ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

24 Marzo 1944 – Don Enrico Pocognoni, il Partigiano di Dio

Osservazioni a proposito della celebrazione a Macerata del 29 Aprile 2013 : “Don Enrico Pocognoni: il partigiano di Dio”.

Nel marzo del 1944, imponenti forze tedesche e fasciste, operarono una spedizione punitiva nel gruppo dei monti a nord di Matelica (San Vicino). Dagli studi più recenti ci rendiamo conto che la spedizione di quei giorni aveva una speciale caratteristica: era una spedizione punitiva molto forte, fatta con uno schieramento di 1500 uomini dotati di mezzi blindati e di mortai. La manovra voleva essere una manovra di accerchiamento per sgominare la formazione partigiana denominata “Mario” facente parte della III brigata garibaldina. La prima colonna puntò su Braccano, prese il centro abitato di Valdiola dove era attestata la formazione partigiana, ed arrivò fino a Chigiano con l’intenzione di sgomberare l’intera area del San Vicino. La colonna proveniente da Vinano, in direzione di Braccano, intercettò Don Enrico Pocognoni, assieme ad altri cinque partigiani, che stavano ripiegando verso il San Vicino. La seconda parte dell’operazione non fu portata a termine.  Al ponte di Chigiano la colonna tedesca si trovò presa fra due fuochi, da parte delle formazioni partigiane che scendevano da Elcito e da altre che provenivano dalla strada di Cingoli. La colonna tedesca si ritirò con gravi perdite.

Il risultato di bonificare il gruppo del San Vicino fallì e questo fu uno degli avvenimenti militari più importanti della guerra marchigiana nell’Appennino umbro-marchigiano, ma la spedizione aveva anche uno scopo particolare: quello di catturare e di punire in maniera esemplare l’ispiratore ed il promotore di quelle formazioni che era il parroco di Braccano, Don Enrico Pocognoni.

Rileggiamo la storia che ci racconta Paolo Simonetti: “La terza colonna tedesca ce scendeva da Vinano incrocia Don Enrico Pocognoni che, con altri giovani, aveva lasciato Braccano, per fuggire verso Vinano. Fu fatto tornare indietro, percosso con i mitra e condotto alla fontana dove erano gli altri prigionieri. Qui gli tolsero le scarpe e a piedi nudi, fu costretto a restare fermo sopra il rigagnolo. (…) A Braccano cercavano soprattutto una persona: il parroco. Il sacerdote si raccolse in preghiera (gli fu strappata la corona del rosario, fra lo scherno, gli sputi, gli schiaffi e le percosse). Costretto a correre per un campo fu raggiunto da una raffica di mitra che lo abbattè al suolo. Aveva 32 anni. Il comando tedesco proibì i funerali. La salma per ben due giorni rimase abbandonata nel campo”.

In questa prima analisi delle memorie non condivise notiamo che i sacerdoti sono un punto di riferimento naturale per il raggrupparsi della società civile nella Resistenza.

E quindi essi diventano automaticamente il centro organizzativo del rapporto fra la Resistenza armata ed i civili e per questo motivo diventano il bersaglio centrale della repressione tedesca.

Questa annotazione credo che sia decisiva per risolvere la questione fra la polemica dell’attendismo e la polemica della “zona grigia”. Come scrive Pietro Scoppola: “Vi è nella esperienza di questo paese una conferma di una tesi che mi è particolarmente cara: il rifiuto della violenza e l’accentuarsi della volontà di pace non sono sentimenti “grigi”, e non saranno di fatto irrilevanti per un’ opera di ricostruzione della convivenza civile. In questi spazi si colloca il ruolo della presenza cattolica intuito da Chabod ma poi confinato nella categoria dell’attendismo.  Nel paese il parroco, non solo svolge il compito che è proprio della stragrande maggioranza del clero italiano di proporre al popolo un messaggio che è sostanzialmente alternativo a quello fascista e di porsi come elemento di salvaguardia di valori fondamentali di convivenza e di rispetto delle persone umana in quanto tale) a prescindere dalle scelte politiche, ma svolge un ruolo attivo nella gestione delle piccola “repubblica”. Si ha l’impressione di una lotta di resistenza armata dura ma senza odio e crudeltà; e intorno a questa lotta una vasta zona di resistenza civile che alla fine coinvolge tutto il paese”.

Il contributo di sangue dei sacerdoti italiani e soprattutto dei parroci è stato raccontato come se fossero una serie di episodi isolati. Ciascuno bellissimo ed esemplare per il sacrificio, per l’ideale cristiano, per l’amore della Patria, ma tenuto nell’ambito locale come episodio unico. Invece non fu un episodio unico. Tutta la zona civile della Resistenza, del rifugio, del soccorso e della restaurazione della dignità della persona umana avvenne sotto la guida naturale dei parroci e dei sacerdoti. La polemica dell’attendismo e della zona “grigia” ci hanno tolto la possibilità di esaminare questo fenomeno nel suo insieme. Ma la testimonianza che questo fosse un fenomeno diffuso e significativo ci viene dallo stesso comportamento dei tedeschi che ricercavano sempre nei sacerdoti le persone che ritenevano i capi naturali delle popolazioni resistenti e davano forme di particolare severità e di minacciosa esemplarità alle esecuzioni dei sacerdoti.

Bartolo Ciccardini

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