La fondazione Giorgio La Pira ricorda Mattei
LA PIRA RICORDA ENRICO MATTEI A 10 ANNI DALLA MORTE
La Fondazione La Pira su fb, ha pubblicato alcune parti della trascrizione dell’intervento che La Pira fece al cinema «Astra» di Cortemaggiore il 3 dicembre 1973, nel decimo anniversario della morte di Enrico Mattei. “L’audio di quella commemorazione era conservato presso il Comune di Cortemaggiore, assieme ad altra documentazione fotografica dell’evento. Dobbiamo ringraziare Giovanni Garbi, appassionato cultore della storia di Cortemaggiore, aver ritrovato questo materiale e avercelo trasmesso. In questa prima parte l’inizio della conversazione, con i ricordi ancora vivi degli ultimi incontri. Ne seguiranno nei prossimi giorni altre quattro parti.
Io glielo dissi una volta a Mattei: quando a Massa fu varata quella immensa piattaforma. Dissi: «Guarda tu sei come un pino. Cos’è questo pino? Radicato a Firenze – questo è vero – e che ha una chioma che sempre più si ingrandisce e questa chioma copre di ombra salutare in qualche modo tutti e cinque i continenti; in ogni caso li coprirà». E già allora, eravamo nel ’62, c’era questa chioma che si stendeva su tutto il Mediterraneo: sull’Asia, con la Cina – rapporti con la Cina, cominciati per tempo –; rapporto cominciato con l’India; tutta l’Asia e già in progetto – oltre che l’Africa nera, oltre che quella meridionale – l’America Latina.
E, a proposito di ricordi (…). L’ultimo incontro con Mattei, il 4 ottobre del 1962, festa di San Francesco: c’era a Firenze. Si celebrava il ricordo del Colloquio mediterraneo, e c’era Senghor, l’ultimo Capo di Stato con cui lui a Firenze prese i contatti a livello economico, industriale, culturale e spirituale. E il giorno 5 partì per Roma, io lo accompagnai, e mi diceva: «Guarda, tutte queste cose sono complicate, i miei aerei…» – aveva quasi la sensazione che fosse l’ultimo viaggio che noi si faceva insieme. Questo è l’ultimo ricordo…
E un altro ricordo che è immediatamente dopo è questo. Ero ad Algeri, il 1° di novembre del 1962, perché c’era la prima festa dell’Indipendenza. Voi sapete che lui aiutò moltissimo l’Algeria, con tutto il movimento dell’FNL. Aiutò moltissimo e preparò in Algeria, del resto come in tutto il Mediterraneo, una grande politica del petrolio. Aiutò tanti algerini a Roma: uno che poi divenne, e credo che lo sia ancora, ambasciatore a Belgrado, Tajeb Boulharouf. E quel giorno, ad Algeri, c’erano migliaia di giovani, a diecine di migliaia. Quando, non so come, i giovani scoprirono che c’eravamo noi italiani – forse per la macchina, non so – ci vennero in tanti incontro e dissero – era morto da qualche giorno – «Mattei, il nous aimait – ci ha amato –; il nous avait donné le pètrole – ci ha dato il petrolio –; e il nous avait aidé pour notre indépendance». E sapete cosa pensai subito io lì ad Algeri? […] Il giudizio finale. I popoli diranno: «Ci ha amato, ci ha dato il petrolio – cioè la struttura per il pane di ogni giorno, per la civiltà dei popoli – e ha collaborato alla nostra indipendenza. Ebbi fame e mi desti da mangiare». È bella questa cosa: voce di popolo, voce di giovani, nel 1962, qualche giorno dopo la sua morte.
Dieci anni dopo lo possiamo ricordare così, con attenzione, questa grande figura – veramente – questa grande figura che attraversa i decenni, attraversa la storia italiana – non è retorica questa – attraversa la storia mediterranea, attraversa la storia europea e – in qualche modo, sì protende – sull’intiera storia mondiale. Perché scusa, se tu vai in Cina allora, se tu vai in America Latina, allora, se tu vai in tutto il Mediterraneo, il mondo arabo, allora, quegli orientamenti, quelle strade tracciate con il solito tracciato sono strade che ancora vengono attraversate e che saranno sempre più attraversate dalla storia contemporanea e dalla storia futura; portano un nome: Enrico Mattei.
[…] Ultima cosa di questi ricordi […]: il 5 di ottobre scendemmo in piazza all’EUR, e lui mi mostrò tutto un materiale fatto – come si dice? – di plastica: case di plastica, modelli, scuole di plastica, modelli, valige di plastica, lana di plastica e mi regalò una bellissima coperta di lana – che ancora tengo […] e riscalda in maniera straordinaria. «Vede queste cose: le case, le scuole – tutto di plastica –, queste sono destinate all’America Latina: abbiamo un grande progetto per l’America Latina e per i popoli sottosviluppati: mandare insieme queste piccole e grandi cose per il loro sviluppo culturale, sociale, umano e spirituale». Una cosa bellissima. Restai incantato, dissi «Acciderbola, quali prospettive, quali progetti per il domani!». A questo poi la provvidenza ci pensò. (1- continua)”.


