ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Bisagno: in onda su Rai Storia il 24 Aprile h 21:15

Dopo settant’anni il nome di Aldo Gastaldi continua a risuonare nella memoria di chi ha preso parte alla lotta di liberazione. Sottotenente del XV Reggimento Genio, a pochi giorni dall’armistizio sale in montagna e nel giro di pochi mesi, con il nome di “Bisagno”, diventa il comandante più amato della resistenza in Liguria. Ricordato come “primo partigiano d’Italia”, è lui il protagonista del documentario “Bisagno”, di Marco Gandolfo. Gastaldi interpreta il ruolo non come potere, ma come servizio: è il primo a esporsi ai pericoli e l’ultimo a mangiare, riserva a se stesso i turni di guardia più pesanti. Si conquista così l’amore e la stima degli uomini e delle popolazioni contadine, senza il cui sostegno la lotta partigiana sarebbe stata impossibile. Cattolico, apartitico, con un carisma straordinario, si oppone con decisione ad ogni tentativo di politicizzazione della resistenza. La sua statura umana e cristiana ha segnato la vita di molti compagni. A partire dalla documentazione raccolta dalla famiglia e dalle interviste a coloro che l’hanno conosciuto, Marco Gandolfo ha realizzato un film documentario in cui l’itinerario umano e spirituale di Aldo Gastaldi si intreccia alle complesse dinamiche politico-ideologiche che hanno accompagnato le vicende resistenziali, restituendo lo sguardo di un uomo capace di interrogare anche il presente. Andrà in onda su Rai Storia il 24 aprile p.v. ore 21.15: http://www.raistoria.rai.it/articoli/bisagno/35493/default.aspx

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Il partigiano Bisagno ha combattuto nella zona ligure a ridosso con la provincia di Piacenza, in particolare nei Comuni di Ottone e Cerignale.
Di seguito pubblichiamo lo stralcio di una relazione svolta ad Ottone nel 2011 da Romano Repetti inviatoci dal nostro Mario Spezia, Presidente ANPC di Piacenza.

