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Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

9 Maggio 1944 – Venanzio Gabriotti, Medaglia d’oro della Resistenza

Venanzio GabriottiVenanzio Gabriotti, fulgido esempio dell’antifascismo umbro, segretario del Partito Popolare della Città di castello e Segretario Provinciale della DC perugina.

Pluridecorato e grande invalido della Guerra 1915-18, Venanzio Gabriotti è sicuramente la figura più importante  di cattolico oppositore al regime fascista e poi martire della resistenza partigiana in Umbria

Fu condannato a morte dal comando tedesco di Città di Castello, la cittadina dove viveva e operava.

Poteva  commutare la sua condanna con una deportazione in Germania, ma a questa possibilità si opposero i  fascisti repubblichini locali  che reclamarono la sua immediata  fucilazione che  ebbe luogo poi nel greto dello Scatorbia il 9 maggio 1944.

A lui fu concessa la medaglia d’oro della Resistenza e rimane nel ricordo dei tanti che, come lui si opposero al fascismo fin dal suo sorgere, un esempio di  coraggio ed eroismo. Profondo cattolico partecipò  nel 1919 alla fondazione  del Partito popolare a Perugia e rimase con l’amico Gaetano Salciarini come uno dei più attivi seguaci di don Sturzo, tanto che fu l’ultimo segretario della sezione di Città di Castello del Partito Popolare prima del suo scioglimento. E fu questa probabilmente la ragione per cui nel breve periodo che va dalla caduta del fascismo all’armistizio fu designato come segretario provinciale della costituenda DC.

E proprio Salciarini, altra grande figura dell’antifascismo cattolico  perugino, lo ricorda come un uomo  generoso  e di una bontà senza limiti  e a conferma di questa sua umiltà riporta un episodio che accadde  alla vigilia della sua fucilazione nella cella che condivideva con un altro perseguitato. Costuì gli disse” Se fucileranno a lei il sangue dovrebbe scorrere a fiumi”. E Gabriotti rispose “Guai sarebbe il più grande dispiacere che mi potreste dare.”

Alla caduta del fascismo, la sera del 26 luglio pubblicò un giornale, “ Rinascita” dove, oltre ad esprimere la sua gioia per la fine del fascismo, lanciò un grande appello  rivolto a tutti per  l’unità e la solidarietà nazionale e, richiamandosi alla  realtà del momento, invitò alla ricostruzione delle cose e degli spiriti. Per aver pubblicato quel giornale senza la dovuta autorizzazione  fu arrestato e trascorse due giorni in carcere.  Nei giorni successivi, secondo il suo animo di grande cattolico, si adoperò molto per la pacificazione degli animi e per impedire, possibili violenze  e vendette contro i fascisti

Dopo l’8  settembre ai giovani che si rivolgevano a lui  indicava la strada di montagna nelle zone di Monte Bello e di Morra. Sempre con Salciarini partecipò attivamente alla formazione delle squadre partigiane che si formarono nel zona di Morena, Gubbio, Città di Castello, Umbertide, brigate che poi confluirono nella famosa brigata San Faustino. Raccolse fondi per la resistenza e per  l’acquisto di materiale  per una tipografia clandestina da installare a Pietralunga e per l’acquisto di armi per i partigiani. Non ebbe posizioni di comando, ma tanto si dette da fare per organizzare uno stabile collegamento con le brigate partigiane, in particolare la San Faustino. Fra le sue visite nelle zone partigiane, non mancò ai festeggiamenti del 1° maggio  a Pietralunga considerata “ Zona linera”

Disse in quella occasione a Don Pompili Mandrelli, parroco in quelle zone “ sono venuto a portarvi un po’ di tricolore in mezzo a tanto rosso”

Era tenuto d’occhio dai repubblichini , ma lui sembrò non curarsi  di questo pericolo e continuò a girare fra le bande partigiane, finchè non venne arrestato. Negò di essere il presidente del locale Comitato di liberazione, ma non potè negare di aver avuto contatti con Pierangeli, il comandante della brigata San Faustino. Questo bastò per la condanna a morte. E non furono tanto i tedeschi ad accanirsi contro lui, quanto i  repubblichini che si scagliarono contro il Vescovo che era andato a

al Comando tedesco per intercedere in suo favore . Gli ufficiali fascisti, presenti al colloquio, si rivolsero malamente al vescovo dicendogli : “Non si occupi di queste cose; E’ ora di finirla: E’ il nostro nemico. Lui ci vuole morti: Vogliamo che muoia , deve morire”.

Era un uomo stimato da tutti gli antifascisti.  I socialisti nel loro giornale,  “ La Rivendicazione,”alla fine della guerra,  misero Gabriotti fra i grandi Martiri antifascisti, Matteotti, Amendola, Gobetti e Gramsci e  Ferdinando Rosi Cappellani del partito d’Azione scrisse “ E’ un uomo che gettò la sua anima nella lotta contro gli oppressori di ogni libertà”.

Pino Ferrarini

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