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Il 18 febbraio a Reggio Emilia presentato il nuovo libro di Luigi Giorgi “Giuseppe Dossetti”

Sabato 18 febbraio alle 16.30 al Centro Simonazzi di via Turri a Reggio è stato presentato il nuovo libro di Luigi Giorgi “Giuseppe Dossetti. La politica come missione” (Carocci editore, 2023), alla presenza dell’autore. Relatori con quest’ultimo Pierluigi Castagnetti, Mirco Carrattieri e don Giuseppe Dossetti, in un incontro coordinato dal presidente della sezione reggiana dell’Anpc (Associazione nazionale partigiani cristiani) Giuseppe Pagani.

Per Giuseppe Dossetti la politica è stata un impegno esigente e virtuoso, una missione al servizio dei più deboli e bisognosi secondo un’idea di democrazia sostanziale in grado di rendere testimonianza della presenza del cristiano nella storia. Con questa visione ha attraversato da protagonista le vicende del Novecento. Il volume ricostruisce attentamente il suo percorso: dall’avvento del fascismo alla Seconda guerra mondiale e alla Resistenza, durante la quale fu comandante partigiano; dalla Costituente alla militanza nella Democrazia Cristiana nel periodo riformistico del centrismo, fino al Concilio ecumenico Vaticano II, dove si spese per una Chiesa impegnata in un rigoroso rinnovamento nel segno della povertà e della pace. Gli anni Novanta lo videro di nuovo attivo in difesa del testo costituzionale, insidiato – soprattutto nella prima parte – da iniziative di riforma ritenute da Dossetti improvvisate e pericolose per la tenuta dell’unità nazionale.

“Come foglie al vento” presentato alla Casa della Memoria

Alla Casa della Memoria e della Storia in Roma il 15 febbraio 2023 alle ore 16,00 è stato presentato il libro di Riccardo Calimani “Come foglie al vento”. Ha aperto l’incontro la Presidente Anpc Mariapia Garavaglia ringraziando l’autore Riccardo Calimani per questo suo libro che è un dono prezioso assolutamente da leggere e divulgare: “Sento come Presidente di questa Associazione oltre che l’onore l’onere ed il dovere morale di far scoprire tanti di questi tesori e storie poco conosciute, che vanno scoperte”.  

Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, apprezzando molto l’iniziativa, ha detto a proposito del libro: “Questo libro rispetto ai precedenti è un po’ atipico perché è una macrostoria con ricostruzione degli eventi della persecuzione degli ebrei durante il fascismo ed una microstoria in parallelo perché racconta la storia della sua famiglia che si trova coinvolta in questa caccia all’uomo spaventosa con particolari aspetti di crudeltà. È un nuovo libro di memorie. La Senatrice Liliana Segre teme che la memoria di questi errori possa perdersi nel tempo venendo a mancare i testimoni diretti. Le storie sono tante ma non sono mai troppe e sono simili ma mai ripetitive. Quanto più è alto il rischio della dimenticanza, tanto più sono fondamentali le testimonianze (…). La storia di Venezia poi è particolarmente interessante. Tutti i perseguitati cercavano nascondigli, ognuno come poteva o dove trovava qualcuno disposto a rischiare per dare loro un rifugio, nella precarietà totale. Come esprime perfettamente il titolo del libro le persone erano come foglie al vento”. Conclude il suo intervento così: “Quanto ancora è difficile il cammino della memoria in questo paese!”.

