ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Archivi per il mese di “gennaio, 2025”

Giorno della Memoria 2025 a Reggio Calabria

Il 27 gennaio 2025 l’Anpc di concerto con l’ANEI ha promosso una commemorazione presso la pietra d’inciampo, in ricordo dei deportati e degli internati calabresi, posta lungo la via Giudecca che è una via Centrale di Reggio Calabria. All’evento erano presenti moltissime associazioni combattentistiche e d’Arma tra cui l’Associazione Nazionale Marinai, l’Associazione Nazionale Aeronautica, l’Associazione Nazionale Sottoufficiali d’Italia, l’unione Carristi d’Italia e l’associazione Nazionale Astroverde. Tra le associazioni antifasciste era presente l’Associazione Ampa 25 Aprile. L’evento è stato anche ulteriormente impreziosito dalla presenza di sua eccellenza il prefetto di Reggio Calabria, dottoressa Vaccaro, che ha preso parte alla commemorazione. Per il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà ha partecipato l’assessore Costantino. La manifestazione ha visto anche la partecipazione di molte Autorità locali ed ha suscitato grande interesse.

Ognuno ha portato una propria riflessione sul 27 gennaio e sul suo valore. Punto centrale dell’evento “Un fiore per la memoria” è stata la deposizione di un mazzo di fiori accanto alla pietra d’inciampo e l’intonazione del silenzio a ricordo dei caduti della libertà.

29 gennaio 2025: 81° anniversario dell’arresto di don Pietro Pappagallo

Il 29 gennaio si è tenuta a Roma, in via Urbana, la cerimonia di commemorazione in memoria di don Pietro Pappagallo, nella ricorrenza e nel luogo del suo arresto avvenuto nel 1944. Alla commemorazione, organizzata dalle sezioni ANPI Esquilino-Monti-Celio ”Don P. Pappagallo” e ANPI Appio, hanno preso parte l’assessore alla memoria del I° Municipio di Roma e il consigliere nazionale ANPC Gianfranco Noferi.

Nel suo intervento, è stato posto l’accento sulla figura eroica di don Pappagallo, il cui sacrificio si unì a quello di 316 religiosi uccisi dai nazifascisti dal 1943 al 1945. Ed è stata ricordato  il  grande contributo dei religiosi e delle religiose alla lotta di Liberazione: sacerdoti, suore, monaci, presbiteri e diaconi, che a rischio della vita sostennero i partigiani, spesso giovanissimi, condividendo con loro i pericoli della clandestinità e supportandoli nelle città, nelle campagne, in montagna, nascondendo le armi, dando rifugio ai perseguitati, agli ebrei  e ai combattenti, operando allo sviluppo della capillare rete informativa del movimento partigiano, militando come cappellani militari nelle formazioni armate, operando nei servizi di assistenza sanitaria per curare i feriti, portando ai partigiani e alle partigiane incarcerate il conforto di notizie dal mondo esterno, mediando nello scambio di prigionieri, ospitando negli oratori, nelle chiese, nei conventi e nei monasteri le riunioni clandestine dei CLN e dei combattenti del CVL, condividendo la sorte dei loro parrocchiani trucidati nelle stragi perpetuate dai nazifascisti. E ha ricordato l’eccezionale e non ancora sufficientemente conosciuto apporto alla Resistenza delle suore negli istituti religiosi, negli ospedali, negli orfanotrofi, in tutti i luoghi coinvolti nella guerra di liberazione. E come è ancora poco conosciuto l’enorme apporto alla Resistenza da parte delle donne, come combattenti, come infermiere, come staffette, come promotrici delle proteste popolari contro i nazifascisti. In conclusione del suo intervento, ha ripreso le parole pronunciate da Monsignor Giovanni Barbareschi, il fondatore dell’OSCAR (Organizzazione Soccorso Cattolico Antifascisti Ricercati, le cui riunioni si svolgevano presso il Collegio San Carlo di Milano),  che a Milano,  il 22 aprile 2009,  in un convegno sulle Suore e la Resistenza coordinato dallo storico  Giorgio Vecchio, propose che ovunque vi sia stato un istituto di suore che collaborò con la lotta di Liberazione sia dedicata una strada “Via suore della Resistenza”.

