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Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Archivi per il mese di “Maggio, 2025”

Commemorazione del 25 Aprile a Piacenza

Quasi quattromila persone. Piazza Cavalli fa fatica a contenere tutti, c’è chi giura che così piena per un 25 aprile non l’ha mai vista, neppure nei ruggenti anni Settanta. C’è chi scomoda le foto di quel glorioso 5 maggio del 1945, pochi giorni dopo la liberazione, quando il centro fu invaso dalla sfilata della smobilitazione con tutte le divisioni partigiane e le Sap a sfilare davanti a palazzo Gotico. « Il paragone regge» dicono.

Una veduta dall’alto di piazza Cavalli, dove sono confluiti i tre cortei.

 Sul palco ci sono i rappresentanti di quasi tutti i 46 comuni della Provincia (anche se alcuni sono risultati assenti: Zerba, Villanova, Besenzone e San Pietro in Cerro), ma anche il prefetto Paolo Ponta, la presidente della Provincia Monica Patelli, la sindaca di Piacenza Katia Tarasconi, la procuratrice capo Grazia Pradella e il presidente del tribunale Stefano Brusati, assiem ai presidenti di ANPI Piacenza, Romano Repetti e di ANPC Piacenza, Mario Spezia ed ai rappresentanti di tutte le associazioni.

« Molti tentano di riscrivere la storia ricorda Carlo Ghezzi, vicepresidente nazionale dell’Anpi a cui spetta l’allocuzione ufficiale di questo ottantesimo della Liberazion, ma noi non possiamo dimenticare che il fascismo aveva soppresso la libertà, aveva promulgato le ignobili leggi razziali, trascinato il Paese nelle guerre coloniali e scatenato il secondo conflitto bellico. Ha trascinato l’Italia nel baratro: una pazzia vera. Per questo non è possibile porre sullo stesso piano chi si è battuto per la libertà e chi per il nazifascismo. Tanto più perché la generale partecipazione alla lotta di Liberazione permise all’Italia di convocare l’assemblea costituente e di darci una bella costituzione. Per la Germania e il Giappone non fu così».

La sindaca Katia Tarasconi ricorda il pontefice ma anche i partigiani piacentini:. «Vorrei rispondere oggi a una domanda che Renato pose qualche anno fa: quando non ci saranno più i partigiani – chiese – chi andrà in piazza a ricordare il 25 aprile?». Dalla folla si alza un coro: « Noi». « Il 25 aprile è un patrimonio di memoria collettiva – continua sentiamo il richiamo alla responsabilità a onorarne il sacrificio e lo facciamo in un momento in cui condividiamo il lutto per la scomparsa di Papa Francesco. Ci togliamo i calzari dell’indifferenza perché questo fecero i partigiani allora».

«La Resistenza è un pezzo di storia che noi piacentini non dobbiamo dimenticare – le fa eco la presidente della Provincia Patelli – e anche se questa è una cerimonia che si svolge nel lutto che ci accomuna, la libertà e la democrazia non sono conquiste scontate, ma richiedono impegno e fare memoria è importante soprattutto per le nuove generazioni: il futuro della nostra democrazia dipende dalla nostra capacità di mantenere vivi alcuni valori».

Al termine della manifestazione in piazza si è tenuta, nella vicina chiesa di San Francesco, la messa in memoria di chi ha lottato per la libertà.