Parte poi lo special tv “Come foglie al vento” una produzione Rai Ragazzi/L&C/UCEI, per la regia di Caterina De Mata (presente in sala), visibile al link: https://www.raiplay.it/video/2021/12/come-foglie-al-vento-7725392a-abe0-417a-99be-90dc4e1ce674.html

Tantissimi gli interventi: Maurizio Gentilini, Silvia Costa, Aladino Lombardi, Miriam Haiun, la rappresentanza della Rai e la stessa regista Caterina De Mata. Inoltre Aldo Winkler che ci ha presentato l’iniziativa che cura per l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il sito “pagina della memoria”, www.paginadellamemoria.ingv.it , per documentare l’impatto delle leggi razziali sulla comunità scientifica e accademica italiana. (Ulteriori informazioni, particolarmente in merito all’accordo con Accademia dei Lincei, CNR, INAPP, UCEI e CER al comunicato stampa: https://www.ingv.it/it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa/5289-pagina-della-memoria-enti-di-ricerca-ed-ebraici-insieme-per-la-pietra-d-inciampo-della-scienza-e-della-cultura).

L’autore Riccardo Calimani ribadisce che queste testimonianze come la sua sono importantissime non solo per rendere onore alla memoria di chi è stato sacrificato, di chi ha dovuto affrontare dolori enormi e vicissitudini tremende, ma anche perché purtroppo i pericoli del fascismo, le tragedie di quei tempi possono ripetersi ed oggi, drammaticamente, ancora viviamo la guerra, nel cuore dell’Europa e non possiamo essere indifferenti, ma dobbiamo promuovere soprattutto nelle nuove generazioni la pace. Sottolineando ciò che la guerra aveva creato, ha ribadito concetti fondamentali come quello di razzismo: la razza non esiste, ma i pregiudizi sì e dai pregiudizi nascono l’odio e la concitazione di massa che spegne le coscienze morali. “Come foglie al vento” è solo uno dei suoi tanti scritti e il 16 febbraio a Roma presenterà il suo ultimo libro “Degli ebrei e dell’ebraismo” presso la Casa delle Letterature con il Rabbino Capo Riccardo Di Segni e con la partecipazione di Ruth Dureghello.

78° anniversario dell’eccidio di Ponte Cantone

“Segnaliamo, in particolare agli amici ANPC di Parma e Reggio Emilia, che  domenica 19 febbraio 2023 ore 14.30, a Calerno nel comune di Sant’Ilario d’Enza (Re) in occasione della cerimonia commemorativa del 78° anniversario dell’eccidio di Ponte Cantone del 14 febbraio 1945, sarà presente il gonfalone del Comune di Piacenza (medaglia d’oro alla Resistenza) accompagnato dal consigliere comunale, e nostro iscritto, Salvatore Scafuto. Cordialmente Mario Spezia ANPC Piacenza”.

Commemorazione annuale del martire della Resistenza, don Giuseppe Borea

L’ Associazione Nazionale Partigiani Cristiani di Piacenza, insieme all’Anpi, ha ricordato, come da tradizione, la memoria di don Giuseppe Borea, in due distinti momenti. Oltre alla chiesa di Obolo di Gropparello, don Borea è stato ricordato nel cimitero di Piacenza. È stato il consigliere comunale Salvatore Scafuto (iscritto ANPC) in rappresentanza del Comune di Piacenza, a tracciare un ritratto della figura di don Borea, durante la commemorazione nel capoluogo. 

Era il 9 febbraio 1945 quando, un giovane sacerdote, venne prelevato e condotto nel recinto del cimitero urbano. Il plotone di esecuzione della Repubblica sociale puntò il mitra contro di lui. Il sacerdote strinse al petto il crocifisso e divenne martire, benedicendo i suoi carnefici. Era il parroco di Obolo, frazione di Gropparello, e da oltre un anno anche cappellano della Divisione partigiana Valdarda.