Un momento particolarmente significativo è stato quando Noferi ha dato lettura del messaggio inviato da  S.E. Card. Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Ecco il testo: “Quest’anno ricorderemo gli ottanta anni dalla fine della guerra, che ha significato la sconfitta delle ideologie che l’hanno causata, delle ideologie razziste e totalitarie. Una notte terribile che ha visto delle stelle che annunciavano l’alba, delle sentinelle che hanno atteso il nuovo giorno e hanno, a costo della loro vita, donato speranza. Ecco: speranza di un futuro diverso nella pandemia terribile della guerra e dell’odio. Per questo onoriamo don Pappagallo, ucciso alle fosse ardeatine. Celebrò la sua prima messa nel 1915 e scrisse nel suo ricordino: «Sgomenti degli orrori di una guerra che travolge popoli e nazioni, ci rifugiamo, o Gesù, come scampo supremo, nel Vostro amatissimo Cuore; da Voi, Dio delle misericordie, imploriamo con gemiti la cessazione dell’immane flagello; da Voi, Re pacifico, affrettiamo coi voti la sospirata pace. Dal Vostro cuore divino Voi irradiaste nel mondo la carità perché tolta ogni discordia, regnasse tra gli uomini soltanto l’amore». Uomo generoso, senza sconti e tendente al dono di sé senza riguardi, amico dei poveri e per questo dalla loro parte, rende la casa delle Oblate del Bambino Gesù di via Urbana un luogo di accoglienza dove amici e persone in difficoltà trovano un rifugio generoso.  Militari sbandati, perseguitati politici, alcuni ebrei trovarono rifugio, speranza sopravvivenza. Molte sono le testimonianze che lo ricordano animato da carità cristiana, sorridente e più preoccupato per la sorte altrui che per la propria. E’ la loro speranza che ha sconfitto il demone della guerra e il paganesimo idolatrico e disumano del nazifascismo. Questa speranza nasceva per don Pietro dal Vangelo e dall’imperativo di difendere la persona umana. È la speranza che il suo ricordo accende nel nostro cuore, per affrontare tutto ciò che oggi minaccia la persona, per sconfiggere l’odio e per difendere il pacifico e democratico vivere delle nazioni. La sua memoria é luce”.

30 gennaio 2025 – Ricordo della fucilazione di Don Pasquino Borghi

Oggi 30 gennaio 2025 a Reggio Emilia, poligono di tiro, il ricordo della fucilazione di Don Pasquino Borghi e dei martiri del 30 gennaio. Presente l’Anpc con il suo labaro.

Il ricordo di Beppe Pagani: “A distanza di un mese dal ricordo della fucilazione dei 7 fratelli Cervi e di Quarto Camurri siamo ancora qui, in questo luogo, a ricordare l’uccisione di altri eroi della resistenza reggiana: Don Pasquino Borghi che venne fucilato, senza alcun processo, insieme agli antifascisti Ferruccio Battini, Romeo Benassi, Umberto Dodi, Dario Gaiti, Destino Giovannetti, Enrico Menozzi, Contardo Trentini ed Enrico Zambonini. Il 7 gennaio 1947, in occasione delle celebrazioni della nascita del Tricolore, il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, consegnò alla madre di Don Pasquino, la Medaglia d’oro al Valor militare alla memoria del figlio.

Don Pasquino, nato a Bibbiano nel 1903 da una famiglia di origine contadina ed ordinato sacerdote nel 1930, esercitò il suo magistero all’insegna di una “radicalità spirituale” che lo avrebbe indotto a misurarsi con scelte impegnative. Infatti, prima l’esperienza missionaria in Sud-Sudan come padre comboniano (1930-1937), poi il passaggio alla severa vita contemplativa nella Certosa di Farneta (1938-1939) e quindi l’attività profusa nelle parrocchie di Canolo di Correggio e di Tapignola a Villa Minozzo all’inizio degli anni Quaranta, sono le tappe principali di una biografia interrotta prematuramente dai drammatici eventi della seconda guerra mondiale. Fin dal periodo trascorso nella parrocchia di Canolo, il sacerdote nel corso della sua azione pastorale non mancò di assumere posizione contro la guerra condotta dall’Italia fascista a fianco della Germania nazista; in seguito, dopo essere divenuto parroco di Coriano – Tapignola nell’alto appennino reggiano, l’armistizio dell’8 settembre 1943 impose a don Borghi una decisa scelta di campo: entrato nel movimento partigiano con il nome di battaglia di “Albertario”, il parroco fece della canonica di Tapignola un rifugio di perseguitati, di ex prigionieri alleati in fuga dai tedeschi, militari sbandati e partigiani. 

