ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

82° anniversario eccidio dei Sette Fratelli Cervi e Quarto Camurri

Il 28 dicembre 2025 il presidente ANPC di Reggio, Gabriele Torricelli, ha parlato in rappresentanza delle organizzazioni partigiane nella commemorazione della uccisione dei 7 Fratelli Cervi e Quarto Camurri. Queste le sue parole: “Grazie, un saluto al Sindaco Massari, al Sindaco Olmi, al Presidente Errani, alle autorità civili e militari e alla Sindaca Silvia Salis il cui intervento a S. Anna di Stazzema l’estate scorsa ci ha veramente colpiti, ha colpito tutta l’Italia. È per me un grandissimo onore essere qui in questa sala così importante per la nostra storia e intervenire a nome non solo dell’ANPC, ma anche dell’ALPI e dell’ANPI, nel giorno in cui ricordiamo il martirio dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri, il primo anno senza Ermete Fiaccadori, che vorrei ricordare con affetto.

La storia dei fratelli Cervi in particolare, è una storia profondamente reggiana, se vogliamo, ma allo stesso tempo, universale; è una delle storie fondative dell’impegno sociale e politico di tante generazioni successive. Ricordo molto bene la prima volta che andai al Museo Cervi: ero adolescente e, ancora di più che gli oggetti esposti, ricordo il fascino della storia che quei luoghi raccontano. La storia di una famiglia reggiana, una famiglia cattolica e comunista, che, sin dal manifestarsi del regime fascista si impegnò senza tentennamenti dall’altra parte. Una famiglia contadina che grazie al vitalismo dei suoi sette ragazzi allargò ben presto lo sguardo al mondo, e ad un modo nuovo di essere coltivatori. Sappiamo dei viaggi di Antenore Cervi negli allevamenti in giro per l’Italia, per apprendere e poi portare a casa le tecniche migliori scoperte altrove. Una famiglia che, infatti, in poco tempo, è diventata un punto di riferimento per l’intera comunità della zona. Una storia che poi, quasi naturalmente, come conseguenza di quello che ho detto fin qui, diventa una storia di Resistenza, quando la dittatura fascista si fa così violenta e antidemocratica da non lasciare spazio ad altre scelte. Chi aveva a cuore il futuro della società, chi aveva a cuore il destino di una comunità fatta di esseri uguali, chi pensava che tra i diritti fondamentali delle persone quello alla libertà fosse non solo il più importante ma quello naturale e fondativo di tutti gli altri, non poteva fare altra scelta se non quella di mettersi in gioco, mettersi in campo e combattere contro un nemico che aveva già ampiamente rivelato la sua essenza fondamentalmente inumana. In questi giorni mi sono spesso interrogato su cosa possa insegnarci oggi, in un mondo così diverso da quello dei primi anni Quaranta del Novecento, la storia dei Fratelli Cervi. E credo che l’insegnamento più importante sia proprio l’importanza dell’impegno: il contrario dell’indifferenza, del fatalismo e dell’abitudine al Male.

L’impegno che ha permesso loro di portare avanti un’azienda agricola all’avanguardia sotto molti punti di vista; l’impegno che poi li ha portati, come detto, a non voltarsi dall’altra parte. Perché questo avevano imparato in famiglia da due genitori straordinari e dagli studi da autodidatti, affamati di conoscenza, un ossigeno che aveva loro allargato e aperto la mente. E visto che una delle domande che mi pongo spesso riguarda il ruolo delle associazioni partigiane, come quelle che oggi ho l’onore di rappresentare, a più di ottant’anni dalla Resistenza, penso che questa possa essere una risposta, forse la più importante: noi dobbiamo essere portatori di impegno civile, culturale e, dunque, politico. Dobbiamo lavorare in un tempo in cui alle elezioni, come sappiamo, partecipa una minoranza della popolazione, in cui per molte persone è sempre più difficile anche solo decidere di uscire di casa per partecipare a una riunione, a un incontro pubblico, o anche soltanto all’organizzazione di qualcosa per la propria comunità. Ecco, in questo tempo di disillusione e di apatia, noi dobbiamo impegnarci ogni giorno, perché si scopra e si riscopra l’impegno civile, l’impegno per la partecipazione alla vita pubblica, in modi anche diversi dal passato, perché il passato è passato, appunto, e stiamo vivendo un cambio d’epoca – come diceva Papa Francesco – in cui spesso noi per primi, e a volte anche la politica, facciamo fatica ad orientarci.

Sono convinto che questo sia il modo più giusto per onorare la memoria di chi ha deciso di rischiare la vita sino a sacrificarla. Se tutti noi che siamo qui, e che siamo iscritti alle associazioni partigiane, lavorando insieme ai rappresentanti della politica, riusciremo a convincere anche solo una persona a uscire di casa, a impegnarsi, a spendere il proprio tempo per gli altri e per il bene della società e della democrazia, allora avremo fatto il nostro lavoro.

Voglio concludere citando e ricordando Genoeffa, la protagonista femminile di questa storia di coraggio e di resistenza, e lo voglio fare con uno sguardo al presente. Molti storici e studiosi della Resistenza sono concordi nel riconoscere l’importanza che Genoeffa Cocconi, la mamma dei Cervi, ha avuto nell’educazione dei figli, nell’accendere in famiglia quella fiammella di impegno nel lavoro e di impegno sociale che ha poi, in modo molto naturale, portato alla scelta dei figli di impegnarsi nella lotta partigiana, fino al sacrificio della vita. Credo che anche da parte nostra si sia parlato troppo poco di lei. E in un presente in cui ancora, in varie occasioni, le donne sono relegate ai margini, in cui episodi di violenza verso le donne riempiono, purtroppo, quotidianamente i nostri media, penso sia giusto e importante ricordare che a fianco di molte storie di uomini che hanno fatto la storia, c’è la storia di tante donne, in questo caso di una donna, la mamma di sette figli, ma anche di tutte le donne che sono state impegnate attivamente nella lotta di Resistenza. Se la morte prematura di un figlio è considerato un dolore indicibile, qui sette figli, uccisi, contemporaneamente: un’immensità di dolore che non riusciamo neppure a immaginare. Sette figli generati uno a uno, e che un giorno ti vengono uccisi, uno a uno. Ad Auschwitz quante famiglie sono state uccise così, 10 su 11 della famiglia di Emanuele Fiano ad esempio, e a Gaza un’intera famiglia di 10 figli ma in quel caso anche la madre ha subito la stessa sorte; qui no, la mamma è stata risparmiata perché soffrisse tutt’intero quell’indescrivibile quantità di dolore, sino a morirne. Grazie quindi a Genoeffa Cocconi, ad Alcide Cervi, a Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore. Grazie a Quarto Camurri, per il vostro esempio, per il vostro impegno, per il vostro sacrificio. Viva la Resistenza, viva l’antifascismo, sempre!”.

Navigazione ad articolo singolo

Lascia un commento