«Oggi – ha preso la parola Scafuto – rendiamo omaggio alla memoria di don Giuseppe Borea, testimone di fede e carità cristiana sino agli ultimi istanti della sua vita, venne ordinato sacerdote nel 1936 e l’anno seguente, a soli 27 anni, il vescovo Menzani gli affidò la parrocchia di Obolo, frazione di Gropparello, dove si sarebbe speso con entusiasmo e dedizione non solo per portare conforto e porsi come guida spirituale per gli abitanti, ma anche per migliorarne la qualità di vita. La costanza e la determinazione con cui cercò sempre la via del dialogo – senza arretrare di fronte alle minacce di ritorsione delle gerarchie fasciste, che mal tolleravano il suo impegno sociale – gli permisero di portare avanti progetti di fondamentale importanza per la sua gente: dall’attivazione della linea elettrica al percorso educativo in oratorio per i più giovani, cui trasmise i valori e gli insegnamenti dell’Azione Cattolica. Questo giovane sacerdote di montagna, così presente e attento ai bisogni della sua comunità, di cui condivise anche le difficoltà e gli stenti, ebbe sempre a cuore gli ultimi e i sofferenti. Fu con questa attitudine, che già nell’ottobre del 1942 aveva chiesto di essere arruolato al fronte come cappellano militare, nell’intento di essere vicino ai soldati nelle trincee e sui campi di battaglia, ovunque vi fosse l’urgenza di assistere e ridare speranza a chi andava incontro alla morte. Il permesso, dalla Diocesi, non sarebbe mai arrivato, ma quando – dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43 – la guerra giunse in modo drammatico e devastante anche tra le nostre colline, don Giuseppe non esitò: sorretto dal suo coraggio e dalla sua forza gentile, nel giugno del 1944 diventò cappellano della 38° Brigata della Divisione Val d’Arda, comandata da Giuseppe Prati. In quei lunghi, durissimi mesi, don Borea continuò ad essere – ancor più di prima – un punto di riferimento non solo per i suoi parrocchiani, ma per tutti coloro che avrebbero incrociato il suo cammino, bussando alla porta, sempre aperta, della sua canonica. Egli fu al fianco di partigiani, militari, prigionieri, condannati all’esecuzione, senza mai fare distinzioni di parte: ciò che contava era l’umanità delle persone che avevano bisogno di aiuto, di sostegno o, semplicemente, di una parola di fede, di un gesto d’amore, di quella pietà che nel conflitto era venuta a mancare. Furono le sue mani a chiudere gli occhi alle vittime dell’eccidio del Passo dei Guselli, le sue mani strette in quelle dei genitori, figli e fratelli cui doveva portare la tragica notizia di una morte, le sue mani a ricomporre e restituire dignità ai poveri resti di tanti partigiani uccisi, celebrandone le esequie. Come Nuccia Casula, giovane studentessa originaria di Varese, uccisa sul nostro territorio durante un rastrellamento, di cui don Giuseppe raccolse la salma rimasta per qualche giorno sotto una fitta coltre di neve, per darle sepoltura nel piccolo cimitero di Obolo. Ma quella figura esile e altruista, capace di non tirarsi mai indietro laddove poteva farsi strumento di pace, faceva paura più delle armi. Quando lo arrestarono, nel gennaio del 1945, dovette subire accuse infamanti e ingiuste, fu sottoposto a un processo iniquo in cui non vennero ammessi testimoni in sua difesa, nonostante fossero numerose le persone che avrebbero voluto spendersi per proclamarne l’innocenza. Solo dopo la Liberazione, i responsabili di quelle calunnie e della sua uccisione sarebbero stati condannati, la validità del processo inficiata, le gravissime falsità nei suoi confronti smentite completamente. Il suo sacrificio si iscrive nel solco del contributo determinante che il mondo cattolico diede alla Resistenza, annoverando oltre 2000 Caduti – di cui ben 1177 iscritti all’Azione Cattolica e alla Gioventù italiana del Movimento – e più di 2500 feriti gravi. Furono 730 i sacerdoti imprigionati o vittima di torture per non aver accettato la connivenza con ideologie violente e di sopraffazione, di cui 315 assassinati o mai più tornati dai campi di concentramento in cui vennero deportati. La fede e una solidarietà senza confini restarono sempre la loro bussola, ad ogni passo. Così fu per don Giuseppe, quando il 9 febbraio del 1945, di fronte al muro del cimitero urbano, ebbe davanti a sé il plotone d’esecuzione. Rifiutò la sedia, non volle essere bendato. “Muoio innocente – disse – perdono di cuore coloro che mi hanno fatto del male e anche voi che state per sparare”. La sua coerenza, la limpidezza d’animo, il suo straordinario esempio restano ancora oggi un faro luminoso di altissima levatura morale e civile. Commemorando oggi, alla presenza delle autorità politiche, civili, militari e religiose, nonché del nipote Giuseppe – che desidero ringraziare per la sua costante e infaticabile opera di tutela della memoria – l’Amministrazione comunale rende il tributo commosso e partecipe di Piacenza a uno dei suoi tanti figli caduti per la libertà, martire nel nome della pace, dell’amore e della carità cristiana. Ci uniamo Perché questa commemorazione il ricordo di questo grande uomo sia un’ulteriore tappa di consapevolezza e gratitudine nel ripercorrere il cammino della nostra storia».
“Piacenza non può dimenticare don Giuseppe Borea”. Così don Bruno Crotti, ex cappellano militare, ricorda il sacerdote di Obolo impegnato nella Resistenza fucilato al muro del cimitero cittadino dai nazifascisti il 9 febbraio 1945. Proprio nella chiesa del cimitero si è celebrata la messa in memoria di don Borea: a presiederla don Crotti, che ha benedetto poi la corona depositata davanti alla tomba del sacerdote, ucciso a neppure 35 anni.
“Il grado di una civiltà si misura anche da come sa conservare il ricordo dei suoi cittadini migliori – spiega don Crotti – Piacenza non può dimenticare don Giuseppe Borea”.
La cerimonia, fortemente voluta e organizzata, oltre che dalle associazioni partigiane, dal comitato presieduto dal nipote del sacerdote Giuseppe Borea, ha visto partecipare anche la presidente del consiglio comunale Paola Gazzolo, i consiglieri comunali di Piacenza, Salvatore Scafuto e Andrea Fossati, il presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani di Piacenza, Mario Spezia, Andrea Losi, presidente del Museo della Resistenza di Sperongia, Stefano Pronti in rappresentanza dell’ANPI provinciale di Piacenza.