La liturgia, svoltasi subito dopo il rito civile in piazza Cavalli, presieduta da don Basini, vicario generale della diocesi di Piacenza-Bobbio, è stata introdotta dai saluti di benvenuto da parte del parroco della basilica, don Ezio Molinari, davanti alle numerose autorità civili e militari, presenti in chiesa

“È necessario prendere coraggio e tuffarsi nel bene, senza paura di scommettere sulla vita”: sono le parole di don Giuseppe Basini, pronunciate, il 25 aprile, giorno della Festa della Liberazione, nella basilica di San Francesco a Piacenza.
Nell’omelia, don Basini ha sottolineato l’importanza di ricordare il passato per costruire un futuro di unità e pace, incoraggiando a mantenere viva la memoria di coloro che hanno lottato per la libertà e la giustizia, affinché tali valori possano continuare a guidare le generazioni future.
Don Giuseppe ha poi invitato la comunità a vivere la celebrazione della Festa della Liberazione immersi nella luce del mistero pasquale, che rappresenta la passione, morte e resurrezione di Cristo, sottolineando l’importanza di questa speranza, soprattutto in un momento storico segnato da violenza e conflitti, definendo la situazione attuale come una “terza guerra mondiale a pezzi”.
Richiamando le parole di Papa Francesco, che è stato ricordato nella preghiera di suffragio, don Basini ha sottolineato che la vera speranza risiede nella forza della vita, capace di trionfare anche di fronte alle avversità, poiché Cristo ha vinto la morte. Ha quindi ricordato che il 25 aprile è un anniversario fondamentale per l’Italia, simbolo di pace e libertà, e della garanzia di democrazia contenuta nella Costituzione repubblicana.
“Nella narrazione evangelica di Pietro e dei discepoli, che dopo una notte di pesca infruttuosa sono invitati da Gesù a gettare le reti di nuovo, bisogna raccogliere l’invito a non lasciare spazio alla sfiducia e alla delusione. Il gesto di rilanciare le reti simboleggia la possibilità di una “pesca abbondante” e l’importanza della fede nel Risorto”.
Don Basini ha concluso esortando a cercare un cambiamento verso un mondo più giusto e umano, e diventare artefici di pace e giustizia per il futuro dell’Italia, anche attraverso la preghiera.

Al termine della messa, è stata letta la preghiera per la patria e la “Preghiera del Ribelle” di Teresio Olivelli, che ha ulteriormente evidenziato i temi di resistenza e speranza. La figura di Olivelli, un testimone coraggioso e un martire della libertà, ha aiutato a comprendere i valori di giustizia e verità per cui egli ha dato la vita.

La celebrazione del 25 aprile a Piacenza ha dunque rappresentato un omaggio alla storia italiana e un invito a guardare al futuro con rinnovata determinazione e unità.

Video della messa 

A seguire, articolo del quotidiano locale, Libertà, con intervista a rappresentanti delle associazioni, tra cui Mario Spezia per ANPC Piacenza.

La resistenza del clero abruzzese in un docufilm di Anna Cavasinni

Il documentario 1943-1944: la guerra in Abruzzo, il contributo del clero alla Guerra di Liberazione lungo la linea Gustav, prodotto da ANPC e Manuli Productions, è stato presentato il 2 maggio u.s. all’Auditorium Cianfarani di Chieti.

Alla presentazione sono intervenuti, S.E.R. Mons. Bruno Forte – Arcivescovo della Diocesi di Chieti-Vasto, Maurizio Gentilini e Gianfranco Noferi – consiglieri ANPC, Anna Cavasinni – Regista.

Erano presenti tra gli altri Diego Ferrara – sindaco di Chieti, il Gen. Antonino Neosi – Comandante Legione Abruzzo-Molise Arma dei Carabinieri, il Ten. Col. Adolfo Felicissimo – Comandante Ufficio Documentale Esercito – Chieti, Gianluca Antonucci – Presidente ANPI Chieti e una delegazione della Associazione Nazionale Alpini – Chieti.

Il documentario ripercorre le vicende di quegli anni drammatici in Abruzzo, in una vasta zona che si trovava sulla linea del fronte e nelle immediate retrovie, raccogliendo le testimonianze di civili, religiosi e militari.

Eventi che coinvolsero tutta la popolazione, in fuga dagli scontri che si svolgevano lungo la linea Gustav, dalle razzie, dalle distruzioni e dalle stragi perpetrate dagli occupanti tedeschi.

