ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Archivi per il mese di “settembre, 2025”

27 settembre a Reggio Calabria:Anpc e Anei insieme per ricordare gli Imi

Si conclude la settimana della memoria promossa da Anpc ed Anei a Reggio Calabria: questa mattina 27 settembre si è svolta una partecipata celebrazione presso la chiesa di San Francesco Saverio in Reggio Calabria. Della celebrazione eucaristica durante la sua omelia parlando degli internati Don Antonio Iero, celebrante per l’occasione, ha messo in risalto il grande sacrificio fondato sulla fede Cristiana unita al forte senso di patria da parte degli internati militari. Ed il loro esempio per traversie passate nei campi di concentramento può essere di esempio contro tutti quei piccoli grandi campi di concentramento in cui la vita ci rinchiude ogni giorno. Durante la celebrazione è stata inoltre Donata alla chiesa una icona del beato Teresio Olivelli. A seguire un breve incontro in cui si sono succeduti interventi di tutte le associazioni presenti tra cui ricordiamo la componente Nazionale sommergibilisti dell’Associazione Nazionale marinai d’Italia, l’associazione Nazionale mutilati ed invalidi di guerra, l’associazione culturale calliurghia di Bova Marina che ha in mente di realizzare per il 27 gennaio prossimo un monumento in memoria degli internati. Una breve introduzione È stata svolta dal nostro referente locale Gianluca Tripodi il quale ha una volta di più rimarcato l’accento sulla coralità e sul senso di forza della fede e di amore di patria che ha spinto gli internati anche fino all’estremo sacrificio. Le conclusioni sono state affidate a Nicola Marazzita presidente provinciale dell’Associazione Nazionale ex internati il quale ha rimarcato i no detti più volte dagli internati militari al nazismo ed al fascismo per non tradire la propria patria e per tenere alto il loro senso di onore e dignità, in questo senso retti anche da una grande Fede in Dio rivitalizzata molto spesso dall’opera importante dei cappellani militari nei campi di concentramento.

Via don Giuseppe Borea, la strada a Bettola intitolata al sacerdote fucilato dai fascisti

Bettola, paese nella montagna piacentina, ha ora una via nuova intitolata a don Giuseppe Borea, il sacerdote piacentino, parroco di Obolo, che fu fucilato dai nazifascisti il 9 febbraio del 1945. La strada dal capoluogo valnurese sale verso Prato Barbieri là dove don Borea si prodigò durante la Guerra per aiutare tutti coloro che ne avevano bisogno.

Sabato 20 settembre si è svolta la cerimonia inaugurale alla presenza del sindaco di Bettola, Paolo Negri, delle delegazioni ANPC Piacenza: guidata dal presidente Mario Spezia, accompagnato dal vice presidente, nonché nipote del sacerdote, Giuseppe Borea, dai membri del Consiglio: Giuseppe BoreaEnzo Caprioli, Giuseppe Ardizzi e Mario Agnelli e ANPC Parma e Bedonia, guidata da Vincenzo Genco;  di Attilio Ubaldi vice prefetto vicario di Piacenza e in rappresentanza della FIVL di Parma, di Salvatore Scafuto, in rappresentanza del Comune di Piacenza, di Giuseppe Previdi, Vice Sindaco del Comune di Gropparello, di Bianca Rapaccioli del Comune di Morfasso, di Stefano Pronti dell’ANPI provinciale, di Marco Bergonzi, presidente ACER Piacenza, e di altre istituzioni pubbliche e di diversi cittadini. “Questa intitolazione ripercorre una strada, ha detto il sindaco di Bettola Paolo Negri “segnata da luoghi simbolo della nostra libertà a cominciare da Rio Farnese, dove furono barbaramente trucidati 20 giovani a gennaio del 1945, e poi il Passo dei Guselli, dove i nazifascisti compirono un altro efferato crimine contro i partigiani e più avanti c’è Obolo, il paese di don Borea” dal quale fu strappato per essere sacrificato. Qui c’è uno spaccato di storia della resistenza – ha continuato il sindaco -, di giovani che ritenevano di essere dalla parte giusta della lotta, che hanno dato la vita, come don Borea”. 