La sua canonica rappresentò un importante punto di riferimento nell’ospitare e indirizzare verso il Sud, attraverso il valico dell’Appennino e la Linea Gotica, i prigionieri alleati nonché per il movimento della Resistenza in provincia di Reggio Emilia. Ospitava chiunque. Come faceva pure Don Battista Pigozzi Parroco di Cervarolo, ucciso nell’aia di Cervarolo con la sua comunità, che disse un giorno alla nipote «io non guardo a italiano, inglese o tedesco; io faccio la carità, e se hanno fame non li lascio senza mangiare e non ho paura di niente perché faccio quello che comanda il Signore». Don Pasquino e Don Battista erano due tappe in quella ‘via delle canoniche’ che salvò tantissime vite permettendo un rifugio fra i monti o addirittura l’attraversamento del fronte. A beneficiarne furono soldati alleati che fuggivano dalla prigionia (oltre 3000!), renitenti alla leva (condannati a morte!), ebrei, perseguitati politici, famiglie comuni e i primi partigiani. Proprio sulla via delle canoniche la disobbedienza civile al potere malvagio dei tedeschi e dei fascisti spesso incontrò, legandosi ad essa, la volontà di quanti volevano combattere gli oppressori. Nell’Italia allo sbando, del Re in fuga e dell’esercito liquefatto furono anche  le canoniche e furono i preti, con il loro millenario mandato di carità, ad attirare l’attenzione di chi cercava un riparo. Anche fra i partiti e fra i ribelli. Anche sulla via delle canoniche, non per opere eroiche e non per odio, sbocciò la Resistenza.  Questo è un elemento che non va sottovalutato,che non dobbiamo dimenticare insieme a nomi e luoghi: Don Angelo Cocconcelli parroco di San Pellegrino sede del CLN, Don Enzo Boni Baldoni (parroco di Quara), Don Domenico Orlandini (Poiano), Don Venerio Fontana (Minozzo) e poi Febbio, Secchio, Gazzano, Fontanaluccia, Bismantova e tante altre. 

Una simile attività di accoglienza, di sostegno di appoggio al movimento resistenziale non poteva passare inosservata e tedeschi e fascisti erano sempre in attesa del pretesto per sopprimerne i protagonisti. Lo dimostrano gli orrori di Cervarolo e l’assalto tedesco alla chiesa di Casaglia di Montesole nel Bolognese: camicie nere e camicie brune sono immuni dal secolare rispetto dei luoghi di culto e dei loro pastori. Il pretesto per arrestarlo viene da uno scontro a fuoco (senza vittime né feriti) provocato ad arte dai fascisti nella sua canonica il 21 gennaio 1944. Il pretesto per la morte lo fornisce l’uccisione di alcuni militi fascisti durante la sua reclusione.  La condanna alla fucilazione proprio qui nel Poligono di Tiro di Reggio Emilia è molto eloquente: «concorso in omicidio» per aver «alimentato l’atmosfera dell’anarchia e della ribellione e determinato gli autori materiali degli assassini a compiere i delitti» oltre ad essersi macchiato di «favoreggiamento ed ospitalità ad una banda armata ribelle e a prigionieri nemici».  L’intento era quello di mostrare come l’aiuto e la carità a stranieri, renitenti e ribelli fossero puniti con la morte. Doveva essere una morte esemplare.  Don Pasquino, “Ribelle per amore” rimase  fedele fino alla morte, a «quello che comanda il suo Signore». Morì baciando e benedicendo tutti quelli che erano con lui che pure erano di provenienza diversa, ideale e politica, ma uniti nella stessa scelta. 

Lasciandoci, anche nell’ultima ora, l’esempio di una fratellanza, di una capacità di condivisione nella comune scelta della difesa della libertà, nell’impegno per umanizzare la vita, le relazioni contro ogni forma di sopruso di violenza un’azione che va oltre ogni fede politica e religiosa e credo, ponendo, così le premesse , di quello che poi sarà il comune sforzo costituzionale e che impegna anche noi in questo nostro tempo per la difesa della democrazia. Don Pasquino è un martire, è un patrimonio non solo per la chiesa, ma per tutta la comunita’ reggiana. A distanza di 81 anni, se il nostro compito di cittadini è capire il nostro tempo, resistere e combattere tutte le forme di rigurgito fascista e assumerci le responsabilità di ciò in cui crediamo …Don Pasquino è un esempio preziosissimo. 