Di quegli eventi furono protagonisti i religiosi e in particolare S.E.R. Mons. Giuseppe Ventura, Arcivescovo di Chieti, impegnati in una difficile opera di soccorso verso la popolazione, di mediazione tra gli eserciti belligeranti, di aiuto ai ricercati (ebrei e antifascisti) e di supporto alle formazioni partigiane.

Sono state raccolte le inedite testimonianze di mons. Emilio Venturi, nipote dell’arcivescovo e all’epoca suo segretario, di mons. Antonio Iannucci, di don Alfonso Ciaramellano, di don Gaetano Di Sipio e di numerosi civili. Testimone attivo di uno degli eccidi perpetrati a Chieti dai nazisti è mons. Emilio Venturi che corse a confortare e a confessare un gruppo di 9 giovani patrioti, prima che venissero fucilati.

E’ in tale contesto che si svolge l’opera di mediazione con gli alti comandi della Wehrmacht da parte dell’Arcivescovo Mons. Giuseppe Venturi che, con una straordinaria forza e determinazione, nel marzo del ’44, dopo lunghe trattative,  riuscirà a ottenere dai tedeschi il riconoscimento di Chieti Città Aperta, risparmiando la distruzione della città che era diventata rifugio di oltre 100.000 sfollati.

Il documentario ripercorre anche le vicende di cui furono protagonisti i primi gruppi partigiani, che subirono pesanti perdite da parte dei nazifascisti e che furono supportati dalla popolazione e dai religiosi.

Con la testimonianza di don Peppino Carnevale, cappellano militare, sono ricordate le gesta eroiche del Primo Raggruppamento Motorizzato, all’inizio forte di soli 5.000 militari inquadrati nell’esercito del Regno del Sud, che a Monte Lungo affrontò due importanti battaglie al fianco degli americani l’8 e il 16 dicembre 1943.

Poi il Raggruppamento proseguì verso l’interno e sulle Mainarde riuscì in un’impresa che gli Alleati consideravano impossibile: l’occupazione e la difesa di Monte Marrone il 31 marzo del ‘44.  

Ne fu erede il  CIL Corpo Italiano di Liberazione, schierato a fianco degli alleati, con 25.000 combattenti  tra aprile e agosto 1944, e poi da estate ’44 a maggio ’45 dai sei “Gruppi combattenti” con 60.000 effettivi inquadrati nell’8ª Armata britannica ( le divisioni “Friuli”, “Cremona”, “Folgore”, “Piceno”, “Legnano” e “Mantova”). Il CIL ebbe oltre 3000 caduti e fu decorato con 67 MOVM.

Nel frattempo fra le montagne della Maiella operano religiosi che si prodigano per aiutare civili e militari a scavalcare la linea del fronte per raggiungere la zona già liberata dagli Alleati. Fra questi è assai importante l’opera indefessa e rischiosa di don Fausto che, alle falde della Maiella, attraverso un varco nel cimitero di Guardiagrele, riesce a far transitare ebrei, antifascisti, militari che cercano la salvezza fuggendo dal sud della Penisola.

Alcuni di questi andranno a confluire in una formazione di patrioti che si è costituita nella vicina Casoli il 5 dicembre del ’43 al comando dell’avv. Ettore Troilo: la Brigata Maiella, l’unica forza partigiana che, dopo la liberazione dell’Abruzzo, fu inquadrata nell’esercito inglese e continuò a combattere sino alla fine della guerra, partecipando all’offensiva lungo l’Adriatico e contro la linea gotica, fino alla liberazione di Bologna, della Romagna e di Milano. Fu l’unica formazione partigiana a essere decorata di medaglia d’oro al valor militare alla bandiera. Onore concesso alla bandiera del Corpo Volontari della Libertà.

L’entrata a Chieti della divisione Nembo inquadrata nel CIL avvenne il 9 giugno del ’44.