Ha poi preso la parola Mario Spezia, per l’orazione ufficiale 

La multiforme opera di carità di don Borea durante la Resistenza contempla anche un altro aspetto, non visibile, apparentemente secondario, ma non meno importante: “l’amore è più forte dell’odio”.

Questo aspetto lo accomuna al beato Teresio Olivelli, ufficiale che, tornato dalla campagna di Russia dove rimaneva indietro sul campo per soccorrere i feriti e parlare del Vangelo ai moribondi, si preoccupava di contattare personalmente i familiari dei soldati morti.

Una lettera preziosissima, datata 4 gennaio 1946, e’ testimone di un incontro. A parlare e’ un confratello di don Borea, don Aurelio Sala, parroco di Olmo di Bettola:

”A meta’ strada fra chiesa e cimitero incontro il defunto d. Giuseppe Borea in veste talare, cotta, stola violacea e soprabito sulle spalle, e tre partigiani che mi furono presentati come tre commissari. Vengono in casa. Don Giuseppe si lava le mani, lorde anche di sangue perche’ aveva amministrato l’olio santo ai 5 fucilati”. Cesare Bondioli, Romano Rimondini, Roberto Mutti, Giuseppe Vincini, Ettore Poggi. Sono questi i nomi dei cinque repubblicani fucilati. Il primo, Cesare Bondioli, e’ di Bologna ed e’ amico personale del Duce. E’ giornalista e direttore amministrativo de ”Il Resto del Carlino”. Ha un anno in meno di don Giuseppe. E’ il 6 settembre 1944 e l’esecuzione e’ appena avvenuta presso il cimitero di Olmo. Il parroco che era lontano dalla canonica per seguire alcuni affari con i suoi mezzadri, e’ stato avvertito dal nipote e ora sta tornando nella sua parrocchia. Sulla strada, incontra il gruppo di partigiani insieme al cappellano e li invita a entrare in canonica.”Conversando qualche momento don Giuseppe mi fece vedere un biglietto scritto a matita copiativa dal fucilato Bondioli: lessi appena le prime parole, essendo gli altri di premura; diceva: ”Cara moglie, l’ ora suprema e’ arrivata, sii forte…”. Passa qualche settimana e un lunedi don Sala si incontra a Bettola con ”il povero don Giuseppe”. Racconta il parroco di Olmo: ”Fra le altre cose gli chiesi: ”Come hai fatto don Giuseppe, a far scrivere quel biglietto, discretamente lungo, al defunto Bondioli?”.”Se sapessi, caro don Aurelio, che fatica! Lo presi sotto il mio ombrello (poiche’ piovigginava), lo nascosi dietro la mia persona, discretamente alta e larga per il soprabito sulle spalle, gli slegai le mani e gli permisi di scrivere, quantunque i partigiani, alle mie spalle, un po’ lontani, brontolassero per l’ eccessiva lunghezza di quella confessione”. A quel punto don Sala gli chiese di fargli rivedere il biglietto e don Giuseppe gli spiega: ”l’ho a casa tutto in pezzi perche’ il commissario di Prato Barbieri, cui lo feci vedere, me l’ ha strappato, io pero’ lo tengo”. Sembra di vederlo don Giuseppe, che davanti a questo gesto di disprezzo non si scoraggia, e, chino a terra, raccoglie disperatamente quei brandelli di vita che ha promesso di consegnare alla moglie del Bondioli. 

A don Borea ben si addice quanto indicato nell’Antifona di ingresso della Liturgia di oggi a ricordo dei Santi Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e compagni martiri coreani della metà del 1800: “Il sangue dei martiri per Cristo fu sparso sulla terra; in cielo essi raccolgono il premio eterno”.