Concludo ricordando le ultime  parole di una poesia di don Giuseppe Dossetti su don Pasquino “da quella ferita attingiamo la memoria della carità, del dono senza condizioni e rimpianti. Vennero per noi i giorni del compromesso, talvolta dell’infedeltà. Oggi, però, ricordandoti, sentiamo che ci è data una nuova occasione, perché l’amore si rigenera sempre, come un albero tagliato, a primavera».”.

La testimonianza dei cristiani nei lager

Pubblichiamo una iniziativa di Anpc Sezione Tigullio: “La testimonianza dei cristiani nei lager. L’esempio di San Massimiliano Maria Kolbe” il 2 febbraio 2025 alle ore 16,00 presso la Chiesa di S. Maria Immacolata a Sestri Levante.

Il Palazzo dei Congressi di Roma all’Eur sarà intitolato a Alcide De Gasperi

“Ci siamo riusciti! Il Palazzo dei Congressi di Roma all’Eur sarà intitolato a Alcide De Gasperi, in occasione del 70mo anniversario della sua morte. Il Governo ha accettato la nostra proposta. Un risultato ottenuto grazie a un grande impegno e un ottimo lavoro di squadra, a iniziare dalla petizione lanciata a settembre dall’ANPC (firmata  da oltre 15 mila persone) con la Presidente Maria Pia Garavaglia e tutti noi e di intesa con gli amici del comitato romano DC. Grazie alla mozione unitaria del Consiglio comunale, ai due parlamentari Luciano Ciocchetti e Alessandro Alfieri, primi firmatari delle interpellanze alla Camera e al Senato, al Presidente dell’Ente Eur Enrico Gasbarra. Ringraziamo in particolare l’accoglimento della proposta da parte del ministro Giorgetti, come azionista di maggioranza del CDA dell’Ente Eur. Ne sono felice e commossa  come cittadina Roma, come cristiana democratica e come Vice Presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani. Silvia Costa”.

Ecco l’annuncio del presidente a Enrico Gasbarra: “Eur spa, palazzo Congressi sarà intitolato ad Alcide De Gasperi Decisione cda in seguito a richiesta dei soci (ANSA) – ROMA, 28 GEN – Il palazzo dei congressi dell’Eur a Roma, al termine dei lavori di ristrutturazione in corso, sarà dedicato ad Alcide De Gaspari. La decisione arriva dal consiglio di amministrazione di Eur SpA (90% ministero dell’Economia e delle Finanze e 10% Roma Capitale), riunito oggi sotto la presidenza di Enrico Gasbarra, alla presenza dell’amministratore delegato Claudio Carserà e dei consiglieri Manuela Rongioletti e Francesco Vaccaro. Il cda ha infatti preso atto della volontà degli azionisti – Roma Capitale espressa con mozione approvata all’unanimità del Consiglio comunale e il Ministero dell’Economia e delle Finanze – che hanno raccolto l’appello avanzato dall’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani. Il cda, condividendo l’iniziativa ha dato mandato all’amministratore delegato di attivare l’iter amministrativo per potere dedicare, anche in occasione dei lavori di ristrutturazione e rifunzionalizzazione, Palazzo dei Congressi all’illustre statista”. (ANSA)

27 gennaio – Giorno della Memoria 2025

”Chi per la patria muor vissuto e’ assai” e’ stato cantato ma noi, più sicuri per l’autorevolezza dell’Autore che ce l’ha detto, sappiamo che “non c’è amore più grande che donare la vita per gli amici”. Il martirio è l’atto supremo del dono della vita. Il 27 gennaio, è la data in cui nel 1945 si è aperto il campo di Auschwitz e la legge 20 luglio 2000, n. 211 ha decretato che nella stessa data si celebri il Giorno della Memoria.

