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Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Carlo Bianchi e il giovane Peppino Candiani

Pubblichiamo un articolo di Claudio Consonni intitolato: “Carlo Bianchi e il giovane Peppino Candiani: martiri dell’Organizzazione Soccorsi Cattolici Antifascisti Ricercati”.

Ottanta anni fa in luoghi e circostanze diverse venivano ammazzati dai nazifascisti l’ingegnere padre di famiglia Carlo Bianchi e il giovane sostegno di famiglia Giuseppe Candiani (da non confondere con quello che fu ragazzo delle Cinque Giornate e poi industriale, cui è stata dedicata una via). Milanesi entrambi facevano parte dell’Organizzazione Soccorsi Cattolici Antifascisti Ricercati. Carlo Bianchi nato il 22 marzo 1912, ingegnere, coniugato con Albertina Casiraghi, tre figli in attesa del quarto, antifascista, cattolico. Nel 1939 si licenzia dalla Siemens poiché non vuole prendere la tessera del PNF. Dopo l’8 settembre riallaccia i contatti con gli antifascisti cattolici ed è attivo nella propaganda resistenziale attraverso diversi canali, fra i quali il foglio “Il ribelle”. Il 27 aprile 1944 viene arrestato per delazione in Piazza San Babila insieme al suo ospite clandestino Teresio Olivelli: finisce prima a San Vittore e, poi, il 9 giugno 1944, nel Campo di Fossoli. Riceve la matricola 1551 e viene collocato nella baracca 21 A.

A queste stringate informazioni molto note (www.straginazifasciste.it) abbiamo dovuto inserire le quattro parole in corsivo e aggiungiamo che fu il vero e proprio editore del ‘Ribelle’ grazie all’azienda che aveva col padre. Impegnato nell’Organizzazione Soccorsi Cattolici Antifascisti Ricercati, venne ricordato dal Comandante Don Andrea Ghetti con parole chiare: “La figura più bella degli appartenenti all’OSCAR fu quella di Carlo Bianchi membro del CLN” perché lo conosceva molto bene sia per la FUCI che per l’iniziativa diocesana chiamata “Carità dell’Arcivescovo” iniziata nel 1943 e tuttora esistente grazie all’impegno della figlia Carla. Carlo Bianchi con altri 66 pari a lui intellettuali, militari di carriera e dirigenti della Resistenza fu fucilato al Poligono di Tiro di Cibeno il 12 luglio 1944 in una criminale “rappresaglia”. Riuscì a scampare a quella esecuzione sommaria l’Olivelli, nascondendosi più giorni ma, come è noto, fu poi deportato e ammazzato in campo di concentramento tedesco.

Prima di passare alla seconda persona occorre ricordare che sarebbe pleonastico proporre qui foto e/o bibliografia sul Bianchi considerata l’importanza dell’uomo perché, sicuramente, apparirebbe incompleta.

La vicenda di Peppino, come era comunemente chiamato il giovane di Azione Cattolica del quartiere milanese di Crescenzago Giuseppe Candiani, si svolge tutta nelle azioni dell’OSCAR che riassumiamo partendo dal racconto delle donne della Democrazia Cristiana lombarda. Queste negli anni cinquanta fecero un prezioso lavoro di ricerca e raccolta di informazioni da cui si evince che molte mamme, sorelle e perpetue di sacerdoti ebbero un ruolo di primo piano nella Resistenza. Ecco cosa disse testualmente la madre: “Senti, figliuolo: quando mi sono sposata, mi son presa la mia croce e tuttora me la porto. Tu hai voluto farti prete, porta perciò la tua. Su! Prendi il soprabito e cappello, va’ a Milano parla coi tuoi amici sacerdoti: vedete, combinate, trovate una via di scampo per questa povera gente”. Insomma il devotissimo Don Enrico Bigatti, continuamente ricordato ancora oggi, e non solo in quella parrocchia, apre gli occhi di fronte alla tragica realtà di chi chiedeva aiuto e, a sua volta, va a cercare preti compagni di Seminario che contano, quelli cioè che sono docenti residenti nei grandi Collegi Arcivescovili ed altre Istituzioni residenziali verso il confine Svizzero.

Don Bigatti mobilitò giovani dell’oratorio come Peppino Candiani che dopo la Messa e la Comunione all’alba del giorno stesso dell’azione di soccorso dichiarò al Comandante Don Natale Motta: “Stasera in Svizzere o in Paradiso”. L’uccisione di Peppino Candiani nel maggio ‘44 viene chiaramente raccontata dai diari dell’epoca e viene messa a contraltare della vicenda felice del salvataggio del piccolo Balcone quali poli estremi di impegni con esiti che, purtroppo, potevano essere anche tragici. Il suo funerale sempre nel maggio ‘44, come quello di Monsignor Achille Bolis ammazzato in carcere a San Vittore nel febbraio precedente, sono stati momenti importanti per la ribellione di Milano come mi sono permesso di segnalare, denunciando viceversa mitizzazioni recenti, in una lettera aperta diretta anche all’Arcivescovo, pubblicata qui https://anpcnazionale.com/wp-content/uploads/2024/04/lettera-aperta-ai-colleghi-riuniti-a-mil ano-in-formazione-deontologica-1.pdf rimasta ad oggi purtroppo inascoltata.

Nel 1998 Don Luigi Del Torchio pubblicò un libretto intitolato: “Non c’é amore più grande: l’atto eroico di Peppino Candiani nel contesto della lotta di Resistenza nel Varesotto” D.D.T. Varese 1998 che meriterebbe la ristampa perché esaurito in pochi mesi. La foto con la didascalia che pubblichiamo è a p. 96. Tre anni fa ANPC Milano, dedicando un suo opuscolo strettamente biografico dal titolo: “Don Bigatti un prete nella Resistenza”, ha pubblicato tre preziose pagine su Peppino Candiani (36-38 nel cartaceo, 19 e mezza del file pdf) con la foto e la riproduzione della dichiarazione ufficiale sul caduto dell’Organizzazione Soccorsi Cattolici Antifascisti Ricercati. Per chi non avesse il cartaceo, pure esaurito, è possibile scaricare il file qui https://anpcnazionale.com/wp-content/uploads/2021/04/don
-bigattilibretto16.4.21.pdf

Claudio Consonni

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