Dal 6 maggio il documentario è visionabile sul canale  YouTube @AnpcNazionale al link: https://youtu.be/N9j75p2zW_U?si=qfXHxL-eGxlmeVWK

Alcune foto della presentazione:

Il servizio del TGR RAI Abruzzo sulla presentazione a Chieti:

https://www.rainews.it/tgr/abruzzo/video/2025/05/la-resistenza-del-clero-abruzzese-docufilm-di-anna-cavasinni-anteprima-chieti-16076a26-f7c4-4f74-9a01-17d9f089895e.html?wt_mc=2.www.wzp.rainews

Presentato a Piacenza il libro “La fede muove un popolo”

Daniela Morsia, con Mario Spezia, presidente ANPC Piacenza, e don Davide Maloberti, direttore del settimanale diocesano “Il Nuovo Giornale”, raccontano il grande contributo dei cattolici alla Resistenza piacentina.

Salone monumentale  Biblioteca Passerini Landi – Piacenza – 12 Aprile 2025

Il 12 aprile si è tenuta la presentazione del libro “La fede muove un popolo” edito da “Il Nuovo Giornale”: autori Davide Maloberti, Federica Villa, Silvia Manzi e Daniela Morsia. Il focus è stato sul contributo dei cattolici alla Resistenza. Ne hanno parlato: don Davide Maloberti, che ha dato una presentazione generale del libro, Daniela Morsia, autrice dei capitoli dedicati al periodo della Seconda guerra mondiale e della ricostruzione, e Mario Spezia, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani di Piacenza.