La Legge si propone di ricordare “coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Molte di queste persone sono state riconosciute come Giusti tra le Nazioni dal Governo di Israele ed a loro memoria è dedicato un albero nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme, nel quale sono ricordati circa 20.000 Giusti, 300 dei quali sono  italiani.Sconcerta che esista una ideologia del negazionismo a fronte di testimonianze storiche accertate e di quelle ancora vive nella carne degli scampati. Liliana Segre porta indelebile sul braccio sinistro i numeri di matricola che sono stati stampigliati all’ingresso del campo di concentramento. Purtroppo altri sopravissuti ci hanno lasciato anche recentemente, come Shlomo Venezia cui, insieme ad altri, sento di esprimere gratitudine per il dono della loro presenza in incontri con studenti e con il fare da guida a molti viaggi di scolaresche in diversi campi dì concentramento, anche grazie alla visione formativa dei dirigenti scolastici che li hanno incoraggiati. C’è anche un’altra ‘ideologia’ da sfatare e cioè che la Shoah  sia stato un genocidio come altri. La volontà di distruggere l’intera nazione ebraica significava ben di più dei massacri che al giorno d’oggi siamo costretti a vedere in medio oriente, anch’essi delitti contro l’umanità. E’ doveroso conoscere la storia per attribuire alle diverse fasi in cui  si è espressa la crudeltà delle violenze belliche non per classificare gli eventi, ma per ricordarli nelle loro cause e finalità. Ricorderemo a suo tempo l’ orrore delle Foibe e la Liberazione ottenuta col sacrificio della Resistenza. Serve per evitare che non si ricompongano, silenti,  le cause che sono state all’origine delle passate tragedie. Il Giorno della Memoria ci ricorda l’esito di un odio razziale che si è concretizzato in leggi e che purtroppo oggi si ripresenta come un cupo incubo non sconfitto, con un accentuarsi inaccettabile dell’antisemitismo. Gli ebrei non sono un Governo. Perciò ci viene chiesta la responsabilità di non tradire le vittime e di continuare a costruire sistemi di confronto pacifico fra i diversi, difendendo il prezioso loro dono,  la democrazia. La memoria è un tesoro dell‘anima, un atto di carità e di gratitudine per tutti coloro che ci hanno lasciato una lezione che non possiamo, che non dobbiamo dimenticare. 

Mariapia Garavaglia 

Presidente Associazione Nazionale Partigiani Cristiani 

Un passo avanti sulla intitolazione ad Alcide De Gasperi del Palazzzo dei Congressi dell’Eur a Roma

Grazie alla petizione lanciata a settembre dall’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani per le intitolazione del Palazzo dei Congressi dell’Eur a Alcide De Gasperi in occasione del 70mo anniversario della sua morte, che ha raccolto oltre 15mila firme, alla mozione unitaria in Campidoglio e alle interpellanze trasversali tra le forze politiche presentate alla Camera dall’on. Luciano Ciocchetti e al Senato dall’on. Alessandro Alfieri, oggi in aula a Montecitorio è venuta una prima risposta positiva  dal Ministero delle Finanze, socio di maggioranza dell’Ente Eur. 

Questa la risposta alla interpellanza dell’on. Ciocchetti, ancora interlocutoria ma positiva: “Il Ministero Economia e Finanze esprime apprezzamento e ritiene utile l’intitolazione durante i lavori in corso”.

Ricordiamo infatti che entro il 2026 dovranno concludersi i lavori di restauro e consolidamento dei rivestimenti lapidei del Palazzo dei Congressi, avviati l’anno scorso su fondi PNRR.

Come è noto il Palazzo dei Congressi, progettato dall’architetto Adalberto Libera, insieme alla Nuvola dell’arch. Fuksas rappresenta un importante polo congressuale e sede per eventi a Roma.

Così possiamo idealmente unire due date simboliche: nel 2024, i 70 anni dalla morte di Alcide De Gasperi; nel 2026 ricorrono almeno tre anniversari significativi che hanno visto De Gasperi protagonista: gli 80 anni dal voto alle donne, la Costituente e il primo Congresso della Democrazia Cristiana svoltosi proprio a Roma il 24/26 aprile 1946.  Nonché la istituzione da lui effettuata come Capo del Governo del 25 aprile come Festa nazionale della Liberazione.

Una bambina e basta, un libro di Lia Levi

La scrittrice Lia Levi nel libro Una bambina e basta, ripercorre la sua storia al tempo delle leggi razziali per farne dono ai bambini di oggi.