Il giorno seguente nella frazione di Obolo in Comune di Gropparello (Pc), nella chiesa di cui fu parroco don Giuseppe Borea, si è tenuta una messa a suffragio, presieduta da mons. Gianni Ambrosio, Vescovo emerito di Piacenza-Bobbio assieme al parroco don Giovanni Rocca.

Alla celebrazione erano presenti i rappresentanti di ANPC e ANPI, i consiglieri comunali di Piacenza, Salvatore Scafuto e di Gropparello, Gloria Sartori, e Andrea Losi, presidente del Museo della Resistenza di Sperongia.

    Mario Spezia
presidente provinciale

Giorno del ricordo 2023 a Bergamo

“A Bergamo il “Giorno del ricordo” è stato commemorato in Rocca, al parco delle Rimembranze davanti alla lapide che ricorda le vittime delle foibe . Altre celebrazioni si sono avvicendate :  alla targa posta nel quartiere che per primo ha accolto gli esuli,  a teatro per  incontri di approfondimento e in provincia . Anche se Bergamo ha accolto e dato ospitalità a numerosi profughi istriani,  dalmati, fiumani, la tragedi non è ancora sufficientemente conosciuta dai giovani. Fortunatamente abbiamo un validissimo Presidente della Repubblica italiana sempre meritoriamente presente.  Marina Pighizzini”.

Giorno del ricordo 2023 a Ferrara

“Ferrara non dimentica, Ferrara è in prima linea per ricordare e continuerà a dare il proprio contributo per la tutela della verità storica, per la ricerca obiettiva, per il perenne tributo alle vittime”. Con queste parole il sindaco Alan Fabbri è intervenuto nel corso della cerimonia legata al Giorno del ricordo. Un appuntamento caratterizzato dalla ricorrenza di un anno del monumento ai Martiri delle foibe, in piazzale Poledrelli.