Così è per don Giuseppe Borea per il quale l’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani di Piacenza ha fatto richiesta al Vescovo di Piacenza di avviare il processo diocesano di canonizzazione. Il nipote del prete martire che porta lo stesso nome dello zio, Giuseppe Borea ha poi letto la lettera a firma di mons. Lino Ferrari, rettore del Seminario e della basilica di San Marco a Bedonia, impossibilitato a presenziare personalmente. “Accolgo con piacere – scrive mons. Ferrari- la notizia dell’intitolazione di una via a Bettola a don Giuseppe Borea che è stata alunno del Seminario bedoniese. Mi auguro che presto anche don Giuseppe Borea possa essere annoverato, come già don Giuseppe Beotti, nella schiera dei Beati e dei Santi dei quali può gloriarsi la nostra diocesi: le loro virtù eroiche sono un forte appello per la nostra vita troppo spesso segnata da mediocrità; la loro intercessione si asegno di speranza per un mondo tormentato, ma che anela alla pace e alla fraternità”.

La cerimonia si è conclusa con la scopertura e la benedizione della targa impartita da don Davide Maloberti, parroco della vicinai Bramaiano e direttore del settimanale diocesano “Il Nuovo Giornale”.

Foto del la cerimonia inaugurale di via don Giuseppe Borea a Bettola.

Come braci sotto la cenere: a Brescia il 28 settembre 2025

82° anniversario del sacrificio di Salvo d’Acquisto

Oggi 23 settembre 2025, si ricorda il sacrificio di Salvo D’Acquisto, protagonista di un gesto eroico che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento etico per tutti noi.

Nato a Napoli il 15 ottobre 1920, primo di cinque figli, crebbe in una famiglia profondamente cristiana. Studiò presso istituti salesiani e frequentò l’Azione Cattolica. Non completò gli studi superiori, ma coltivava una forte sensibilità culturale.

Si arruolò volontario nell’Arma dei Carabinieri Reali il 15 agosto 1939, all’età di diciotto anni, entrando nella Scuola Allievi Carabinieri di Roma. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale partecipò alla campagna del Nord Africa con la 608ª sezione carabinieri, dove fu ferito a una gamba nel 1941 in Libia. Nel 1942 venne ammesso alla Scuola Centrale Carabinieri Reali di Firenze, frequentando un corso accelerato per vicebrigadieri. Il grado gli fu conferito il 15 dicembre 1942 e pochi giorni dopo fu destinato alla stazione di Torre in Pietra, vicino Roma. Dopo l’8 settembre 1943, reparti tedeschi della 2ª divisione paracadutisti si accamparono nella zona di Palidoro.

La sera del 22 settembre, alcuni soldati tedeschi, rovistando tra casse di munizioni abbandonate all’interno della Torre di Palidoro – già sede della Guardia di Finanza – provocarono un’esplosione accidentale che causò la morte di alcuni di loro. I comandi germanici, convinti che si trattasse di un attentato, decisero di fucilare per rappresaglia ventidue civili rastrellati sul posto.

D’Acquisto, temporaneamente comandante della stazione in assenza del maresciallo titolare, fu costretto ad assistere alla preparazione della fucilazione. Cercò invano di spiegare che si era trattato di un incidente, ma di fronte alla determinazione dei tedeschi prese una decisione estrema. Dichiarò di essere l’autore dell’attentato che in realtà non era mai avvenuto. Così facendo ottenne la liberazione degli ostaggi e venne fucilato al loro posto. Prima di cadere gridò: «Viva l’Italia!». Aveva appena ventidue anni.

Il comportamento di Salvo D’Acquisto colpì persino i suoi carnefici: “Il vostro brigadiere è morto da eroe, impassibile anche di fronte alla morte”.

Il sacrificio di Salvo D’Acquisto non fu soltanto un atto di eroismo individuale, ma l’incarnazione dello spirito di servizio e della fedeltà al giuramento prestato. La Repubblica Italiana gli ha conferito la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Le sue spoglie, inizialmente inumate a Palidoro, furono traslate prima a Napoli e poi, nel 1986, nella Basilica di Santa Chiara. Nel 2025 papa Francesco lo ha dichiarato “Venerabile” nell’ambito della causa di beatificazione. Oggi scuole, vie, piazze e caserme portano il suo nome, testimonianza viva di un esempio che continua a parlare alle nuove generazioni.