Per trent’anni Lia Levi si è dedicata al giornalismo dirigendo il mensile ebraico Shalom. Nel suo primo romanzo Una bambina e basta (Edit. Harper Collins), la scrittrice ripercorre la sua storia al tempo delle leggi razziali del 1938 per farne dono ai bambini di oggi. Con parole semplici ricorda le conseguenze drammatiche delle leggi razziali nella vita delle comunità ebraiche sparse nel Paese.

Con questa semplicità Levi ricorda il lungo elenco delle proibizioni che hanno coinvolto e sconvolto la sua infanzia e quella di tantissimi bambini ebrei: l’espulsione repentina dalla scuola pubblica, come capitò a Milano alla giovanissima Liliana Segre, oggi senatrice della Repubblica Italiana; la perdita del lavoro del padre, la proibizione per un non “ariano” di lavorare per una famiglia ebrea; proibito programmare le vacanze al mare o in altri posti di villeggiatura, proibito persino avere una radio.

A Roma, dopo il rastrellamento del ghetto ebraico (16 ottobre 1943) la situazione della comunità ebraica precipita. I genitori portano Lia e la piccola sorella Vera in un collegio di suore per proteggere la loro vita. Presso gli istituti, conventi, collegi, soprattutto femminili, a Roma trovarono rifugio, e salvezza, più di 4000 ebrei. Nella seconda parte del libro Levi si sofferma dettagliatamente sulla sua esperienza tra le mura del collegio delle suore la ospitavano insieme ad altri ragazze e famiglie ebree. “Sono arrivate di colpo tante, tantissime bambine. Spettinate, spaventate, trascinate senza nemmeno una valigia da genitori ancora spaventati. Se ne stavano tranquillamente nelle loro case, quando i tedeschi hanno cominciato a cercare gli ebrei per portarli via. […] Adesso sono qui, e le suore queste bambine le accettano tutte. Le mettono insieme a noi in una camerata più grande. Prima di ebree eravamo cinque, ora siamo più di trenta”.

Anche tra le mura protettive di un collegio la guerra bussa la sua tragica presenza. “Certe volte vedevamo nel cielo azzurro le bombe cadere, le vedevamo proprio, con la loro forma di bomba ben disegnata, come nelle figure di un libro”. Lina Levi dedica delle suggestive parole dedicate al giorno della liberazione dai tedeschi e l’entrata a Roma dei liberatori americani. “La folla è tantissima e tutti saltano dalla gioia. Gli americani fanno ciao con la mano, ridono, poi dai camion gettano ai bambini cioccolata e caramelle. In poche ore la città si riempie di bandiere. Il verde, bianco e rosso sventola in quel cielo blu e sembra voler dare più colore alla festa”. Dopo la liberazione Lia Levi può finalmente presentarsi semplicemente come una bambina tra le tante. Grazie alla libertà riconquistata la mamma, nell’ultimo capitolo, dice alla piccola Lia: “Non sei una bambina ebrea, sei una bambina e basta”.

18 gennaio ’25                                              Silvio Mengotto

Teresio Olivelli ricordato nell’80° della sua uccisione a Pavia

A 80 anni dalla sua uccisione nel lager di Hersbruch, è stato ricordato a Pavia il beato Teresio Olivelli, ufficiale degli Alpini decorato di medaglia d’oro al valor militare. Il beato Olivelli è una delle tante vittime della grande strage perpetrata dai nazifascisti contro  figure di sacerdoti e laici che non si tirarono indietro quando si trattò di tenere alto il proprio ideale di pace e fratellanza nel più cupo periodo della storia d’Europa del secolo scorso.

Presenti alla cerimonia il nostro vice presidente nazionale  Ferdinando Sandroni con l’alfiere Vincenzo Genco. La cerimonia è iniziata con la deposizione di una corona d’alloro presso la lapide che lo ricorda in Piazzale Della Rosa. Successivamente, Messa solenne in Duomo celebrata dal vicario del Vescovo. Il celebrante ha portato il saluto del presule e ha ricordato le virtù del beato Olivelli.

Presenti numerose autorità della cittadina lombarda: il prefetto, il sindaco, il rettore dell’Università,  rappresentanze d’Arma e numerosi alunni del liceo dedicato al martire.

Teresio Olivelli, il partigiano della carità

Postiamo un articolo di Giuseppe Colangelo su L’Adige di oggi

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