“Lo abbiamo fortemente voluto – ha proseguito il primo cittadino – accogliendo così la proposta  di Assoarma Ferrara, che ringrazio per il contributo costruttivo, l’apertura alla comunità, la sensibilità manifestata. Quest’anno inoltre omaggiamo un protagonista assoluto di questa giornata, e di ciò che rappresenta, un uomo che ha dedicato impegno e passione perché l’oblio non calasse  sui fatti del confine orientale e per divulgare testimonianze, racconti di vita vissuta, verità storiche a lungo soffocate. Parlo di Flavio Rabar, presidente del Comitato di Ferrara dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, la maggiore istituzione, sul territorio nazionale, a rappresentare gli italiani fuggiti dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia al termine della seconda guerra mondiale sotto la spinta degli orrori perpetrati dalle milizie jugoslave e dello spettro delle foibe. Lo ringraziamo. Il Comune vuole sancire questa gratitudine con la consegna di un riconoscimento. Rabar è stato ed è la voce di chi a lungo non ha avuto voce”.

Il sindaco Fabbri ha ricordato che “il nostro territorio è entrato in contatto con quel dramma. E lo ha fatto dando accoglienza agli esuli, dal gennaio 1949, in un campo profughi in pieno centro, presso palazzo Pendaglia, in via Romei 12 (all’epoca Istituto Magistrale, ora sede dell’Istituto Alberghiero). Lo ricorda una lapide apposta nel 2009 sul muro dell’Istituto. Il campo fu chiuso  nell’agosto 1949 e i profughi furono ospitati in una struttura  di Pontelagoscuro, in località Boschino. Manca un numero esatto ma possiamo pensare a  oltre 150 persone coinvolte. Tra questi c’era anche Rabar, che ha in diverse occasioni  raccontato la sua esperienza di profugo nei due campi allestiti a Ferrara”.

La cerimonia è proseguita con un ringraziamento ad alunni e docenti del Liceo Roiti che, con l’Istituto di Storia contemporanea “stanno realizzando progetti specifici per raccogliere testimonianze, voci, fatti. Il coinvolgimento attivo dei giovani è un elemento fondamentale per perpetuare la viva memoria, per formare le nuove classi dirigenti a scelte responsabili e intrise di conoscenza e consapevolezza storica”. (Pubblicato su: https://www.ferraratoday.it/cronaca/giorno-ricordo-fabbri-ferrara-prima-linea-tutela-verita-storica.html).

Nelle foto: a Ferrara il nostro Flavio Rabar, Presidente delle associazioni esuli (fiumano di origine) e lungamente nostro fidato segretario riceve targa d’onore del Comune. Nella foto anche con il nostro medagliere e quello degli esuli durante la cerimonia di ieri.

Don Musumeci, primo martire della Resistenza nel clero italiano

Il Movimento ecclesiale d’impegno culturale e l’Azione cattolica diocesana hanno promosso un incontro, svoltosi il 28 gennaio (nella foto) presso il Centro diocesano di Azione Cattolica, per ricordare la figura di Don Antonio Musumeci (15/12/1899, Aci Sant’Antonio-14/8/1943, Sant’Alessio). A parlarne è stato il professore Dino Calderone, docente di Storia e Filosofia nei licei, che è intervenuto dopo i saluti introduttivi del professore Alberto Randazzo (presidente diocesano di Azione cattolica) e del professore Antonio Ignazio Arena (presidente del Meic), dopo un momento di riflessione e di preghiera guidato dal gesuita Agrippino Pietrasanta (assistente ecclesiastico del Meic).

