UN RICORDO DEL 1 MAGGIO 1945
1 MAGGIO 1945-2020
IL DOVERE DELLA MEMORIA
“Quel 1° maggio lungo la strada incontrammo gli americani. Sulle prime non capimmo neanche chi fossero, poi vedemmo questi visi sorridenti, allegri, belli, abbronzati.
Lanciavano sulla gente del cibo, senza fare distinzione fra noi prigionieri e i tedeschi, civili o militari che fossero. Sulle nostre teste piovevano barrette di cioccolata e sigarette. Ricordo che riuscii a raccogliere solo un’albicocca secca, perché ero imbranata, incapace di farmi avanti, come in fondo sono rimasta. Da allora dico sempre che quello dell’albicocca è il sapore della libertà. Avevo quattordici anni e mezzo e pesavo trentadue chili. Da quando ero stata arrestata erano trascorsi un anno e quattro mesi ed era quasi da un anno e tre mesi che non vedevo mio padre. I primi giorni ad Auschwitz la mia speranza di rivederlo era fortissima e avevo fatto di tutto pur di avere notizie di lui. Ma con il passare del tempo, quando cominciai a comprendere i meccanismi del campo e le condizioni dei prigionieri, capii che non l’avrei più rivisto, anche se mi era impossibile accettare che fosse scomparso. In me maturò un profondo senso di solitudine, il rifiuto di aprirmi agli altri, e solo molti anni dopo tornai ad essere una persona in grado di affezionarmi a qualcuno. Non mi restava nulla, nulla.
Non mi restava nessuno. Gli americani ci avevano liberato, eppure in quella strada di campagna non potevo sentirmi più sola”.
Liliana Segre
dal libro
La Memoria rende liberi
