ANPC Nazionale

Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

“Resistere, non piegarci”

La Mostra itinerante sulla resistenza senz’armi dei militari italiani nei lager nazisti (1943 – 1945), promossa dall’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani con le Acli milanesi, oggi è raccolta in un prezioso libro curato da Stefano Rodolfo Contini.

Dopo l’armistizio in poco tempo i tedeschi disarmarono circa 1.007.000 militari italiani, quasi 200.000 scamparono alla deportazione dandosi alla fuga o grazie agli accordi presi al momento della capitolazione di Roma, mentre 810.000 vennero messi di fronte alla scelta tra l’adesione alla Repubblica Sociale Italiana (RSI) o la prigionia nei lager in Germania. Furono circa 197.000 i militari (24% sul totale) che aderirono alla RSI o si prestarono al servizio dei tedeschi. Di fatto, circa 650.000 militari italiani rifiutarono di continuare a combattere per il fascismo e il nazismo restando nei campi di prigionia e lavoro coatto con la qualifica di IMI (Internati Militari Italiani), sconosciuta alle convenzioni internazionali. Il volume propone otto figure di militari internati: Giuseppe Lazzati, tenente degli Alpini; Renato Sclarandi, sottotenente degli Alpini; gli ammiragli Luigi Mascherpa e Inigo Campioni; il generale Alberto Trionfi; Mario Gambuli, sottotenente di fanteria; Francesco Besso, sergente di artiglieria; Giuseppe Villa, sottotenente di artiglieria. Insieme ai militari internati troviamo anche due militari che entrarono nella Resistenza: Venanzio Gabriotti, tenente colonnello e Franco Balbis, capitano di artiglieria.

L’input del libro, che raccoglie un lavoro di gruppo, è partito dal libro di Alberto Leoni e Stefano R. Contini Partigiani cristiani nella Resistenza. La storia ritrovata (1943 – 1945). Il libro riporta l’esperienza di molti partigiani cristiani all’interno del movimento resistenziale. “Il progetto – dice Stefano Contini – si è allargato a partigiani da tutta Italia, i quali hanno spiegato, soprattutto nelle lettere, che prima di essere legati ad un particolare credo politico, erano cristiani”.

D. Quali sono state le fonti di questa ricerca? “Ci siamo basati soprattutto sul contenuto delle lettere. Parlare di Dio, prima di essere uccisi dal plotone di esecuzione, è un dato che viene spesso trascurato. In punto di morte le persone parlano più dell’aldilà, della famiglia, della mamma, non di politica. Un aspetto che solitamente non viene spiegato nei volumi sulla Resistenza. Si parla semplicemente di partigiani che hanno agito in quel modo perché aderenti ad una particolare dottrina, mentre in questo caso moltissimi partigiani erano apartitici o aderenti a scelte partitiche non del tutto condivise. Le brigate Garibaldi avevano il commissario politico, quelle cattoliche non lo avevano. Il partigiano Bisagno era apartitico ma comandante di una brigata Garibaldi”.

D. Non trova interessante questo recupero della presenza esplicita dei cristiani nella Resistenza?  Anche il titolo vuole provocare il lettore che entra in una libreria. Ho sentito diverse opinioni sul titolo del nostro volume. Alcune persone mi hanno riferito che i partigiani erano tutti di sinistra, oppure che i cristiani non potevano essere dei partigiani. L’obiettivo del libro è quello di affermare che la data del 25 Aprile è importante per tutti perché si festeggia la liberazione nazionale. L’obiettivo comune era proprio la riconquista della libertà”.

D. Quali sono gli scopi del libro? Sono diversi. Siamo partiti dall’idea di scrivere un libro apartitico, di non descrivere il male fatto dagli altri, come spesso si legge nei libri sulla Resistenza. L’obiettivo non è quello di soffermarsi solo sulle malefatte altrui, bensì la ricerca di un bene comune, condiviso, raggiunto da alcune persone e senza sconti per nessuno. Ogni 25 aprile ci sono delle contrapposizioni, quasi dei duelli rusticani. Il libro vorrebbe far ri-scoprire una comune positività a tutte le parti: centro, destra e sinistra. Soprattutto nel libro scritto con Alberto Leoni, ci sono partigiani comunisti cristiani, non è un ossimoro, ma un dato di fatto. Ci siamo limitati a spiegare quello che è successo. L’obiettivo era proprio quello di spiegare le motivazioni di questi partigiani. Gli audio delle lettere sono importanti in questo senso. Ciò che posso dire io o Leoni non è tanto importante quanto lo siano le voci dei partigiani. Loro sanno spiegarci, ancor meglio, ciò che noi ancora non riusciamo a cogliere e capire. La libertà che ancora oggi viviamo, respiriamo, la dobbiamo al loro sacrificio”.

Silvio Mengotto

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