“Come ha ricordato il relatore, Don Musumeci, sacerdote dal 1925, proveniva dalla diocesi di Acireale dove aveva studiato e svolto la sua attività pastorale fino al 1931, quando viene richiesta l’incardinazione nella diocesi di Messina per ricoprire l’incarico di parroco a Sant’Alessio (parrocchia Santa Maria delle Grazie). Qui si fa subito apprezzare dai parrocchiani e dai sacerdoti dei Comuni vicini. Dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia del 10 luglio del 1943 la strada Catania Messina diventa più pericolosa a causa della ritirata delle truppe tedesche. Più volte invitato da alcuni preti e dai familiari a lasciare la parrocchia, per rifugiarsi altrove, insieme con i tanti sfollati che avevano abbandonato i centri rivieraschi, Don Musumeci decide invece di vivere accanto a quei pochi parrocchiani rimasti nelle loro case a Sant’Alessio, per aiutarli e confortarli sia materialmente che spiritualmente. I militari tedeschi che avanzano sono soldati della divisione Goering, delle forze armate regolari della Wehrmacht (al sud non c’erano le SS) messi in fuga dall’avanzata dei britannici.”

“I nazisti anche nel periodo che precede l’armistizio dell’8 settembre si macchiano di numerose stragi (17 episodi in Sicilia) con 60 vittime fra cui, la più grave, quella del 12 agosto a Castiglione di Sicilia. Due giorni dopo, il 14 agosto, viene ucciso a Sant’Alessio Don Musumeci, con altri due civili che il parroco aveva provato a difendere perché minacciati dai nazisti. Di questo episodio esistono diverse versioni che il giornalista Carmelo Duro ha raccolto nell’unica monografia esistente sul parroco. An ni fa, con una relazione di monsignor Giuseppe Scarcella, a lungo vicario generale della diocesi, si proponeva l’inserimento di Don Musumeci nel Martirologio dei Martiri del XX secolo e, se la Congregazione delle Cause dei Santi lo ritenesse opportuno, nel “Martirologio romano”. Un paio di anni fa una petizione di circa 600 cittadini, consegnata al parroco Luciano Zampetti, ha provato a rilanciare questa proposta. Anche sul versante giudiziario non ci sono notizie di processi o indagini nonostante in questi anni siano stati processati e condannati dai tribunali militari italiani decine di nazisti. Nei numerosi interventi si è auspicato che, in occasione dell’ottantesimo anno del martirio di Don Musumeci, si possa finalmente approfondire, aldilà dell’eventuale inizio della causa di beatificazione, la figura di questo eroico testimone dei nostri tempi”.

Leggi la versione integrale su: https://www.tempostretto.it/news/la-memoria-don-musumeci-martire-vittima-del-nazismo.html

Giornata della Memoria e Giorno del Ricordo 2023 a Cinisello Balsamo

Due date significative della nostra storia, che a volte si vuole contrapporre ma che sono il frutto della stessa negazione dell’UOMO e della sia vita donata dal Creatore. Frutto di guerra e di odio.

ANPC di Cinisello Balsamo ha partecipato sabato 28 gennaio al giro delle PIETRE DI INCIAMPO in città, promosso da ANPI di Cinisello Balsamo. Tra le vie del vecchio borgo sono disseminate sei pietre di inciampo di operai cinisellesi prelevati  dai nazifascisti, assieme a tanti loro colleghi, dopo gli scioperi del marzo 1944. Questi non sono più tornati: ricordiamo i loro nomi ALDO BERETTA-ATTILIO BARICHELLA-GIUSEPPE GALBIATI-ALNSELMO OGGIONI-GIOVANNI VERGANI-OLIVIERO LIMONTA.  Alla manifestazione  con ANPI, ANED ha partecipato il Sindaco Giacomo Ghillardi con la giunta ed una folta partecipazione di associazioni e cittadini. Perpetrare la  MEMORIA.

Venerdi 10 febbraio  è stata celebrata la Giornata del Ricordo dei Martiri  delle Foibe ed esuli istriani, con l’inaugurazione di un monumento  nel Giardino Norma Cossetto. C’eravamo anche noi tra le delegazioni di Esuli Istriani, associazioni d’arma e cittadini. Giovani delle scuole cittadine hanno letto lettere e ricordi degli esuli. Dopo il discorso del Sindaco Don Federico Bareggi ha benedetto l’opera e ricordato il dolore delle guerre.