da sinistra: Daniela Morsia, Mario Spezia, don Davide Maloberti

Il grande contributo dei cattolici alla Resistenza piacentina può essere riletto all’interno del processo di sviluppo del movimento cattolico che prese avvio nel periodo a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Un periodo, questo, segnato dalla personalità e dall’azione episcopale di Giovanni Battista Scalabrini, un vescovo moderno anche per i suoi frequenti contatti con il popolo. Fu nel periodo scalabriniano che si affermò la figura del “prete sociale” attento ai bisogni della comunità. È questa figura di prete sociale che diverrà poi, proprio durante la Seconda guerra mondiale, il prete di montagna che apre la canonica di guerra ai perseguitati e ai bisognosi.
Il movimento cattolico registrò poi una progressiva attenzione alle esigenze della società, con un sempre maggiore coinvolgimento di donne e giovani. Questo è vero per l’episcopato di Giovanni Maria Pellizzari, alla guida della diocesi piacentina dal 1905 al 1920, ma anche e in particolare per il lungo episcopato del bolognese monsignor Ersilio Menzani che resse la diocesi dal 1921 al 1961,affiancato dal 1946 dal vescovo coadiutore Umberto Malchiodi.
Quando Menzani arrivò nella diocesi piacentina, iniziavano a viversi – sono le stesse parole delvescovo bolognese – tempi assai “procellosi e di pubbliche angustie”. Erano i tempi del consolidarsi del movimento fascista, della figura del ras Bernardo Barbiellini Amidei, fortemente antisocialista e antipopolare. Erano i tempi dello squadrismo fascista che, soprattutto nella seconda fase, andava a colpire il anche il fronte cattolico. Molti furono parroci aggrediti, come don Giovanni Grandi, parroco di Creta che morirà nell’ottobre del 1924 a seguito proprio delle conseguenze dell’aggressione. Furono gli anni del grande scontro tra Barbiellini e il suo giornale “La Scure” con il direttore del “Nuovo Giornale”, monsignor Francesco Gregori, parroco di Sant’Anna e tenace sostenitore del Partito popolare che sarà costretto a rassegnare le dimissioni nel novembre 1922.
Pochi anni dopo don Gregori si ritirerà nella parrocchia di Pomaro, attorno alla quale si formò un gruppo di giovani cattolici protagonisti della Resistenza. Il coraggio civile mostrato da personaggi come don Gregori, ma anche don Dante Colombini, o don Luigi Ferrari a Fiorenzuola avranno un’importante influenza sui giovani legati all’associazionismo cattolico. Fu infatti proprio in quest’area di Azione Cattolica, ma anche poi della Federazione universitaria Cattolica e del Movimento dei laureati che si avrà la formazione di quelli che saranno i maggiori esponenti dell’antifascimo cattolico. Su questo periodo – che è un periodo straordinario – ha scritto bellissime pagine Giuseppe Berti che parlava, per gli inizi, non certo di antifascismo organizzato, ma di una comune formazione che passava attraverso la famiglia, la parrocchia, l’oratorio e l’associazione. In quelle che saranno le tante testimonianze edite dopo il 1945 emerge questo fatto: furono le occasioni di studio e di confronto legate all’associazionismo cattolico a lasciare il segno per le scelte future: una difesa dell’identità che creava un’area di quel dissenso morale che permetterà poi la scelta della Resistenza.
Furono tanti i luoghi importanti del movimento cattolico e dell’antifascismo di quegli anni, a partire da Palazzo Fogliani, sede delle associazioni cattoliche (AC, FUCI e Movimento laureati) ove si formò un gruppo molto coeso, animato da personaggi come Francesco Daveri, Giuseppe Berti, monsignor Alfonso Fermi e Ugo Civardi, che sarà poi delegato vescovile per l’assistenza ai partigiani e che avrà un ruolo molto importante nella gestione dell’assistenza ai reduci di Villa Veano. A Palazzo Fogliani si gettò il germe di quella che sarà la Democrazia Cristiana. E, soprattutto, a Palazzo Fogliani si ebbe uno straordinario incontro generazionale, tra i vecchi esponenti del Partito popolare e i giovani delle associazioni cattoliche, da Carlo Castellana a Luigi Broglio, da Giannino Bosi a Cesare Baio. Ci furono ovviamente anche tante donne (il loro contributo è importantissimo) a partire da Antonietta Rossi, segretaria di propaganda dell’Unione femminile cattolica italiana nella cui casa passava tutta la stampa clandestina.
A mano a mano iniziò anche un antifascismo organizzato con oratori e chiese che divennero luoghi di incontro, in città come in montagna. Il contributo dei cattolici e del clero alla Resistenza è stato notevolissimo. È stata una resistenza portata avanti dai giovani cresciuti negli oratori e nelle associazioni cattoliche e che alla scelta della Resistenza arrivò, prima di tutto, con un rifiuto della violenza. Il contributo del clero poi merita una particolare attenzione perché la canonica di guerra divenne un centro di rifugio, di mediazione e di ricerche e di conforto per tutta la popolazione. Il prete aprì la canonica ai perseguitati e ai bisognosi e divenne, soprattutto dopo il settembre del 1943, un punto di riferimento religioso e civile, difensore della popolazione e mediatore tra le forze contrapposte in campo.

Don Giuseppe Borea

Molti di questi parroci scrissero anche, nell’immediato secondo dopoguerra, relazioni, dal prezioso valore testimoniale, che portano in primo piano non tanto le
azioni militari delle formazioni, quanto in primo luogo le sofferenze del popolo. È sicuramente difficile ricostruire estesamente l’opera del clero in una situazione che diveniva via via sempre più pericolosa e complessa. Nascondere patrioti, mettere in salvo prigionieri, salvare dalla deportazione o dalla condanna a morte, confortare i condannati destinati alla fucilazione, impedire rappresaglie, salvare paesi; simili azioni furono centinaia che si rinnovarono nelle canoniche e nelle chiese. Accanto al clero che esercitò un’azione di ordine caritativo, assistenziale, religioso e morale, operò un gruppo più ristretto, che si inserì anche nella lotta vera e propria. Il prezzo pagato dal clero piacentino è alto, con fucilazioni, ma anche perquisizioni e carcere. Tra i diversi sacerdoti vittime della violenza si è voluto ricordare in questo libro le figure di don Giuseppe Beotti e di don Giuseppe Borea.

