Storia del comandante partigiano Luigi Pierobon
Pubblichiamo questo articolo uscito su Il Dolomiti intitolato: “”Muoio tranquillo. Il signore mi accolga fra i suoi in cielo. È l’unico augurio e più bello che mi faccio”. Storia del comandante partigiano Luigi Pierobon.
Fucilato a ventidue anni è stato il primo comandante della brigata partigiana “Stella”, che operò in Valle dell’Agno. Un approfondimento necessario dopo lo sfregio alla targa commemorativa della via a lui dedicata nella città laniera.
Se i vandali che hanno deturpato la targa dedicata a Luigi Pierobon a Valdagno, in provincia di Vicenza, avessero letto con attenzione le note biografiche che seguono il suo nome magari avrebbero esitato prima di incidervi una svastica. O forse l’obiettivo era proprio la vita esemplare di Pierobon. Un nome che ancora oggi in valle dell’Agno dice qualcosa, e non soltanto agli appassionati di storia e ai cultori della memoria.
Una vita tanto luminosa, la sua, da rendere ancora più oscuro il gesto che, lungi dall’infangarne l’immagine, l’ha probabilmente fatta riscoprire anche a chi non conosce la storia della Valle dell’Agno durante la Resistenza.
La notizia ha scatenato l’indignazione a Valdagno, città medaglia d’argento al Valor Militare per attività partigiana. Condanna ferma e unanime da parte del sindaco, dell’ANPI e di diversi rappresentanti politici. Ma chi era Luigi Pierobon? E perché la sua figura è ancora oggi tanto sentita in vallata?
Pierobon nasce a Cittadella, in provincia di Padova, il 12 aprile 1922. Cresce in una famiglia numerosa, nutrita di valori cristiani ed etica civile. Attratto dagli studi umanistici, dopo il liceo si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Padova, sostenendo con successo numerosi esami fino all’autunno 1943, quando ormai è a un passo dalla laurea. Nel frattempo è chiamato alle armi e a partire dal febbraio 1943 frequenta un corso allievi ufficiali, prima sul Carso e poi in Toscana.

Con l’8 settembre lo studente Pierobon matura la sua decisione: salire in montagna per opporsi a un regime e a una visione del mondo che contrastano totalmente coi suoi ideali. Nell’inverno, assieme ad altri giovani padovani, entra in contatto coi primi gruppi partigiani che operano sulle montagne del vicentino. Come ben ricostruito da Giorgio Fin e Giancarlo Zorzanello nel loro saggio Con le armi in pugno, Pierobon è in alta valle del Chiampo dai primi di marzo 1944. Lo chiamano “Professore”, epiteto che diviene il suo primo nome di battaglia.
In una lettera alla famiglia, datata 6 marzo 1944, Pierobon scrive: “Ripenso ai tempi in cui […] eravamo giovani e tranquilli. Ora pensieri ce ne potrebbero essere, ma si è giovani. A 20 anni non è il tempo delle tristezze e dei dubbi, ma degli ideali e delle forti decisioni”.
Dapprima presente nel gruppo partigiano riunito da Giuseppe Vero “Marozin”, Pierobon, per divergenze di visione e di metodo con il controverso capo partigiano, passa presto al gruppo guidato da un altro padovano, Clemente Lampioni “Pino”, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo.
Fin dalle prime settimane il giovane laureando viene apprezzato per carattere e capacità, tanto che quando “Pino” viene ferito, Pierobon viene scelto come comandante dai suoi compagni. Poche settimane dopo, il 17 maggio 1944, a malga Campetto si forma la brigata “Ateo Garemi”: dei due battaglioni che la compongono, l’“Apolloni” e lo “Stella”, entrambi dedicati a partigiani caduti, quest’ultimo è affidato proprio a Pierobon, che ne diviene comandante.
Così, a 22 anni, Pierobon diviene “Dante”, nome di battaglia che rispecchia il suo amore per la letteratura. In questa veste progetta azioni, puntate, sabotaggi, tesse relazioni, sempre facendosi notare per la mitezza di carattere e la serenità di giudizio. Fra i giovani con cui entra in contatto c’è Alfredo Rigodanzo, un giovane liceale di Selva di Trissino, suo coetaneo, destinato a diventare commissario politico della formazione dopo l’uccisione di “Pino”.
Fra le azioni partigiane progettate da Pierobon, una delle più brillanti avviene nella notte fra il 23 e il 24 luglio 1944, quando una cinquantina di partigiani riesce a penetrare nel campo del Sottosegretariato alla Marina della RSI di Montecchio Maggiore e, senza perdite né per i partigiani né per i marinai repubblichini, disarma l’intero presidio e preleva diciotto milioni di lire in contanti e titoli.
La quasi totalità di quella somma, eccettuata una parte che viene trattenuta per finanziare la formazione, sarà portata a Padova, al comando del CLN regionale da una giovanissima staffetta, Teresa Peghin “Wally”, scomparsa pochi giorni fa a cento anni. Partigiana valorosa, “Wally”, a cui i fascisti uccideranno il padre a un mese dalla Liberazione, sarà decorata nel dopoguerra con croce al Valor Militare.
È un colpo straordinario, che porta moltissimi giovani vicentini a salire in montagna e ingrossa le file del battaglione “Stella”, che dall’8 agosto viene promosso brigata. Sono proprio i successi della formazione guidata da Pierobon a spingerlo inconsapevolmente verso la morte. Il 15 agosto 1944 scende a Padova per incontrare i vertici del CLN regionale e per prendere contatti con altri giovani da aggregare alla brigata. Viene però arrestato su delazione. Anche Clemente Lampioni subisce in quei giorni la stessa sorte.
Interrogato e torturato, Pierobon non rilascia informazioni. Due giorni dopo viene fucilato alla caserma di Chiesanuova; “Pino” è invece impiccato in via S. Lucia, in centro a Padova. Al sacerdote che lo assiste prima dell’esecuzione, “Dante” domanda il necessario per scrivere un’ultima lettera da indirizzare alla famiglia. Così descrive i suoi ultimi momenti di prigionia: “Ho appena fatta la SS. Comunione. Muoio tranquillo. Il signore mi accolga fra i suoi in cielo. È l’unico augurio e più bello che mi faccio. Pregate per me”.
Ormai di fronte al plotone di esecuzione, risponde con sdegno alla proposta di aver salva la vita in cambio della collaborazione. Queste le sue parole: “Siete servi venduti. Noi moriamo per l’Italia”.
Luigi Pierobon verrà decorato alla memoria con la medaglia d’oro al valor militare. Il suo nome, accanto a quello di altri 106 studenti caduti, è oggi inciso al palazzo del Bo, sede dell’Università di Padova, a cui pure stata concessa la medaglia d’oro per il contributo dato alla lotta per la Libertà.
Articolo a cura di Michele Santuliana




l’ignoranza, l’indifferenza e la vigliaccheria del gesto di sfregio alla lapide in ricordo di Luigi Pierobon mi lasciano sgomento a pensare cosa spinge questi autori vigliacchi a prendersela con un personaggio di questa così alta statura morale. Perché?
Cesare Bernabei