Immagine elaborata per la commemorazione di Salvo D’Acquisto da Gianluca Tripodi, referente ANPC Reggio Calabria.

Prima Giornata Nazionale degli IMI

Come Anpc tramite il referente per Reggio Calabria Gianluca Tripodi abbiamo partecipato a Cittanova su invito dell’Anei ad una interessantissima e partecipata iniziativa che ha visto diversi interventi e testimonianze di parenti di internati. È stato anche proiettato il topo film prodotto da Anei TUTTI I NOSTRI NO, che ha suscitato grande commozione tra tutti i presenti. Nel suo intervento Gianluca Tripodi ha rimarcato la necessità di considerare la resistenza degli internati militari come una grande Resistenza di natura patriottica e non ideologica e che merita ancora ulteriori approfondimenti per i tanti episodi che sono ancora coperti dall’oblio. Si è poi rinnovato l’appuntamento per giorno sabato 27 settembre a Reggio Calabria nel quadro della iniziativa che vedrà al centro un ricordo del beato internato Teresio Olivelli e che concluderà questa ideale settimana della memoria degli internati militari italiani.

Oggi e’ la Giornata Mondiale dell’Alzheimer

Dedichiamo un pensiero agli Ammalati e a tutte le persone che si occupano di loro, con generosità e grande sacrificio.

Oggi si ricorda il Beato Rosario Angelo Livatino Laico, martire

Canicattì, 3 ottobre 1952 – tra Canicattì e Agrigento, 21 settembre 1990.

Rosario Angelo Livatino nasce a Canicattì, in provincia e diocesi di Agrigento, il 3 ottobre 1952, unico figlio di Vincenzo, funzionario dell’esattoria comunale di Canicattì, e di Rosalia Corbo. Negli anni del liceo studia intensamente, inoltre s’impegna nell’Azione Cattolica. Si laurea in giurisprudenza a Palermo nel 1975. A ventisei anni, nell’estate del 1978, fa il suo ingresso in Magistratura. Dopo il tirocinio presso il Tribunale di Caltanissetta, il 29 settembre 1979 entra alla Procura della Repubblica di Agrigento come Pubblico Ministero. Per la profonda conoscenza che ha del fenomeno mafioso e la capacità di ricreare trame, di stabilire importanti nessi all’interno della complessa macchina investigativa, gli vengono affidate delle inchieste molto delicate. E lui, infaticabile e determinato, firma sentenze su sentenze: è entrato ormai nel mirino di Cosa Nostra. Il 21 settembre 1990 mentre sta percorrendo, come fa tutti i giorni, la statale 640 per recarsi al lavoro presso il Tribunale di Agrigento, viene raggiunto da un commando di quattro sicari e barbaramente trucidato. L’Italia scopre nel suo sacrificio l’eroismo di un giovane servitore dello Stato che aveva vissuto tutta la propria vita alla luce del Vangelo. La sua beatificazione è stata celebrata nella cattedrale di San Gerlando ad Agrigento, il 9 maggio 2021, sotto il pontificato di papa Francesco. I suoi resti mortali sono venerati presso la cappella della sua famiglia, nel cimitero di Canicattì, mentre la sua memoria liturgica cade il 29 ottobre, giorno anniversario della sua Cresima.

Preghiamo affinché il Signore nostro Gesù Cristo, per intercessione del Beato Angelo Rosario Livatino, ci conceda la forza ed il coraggio di compiere al meglio il nostro dovere.

10 settembre 1943: la battaglia di Piombino

Su invito del Sindaco di Piombino dott. Francesco Ferrari e del Vice Sindaco dott. Luigi Coppola l’ANPC è stata invitata a presenziare la manifestazione in ricordo della battaglia di Piombino avvenuta il 10 settembre 1943. In rappresentanza dell’ANPC hanno risposto a tale invito la vicepresidente Cristina Olini e il consigliere Gianfranco Noferi.

