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Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

L’Angelo di San Vittore

“L’Angelo di San Vittore” per 28 anni ha vissuto dentro le mura del carcere milanese durante uno dei periodi più bui della nostra storia recente, operando con discrezione ed efficacia per distribuire speranza e aiuto concreto. A suo tempo partigiana e membro della Resistenza, dal 2011 figura fra i Beati della Chiesa Cattolica.

Nata il 23 febbraio del 1891 a Borgo Vercelli in una famiglia di solida fede contadina, Enrichetta Alfieri sentì fin da giovanissima la chiamata alla vita religiosa, ma solo a 20 anni ottenne dai genitori il permesso di entrare nella Congregazione delle Suore di Santa Giovanna Antida Thouret.

Non immaginava che la vita l’avrebbe un giorno chiamata a una missione “difficile e dura”.

Nel 1923 fu sua zia Elena, suora in servizio presso la sezione femminile del carcere di San Vittore a Milano, a chiederle di aiutarla a portare il carico di un’umanità ferita e sofferente. Appena arrivata, per rendere più sopportabili le condizioni di vita delle “sue” carcerate, Suor Enrichetta riorganizzò alcune aree al fine di consentire alle detenute madri di ricongiungersi coi figli minorenni per i quali mise in piedi un asilo nido e una scuola.

Il periodo più complesso fu quello bellico, specialmente dopo l’8 settembre del 1943, quando il carcere milanese passò sotto comando nazista diventando luogo d’interrogatori e tortura per tanti internati, fra cui numerosissimi cittadini di religione ebraica. In un simile contesto, Suor Enrichetta si prodigò per tutti senza distinzioni, riuscendo a fare breccia persino nel cuore indurito del caporalmaggiore Franz Staltmayer, detto “il porcaro”, che a San Vittore decideva chi dovesse prendere posto sui famigerati convogli piombati diretti ai campi di sterminio in Germania.

Solo l’audacia di questa religiosa che non temeva nessuno, se non Colui al quale aveva consacrato la propria esistenza, riuscì in rare occasioni a fargli cambiare idea, come nel caso di una detenuta ebrea prossima al parto e già madre di una bambino di 5 anni, protagonista di una “scarcerazione-miracolo” imputabile ai suoi buoni auspici.

Schieratasi senza esitazioni dalla parte giusta, Suor Enrichetta divenne anche staffetta partigiana, prestandosi ad operare come messaggera per i membri del CLNAI. Scoperta e condannata a morte, si salvò in extremis grazie all’interessamento del Cardinale Schuster, Arcivescovo di Milano, che riuscì ad ottenerne la scarcerazione.

A guerra finita furono invece i membri della Resistenza a riaccompagnarla a  “casa”, a San Vittore, dove Suor Enrichetta avrebbe continuato a lavorare e portare consolazione sino alla morte sopraggiunta il 23 novembre del 1951.

Fra le carte della causa canonica conclusasi con la beatificazione a 60 anni dal decesso, figura anche la testimonianza di Indro Montanelli, uno che da preti e suore si è sempre tenuto alla larga. Carcerato in quei mesi a San Vittore come dissidente politico, il noto giornalista attestò che: “Grazie alla sua regia, ricevevamo bigliettini e informazioni. Ancor oggi il ricordo di Suor Enrichetta e della sua veste frusciante suscita in me l’ammirazione che si deve ai santi”.

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