Il DOVERE DELLA MEMORIA E DEL RICORDO,  per dire BASTA alle barbarie delle guerre, tutte le guerre di odio contro l’umanità sofferente.

Gianluigi Falzoni – ANPC Cinisello Balsamo

Giorno del ricordo 2023 a Milano

La cerimonia è iniziata stamattina con la deposizione delle corone al monumento in ricordo dei martiri delle Foibe (piazza della Repubblica) ed è proseguita a con l’incontro con le Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati in Sala Alessi di Palazzo Marino.

All’incontro, oltre alle figure istituzionali sono intervenuti il presidente provinciale di Milano Claudio Giraldi e la vice presidente Annamaria Crasti, dell’AVGD (Associazione Venezia Giulia e Dalmazia). 

I rappresentanti dell’associazione hanno sottolineato il dramma vissuto dagli esuli e la differenza tra esule ed profugo: l’esule che sa di non poter rientrare più nel luogo dove è cresciuto. Come sia importante ricordare ma proiettandosi verso la pacificazione. 

Nella sala a fianco è stata allestita una mostra con la storia della terra giuliano dalmata, fin dal 1797.

10 febbraio 2023: Giorno del ricordo

“Alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Quirinale alle ore 11 le celebrazioni ufficiali del Giorno del ricordo. La ricorrenza è stata istituita con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 con l’obiettivo di conservare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel dopoguerra e della complessa vicenda del confine orientale. La celebrazione si è aperta con la proiezione di un filmato realizzato da Rai Storia a cui è seguito l’intervento del presidente di FederEsuli Giorgio de Vergottini.
La successiva esecuzione di un brano musicale a cura del coro della banda musicale di Trieste ha anticipato l’intervento di Giovanni Orsina, professore ordinario di Storia Contemporanea all’Università Luiss Guido Carli di Roma. A conclusione dell’evento, l’intervento del Presidente della Repubblica”. (https://www.interno.gov.it/it/notizie/10-febbraio-giorno-ricordo-quirinale-cerimonia-alla-presenza-presidente-repubblica)

La nostra Vicepresidente Nazionale Silvia Costa era presente alla celebrazione in Quirinale. Ha dichiarato: “Qui al Quirinale per celebrare il Giorno del Ricordo con le associazioni giuliano dalmate e i testimoni della tragedia delle oltre 7000 vittime nelle foibe e dell’esilio di oltre 300 mila persone dopo il 1948 da Istria e Dalmazia e Venezia Giulia. Qui per rendere loro onore e dare l’adesione dell’Anpc come vice presidente alla commemorazione di una tragedia pagata con il sangue di tanti cittadini, uomini e donne e ragazzi innocenti, colpevoli solo di essere italiani. Una vicenda che abbiamo il dovere di restituire alla sua verità storica e politica dopo troppo silenzio. E saluto con commozione la decisione della UE di aver proclamato per il 2025 Capitale europea della cultura le due città, Gorizia e Nova Goriza, a suggellare il ricordo che ha avuto e ha la Unione Europea per garantire un presente e un futuro di pace e di rispetto dei diritti umani a popoli anche in una città così martoriata”. Anche il Presidente Mattarella nel suo discorso ha detto: “Eccidi di Stato, epurazioni, esodo di massa, per anni eventi rimossi dalla memoria collettiva e persino negati. Quel lembo di terra ha conosciuto tutti gli orrori del secondo dopoguerra passando senza soluzione di continuità dall’occupazione tedesca al regime comunista” E aggiunge: “Nessuno deve avere paura della verità. La verità rende liberi!”.

L’intervento del Presidente Mattarella pubblicato sul sito del Quirinale: https://www.quirinale.it/elementi/79127

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