Nel suo messaggio Cristina Olini ha ribadito la presenza dei partigiani cattolici nella Resistenza.

Il 10 settembre 1943 Piombino scrisse una pagina luminosa nella storia della Resistenza italiana. In un’Italia allo sbando, dopo l’armistizio e la fuga delle alte cariche dello Stato, Piombino non si arrese. La città era già animata da sentimenti antifascisti ben prima di quei giorni, con manifestazioni di entusiasmo fin dal 25 luglio e la formazione di un Comitato antifascista locale. All’alba di quel giorno, le navi tedesche si avvicinarono al porto con l’intento di occupare la città. Le autorità militari erano divise, ma fu il popolo a scegliere: resistere.

Quando le autorità militari italiane, col comandante De Vecchi, ordinarono inizialmente di non aprire il fuoco, quel comando fu disatteso. Le strade si riempirono di uomini e donne decisi a difendere la libertà. Operai, marinai soldati e altri civili si armarono con quanto trovarono: fucili, bombe, persino esplosivi da pesca e diedero vita a una difesa accanita che costrinse i tedeschi a una pesante sconfitta. Quella di Piombino viene considerata come una delle prime battaglie della Resistenza italiana, immediatamente successiva all’armistizio.

Fu una vittoria breve, ma potente. L’ordine del generale De Vecchi portò al rilascio dei prigionieri e alla successiva occupazione della città il 13 settembre. Ma da quella notte nacque la Terza Brigata Garibaldi, che contribuì alla liberazione del territorio fino al 25 giugno 1944. Non fu solo battaglia, ma il valore di una comunità che scelse la dignità, la libertà e la giustizia.

E questo valore è stato riconosciuto con conferimento della Medaglia d’Oro al Valor Militare al gonfalone della città di Piombino da parte del Presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2000 dopo una lunga forse troppo lunga vicenda un riconoscimento dovuto non solo al valore all’eroismo delle gesta dei residenti ma il fatto che soldati e marinai si unirono ai cittadini operai e patrioti e impugnarono le armi a difesa della dignità della Patria. Il riconoscimento rappresenta l’apprezzamento non solo del suo contributo alla lotta di liberazione ma anche il premio per la sua scelta di valori democratici di libertà di partecipazioni popolari che fin dall’immediato dopoguerra determinò un grande slancio la ricostruzione delle fabbriche bombardate e sabotate un pronunciamento quasi unanime per la Repubblica il 2 giugno 1946, ma soprattutto in questo atto voluto dalla Repubblica italiana, a chiunque può riconoscere il segno della vitalità dei valori della Resistenza.

Camaldoli convegno su: “Le donne cattoliche dalla Resistenza alla Costituente”

Convegno a Camaldoli su “Le donne cattoliche dalla Resistenza alla Costituente” (28 agosto 2025)

Silvia Costa moderatrice. Relatrici: Flavia Nardelli, Maria Luisa Sergio, Suor Maria Grazia Lo Parco, Francesca Cavarocchi.

Campo le Fraschette di Alatri: giornata di sensibilizzazione europea

Esplorando la memoria e lo spostamento: visite di studio e workshop fotografico. I partecipanti per tre giorni prenderanno parte a lezioni, dibattiti, visite sul campi di concentramento e a workshop fotografici pratici. Questa attività è organizzata nell’ambito del progetto “Power of Personal Stories in Confronting Oblivion (PPSCO)”, finanziato dall’Unione Europea attraverso il programma CERV – European Remembrance.

Venerdì 19 saranno ad Alatri 25  partecipanti di varie nazionalità, per esplorare la storia e la memoria del campo di internamento di Le Fraschette di Alatri, uno dei più grandi campi fascisti d’Italia, e il suo ruolo postbellico come centro di accoglienza per sfollati. Esamineranno un sito di internamento fascista, di sfollamento forzato e le politiche della memoria e dell’oblio in Europa.

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