roma” faceva parte del Fronte Clandestino Militare della Resistenza.

[2] Avvolto in una lacera bandiera tricolore, il suo corpo venne portato alla clinica Inail di via Monte delle Gioie. Per lui e alla sua memoria è stata proposta una medaglia d’oro. Ancora oggi è solo una proposta senza alcun esito.

4 Giugno 1944 – Memorie e ricordi della Liberazione di Roma

Arrivati sul colle, i liberatori di Roma dovettero attendere qualche minuto, perché il Campidoglio era chiuso a chiave e non fu giudicato educato abbattere il portone di un monumento così famoso. (Mark Wayne Clark, Calculated risk, New York 1950).

 

La ventenne Carla Angelini al carcere femminile delle mantellate: “La mattina sono entrate le suore di corsa gridando: “Potete uscire, siete libere!”. Allora noi giù, di corsa…quando siamo uscite dal cancello il secondino alla porta, che era un tipo pignolissimo, ci ha fatto mettere le impronte digitali! Incredibile! Non avevo i soldi del tram. Salgo sulla circolare rossa e dico al fattorino: “Guarda, i soldi non ce lo ho! Esco adesso dal Regina Coeli. Ero una detenuta politica. Che facciamo?”. Quello mi sorride: “Bella mia, vieni, vieni, mettiti seduta!”. (…) Avevo vent’anni, mi sembrava di volare”. (Cesare De Simone, Roma città prigioniera, Testimonianza di Carla Angelini).

 

A Via Tasso, già nella serata di Sabato 3 Giugno, i detenuti erano stati presi dalle SS di Kappler e caricati su due camion (…). L’autocarro più pieno si fermò per un guasto appena dopo essere partito. I prigionieri, molti dei quali , dopo le torture, erano in condizioni pietose, furono sbattuti di nuovo nelle celle. L’altro camion prese la via del nord (…) e si fermò al 14°km della Via Cassia. I prigionieri, fra cui Buozzi, furono portati in una rimessa. Domenica 4 Giugno il sole era già alto quando le SS li vennero a prendere (…). Là, dopo averli costretti ad inginocchiarsi li uccisero uno dopo l’altro, con un colpo di pistola alla testa. (Claudio Fracassi, La Battaglia di Roma, Mursia).

 

Mussolini il 5 Giugno lanciò al Paese un messaggio irritato ed amaro: “I soldati del Reich hanno conteso passo a passo, con un eroismo che resterà imperituro nella memoria dei popoli, ogni lembo del territorio italiano… Soldati, alle armi! Operai e contadini al lavoro! La Repubblica è minacciata dalla plutocrazia e dai suoi mercenari di ogni razza. Difendetela!”.

 

Lia Levi, la bambina ebrea che aveva passato i mesi dell’occupazione nascosta in un convento di suore a Monteverde, racconta: “Avevo cominciato a scrivere una letterina: “Cara radio, sono una bambina ebrea…”. Mia madre legge e con un grande gesto, come di teatro, comincia a strappare il foglio, scritto in pezzi sempre più piccoli. La guardo sbalordita: che grande errore ci può mai essere? Ed anche se c’è da correggere, perché rompe tutto? Mamma non sembra arrabbiata, anzi è quasi allegra, e butta i pezzetti del mio lavoro in aria come se fossero coriandoli di carnevale. La guardo iroso ed offesa. Anche lei mi guarda: “Non sei una bambina ebrea, hai capito? Hai capito? Sei una bambina! Una bambina e basta!”. (Lia Levi, Una bambina e basta, E/O).

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