9 maggio 2025 a Sestri Levante: L’OPERA DEL CARDINAL GIUSEPPE SIRI TRA FEDE E IMPEGNO CIVILE

L’OPERA DEL CARDINAL GIUSEPPE SIRI TRA FEDE E IMPEGNO CIVILE

Conferenza sulla figura del Cardinal Siri e sul suo contributo alla Liberazione della Città di Genova

L’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani – Sezione Tigullio rende noto che, a conclusione delle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario della Liberazione patrocinate dal Comune di Sestri Levante, venerdì 9 maggio alle ore 18:00 presso la Sala Bo di Palazzo Fascie in Sestri Levante (GE), Corso Colombo 50 verrà ricordata “L’OPERA DEL CARDINAL GIUSEPPE SIRI TRA FEDE E IMPEGNO CIVILE”.

Dopo una introduzione di carattere generale sulla figura del Cardinal Siri a cura del Dott. Gianteo Bordero, il Prof. Paolo Gheda, professore associato di Storia Contemporanea del Dipartimento di Scienze economiche e politiche dell’Università della Valle d’Aosta, terrà una relazione dedicata a “Giuseppe Siri e il salvataggio del Porto di Genova”, approfondendo il ruolo svolto dall’allora giovane prelato nei giorni che hanno preceduto la resa dell’esercito tedesco.

Il Presidente di ANPC Tigullio Umberto Armanino sottolinea che “Giuseppe Siri rappresenta uno straordinario esempio di pastore che, durante gli anni dell’occupazione tedesca, si è sempre adoperato per assicurare assistenza alla propria comunità, fino a mettersi a disposizione per tenere i contatti con l’alto comando tedesco che hanno portato alla liberazione della città. L’Associazione Nazionale dei Partigiani Cristiani di Sestri Levante, quindi, è lieta di poter ricordare questa figura tanto cara a Genova ma anche a tutto il Tigullio che, spesso, ha ospitato il Cardinal Siri negli anni del suo lungo mandato pastorale a capo dell’arcidiocesi genovese”. 

Armanino aggiunge che “Per ANPC è il modo migliore per concludere le celebrazioni di questo ottantesimo anniversario della Liberazione. Non si può dimenticare tutto quanto fatto da Siri su incarico dell’allora Arcivescovo Card. Pietro Boetto per arrivare, il 25 aprile 1945, alla firma della resa da parte del Gen. Gunther Meinhold a Villa Migone alla presenza del Comitato di Liberazione Nazionale cittadino. Con l’aiuto di un amico come Gianteo Bordero e uno studioso come Paolo Gheda dell’Università della Valle d’Aosta, sarà possibile mettere ancora più a fuoco il nesso tra fede e impegno civile di tanti esponenti del clero che, come Siri, hanno testimoniato, anche con le opere, la propria fedeltà alla Chiesa”. 

La cittadinanza è invitata a partecipare.

Sestri Levante, 4 maggio 2025

A Sestri: “Il Cardinale Siri ed il suo contributo alla Liberazione di Genova” su Tele Radio Pace: https://www.teleradiopace.tv/2025/05/07/a-sestri-il-cardinale-siri-e-il-suo-contributo-alla-liberazione-di-genova/

Buona Festa dei Lavoratori

Oggi è la festa ‘costituzionale’! Auguri a tutti i lavoratori e impegno a creare lavoro
Dall’art. 1 al all’art.12 “ Principi fondamentali”,
la bella Costituzione si dimostra antifascista e fondata sulla Resistenza
Non erano né principi né diritti del sistema fascista. Viva il Primo Maggio!

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