Il disarmo e la dispersione degli uomini della banda
L’inizio dell’estate ’44 fu anche il periodo in cui il movimento partigiano piacentino, su indicazione del CLN provinciale, si andò aggregando e strutturando in poche e più consistenti formazioni, inizialmente brigate e più avanti divisioni articolate in Brigate. Lo stesso processo avvenne nelle altre province confinanti con quella piacentina. Per opportunità operative verrà concordato che la parte piacentina della Val Trebbia e della Val d’Aveto, da Marsaglia verso la Liguria, facesse parte della VI Zona partigiana ligure.
Assieme all’assestamento organizzativo si andarono definendo anche le regole di comportamento……, In questo contesto le formazioni collegate ai CLN, oltre a perseguire fenomeni di vero e proprio banditismo che si erano sviluppati dopo l’8 settembre, si assunsero l’obiettivo di sciogliere, anche con atti di forza, le piccole bande di ribelli rimaste autonome, e di assorbirne i componenti nelle proprie file.
Quella di Gaspare non era un raggruppamento isolato dal più generale movimento partigiano che si stava sviluppando. Sono ricordati contatti ed incontri con i capi di altre formazioni, anche nel periodo di Sanguineto . E’ plausibile che Gaspare ed altri uomini della sua banda abbiano partecipato ad azioni comuni con altre formazioni, quale l’attacco e la requisizione a Bettola già citate. Rina Bazzini riferisce che rappresentanti del CLN si erano incontrati con lui per sollecitare la regolarizzazione della sua formazione nell’ambito delle strutture partigiane riconosciute dagli organi ciellenisti. Ma sarebbe stato Salami ad essere decisamente contrario a tale regolarizzazione, perché significava perdere l’autonomia di azione che la banda si era conquistata. Nel volume che ricostruisce la storia della Brigata partigiano “Jori” la quale, nell’ambito della Divisione partigiana ligure “Cichero” che aveva come comandante il genovese Aldo Castaldi “Bisagno”, subentrerà alla banda Gaspare nel controllo anche del tatto piacentino della Val Trebbia fino a Marsaglia, si dice :
“La banda irregolare più nota in Val Trebbia e fonte di maggiori problemi, per il numero consistente di uomini – circa 150 – il buon armamento e le indubbie qualità di spericolatezza, fu quella capeggiata da certo Gaspare….
Il comandante della Jori, Croce, cercò più volte di sanare la situazione di irregolarità di questo gruppo e, sia personalmente, sia tramite il Comando della Divisione Cichero, prese contatto con i capi della banda per adeguarne il comportamento a regole di maggior correttezza. Ma i buoni comportamenti dichiarati venivano puntualmente disattesi, dato che molti elementi della formazione si erano abituati all’andazzo di compiere impunemente ruberie ed estorsioni ai danni di abitanti della vallata. Anche l’intervento di Dan (Sergio Podestà), inviato appositamente dal CLMR (Comando Miliare Regionale Ligure), non ebbe miglior sorte.
Non rimase altro da fare, quindi, che procedere al disarmo della formazione …”.
Il testo contiene delle inesattezze perché, al momento del disarmo della Banda Gaspare, la Cichero era ancora una brigata e la Jori ne era un distaccamento. A dirigere l’operazione, attuata fra l’1 e il 2 luglio del ’44, fu lo stesso comandante della Cichero, Aldo Gastaldi “Bisagno”.
In precedenza era stato inserito nella formazione di Gaspare un nomo di fiducia di Bisagno, “Sandro”, che fornì le indicazioni per sorprendere i capi della banda separatamente dal grosso dei componenti, che erano comunque suddivisi fra Cerignale, Marsaglia e Ottone. Non vi furono tentativi di resistenza. Gaspare, che era stato intercettato sulla statale presso Marsaglia, fu portato e trattenuto per alcuni giorni in custodia a Cerignale. Salami e Pino in un’altra località . Il resto degli uomini, e le tre donne che abbiamo prima ricordato, furono portati nell’ex caserma dei carabinieri di Ottone.
Di questa azione si è conservato il rapporto steso subito il 2 luglio dal comandante Bisagno. Dopo aver premesso che ci si era decisi ad intervenire perché “quei circa 130 uomini bene armati conducevano azioni di banditismo” , descritta l’operazione ed evidenziato il suo pieno successo, il rapporto elenca quanto venne trovato:
“In Cerignale era depositato il forte bottino della banda per cui è stato necessario far piantonare i magazzini. Inoltre si sono messe quattro guardie alle celle dove erano rinchiusi 40 prigionieri dei quali 15 erano tedeschi (in un documento successivo si dirà 17)…Tra il bottino di tale banda abbiamo avuto: 6 armi automatiche a lunga gittata, 2 armi automatiche a corta gittata, 2 autocorriere, 2 camion, tre autovetture, un moto-triciclo tedesco, un bidone di benzina, molti teli per tenda con accessori, diversi tagli di stoffa, lenzuola e coperte, due macchine da scrivere, formaggio, grassi e viveri ed altre cose in grande quantità”.
Le persone trattenuta nella caserma di Ottone, dopo qualche tempo furono radunate nella piazza e “strapazzati” da Bisagno , infine invitati ad aderire alla formazione Cichero o ad abbandonare la zona. Quasi tutti continueranno l’attività partigiana, chi appunto con la “Cichero”, chi in Val Nure/Val d’Aveto con la Brigata Caio di Istriano, chi nelle Brigata Stella Rossa del Montenegrino in Val Nure.
Dopo alcuni giorni anche Gaspare, Salami e Pino furono condotti ad Ottone e si istruì nei loro confronti, nei locali del Municipio, un processo partigiano. La funzione di avvocato difensore fu assunta dal parroco di Gorreto, il piccolo comune genovese più prossimo a quello di Ottone. Qualcuno avrebbe voluto condannare a morte i tre capi della banda ma alla fine si impose loro solo di abbandonare la zona.
Giuseppe Salami e “Pino” Paramuzzi si uniranno inizialmente ad Istriano e nella Brigata Caio il primo diventerà comandante ed il secondo commissario di un distaccamento; più avanti lasceranno Istriano e Salami, nel marzo del 1945, diventerà il comandante della Brigata Inzani facente parte della Divisione partigiana Val Nure.

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