Lettera di saluto agli iscritti della ANPC da parte del Segretario Nazionale Bartolo Ciccardini
Cari amici,
è con commozione che ho accettato di continuare il lavoro di Bruno Olini presso l’Associazione Nazionale dei Partigiani Cristiani, sotto la guida del Presidente Gerardo Agostini, anche se sono convinto di non avere né i suoi meriti di valoroso partigiano combattente, né le sue capacità di organizzatore del movimento sociale dei cattolici.
Era forse necessario che io mandassi a voi un saluto precisando i valori e le idee che mi hanno indotto all’accettazione di questo servizio. Ma ritengo che sia cosa migliore per me utilizzare la testimonianza di Pietro Scoppola.
Nella mia qualità di giornalista mi è capitato di descrivere una esperienza originale della Resistenza nel mio piccolo paese natale. Ero troppo giovane per essere un combattente, ma ero già abbastanza grande per poter ricordare e giudicare quel periodo importantissimo della storia d’Italia, che fu importante anche per la mia vita (Bartolo Ciccardini, La Resistenza di una comunità. La Repubblica autonoma di Cerreto d’Esi. Con prefazione di Pietro Scoppola. Edizioni Studium, Roma). Questo mio libricino è l’unico merito che io posso vantare rispetto a voi. Ma più importante del mio scritto è la prefazione che Pietro Scoppola con molta generosità ed amicizia ha ad esso dedicato.
Infatti, Pietro Scoppola, prende l’occasione dai fatti da me raccontati con semplicità ed amore di verità, per dare una giusta definizione della Resistenza, sia criticando alcuni giudizi radicali della polemica contro gli “attendisti”, sia esprimendo un giudizio severo sulla definizione della “zona grigia” dei “revisionisti”.
Infatti dai primi, soprattutto i comunisti, viene esaltata l’azione militare con una sottovalutazione della resistenza civile, spesso giudicata “attendista”. Dai secondi, non del tutto immuni dall’influenza dei nostalgici, la “zona grigia” viene rappresentata come inerzia morale di una maggioranza neutrale, estranea agli avvenimenti di una “guerra civile”, nella quale non si fa differenza fra le ragioni delle parti contendenti.
Questa prefazione di Pietro Scoppola, ridefinisce il valore della Resistenza e la sua importanza nella fondazione dei principi della Costituzione, ed è così “definitiva” da poter rappresentare l’ispirazione e la codificazione dei principi che ispirano la nostra Associazione.
Per questo, penso che sia più giusto, da parte mia, che non posso essere né maestro, né guida della vostra memoria e del vostro impegno, salutarvi e darvi il mo augurio con le parole di Pietro Scoppola, delle quali io non ho altro merito che quello di averle provocate, scrivendo la memoria dell’esperienza mia giovanile e della piccola storia del mio paese.
Mi scuso se nello scritto di Pietro Scoppola vengo talvolta citato, solo perché egli, necessariamente, in una prefazione non può non citare il libro. Cito letteralmente il brano centrale della prefazione:
“La spiegazione di questa eccezionale condizione è nel fatto che il paese tutto si trovò unito, creò una propria autonoma organizzazione del potere: «Un gruppo di persone (ufficiali dell’ esercito, personaggi antifascisti; sacerdoti; comandanti partigiani) trovò un accordo sul commissario prefettizio e stabilì alcune regole che permisero alla comunità di organizzarsi civilmente, di condurre una politica di tutela della popolazione, di mantenere una forte e ordinata formazione partigiana, che fu in grado di compiere le due più significative operazioni partigiane militari delle Marche». Cerreto dunque non salvò la sua autonomia facendosi da parte, semplicemente rendendo troppo costoso e inutile ogni tentativo tedesco e fascista di ristabilire il controllo del territorio, ma salvò la sua autonomia partecipando attivamente alla guerra nazionale di liberazione. Per questo sembra di poter condividere la orgogliosa affermazione dell’ autore sulla esistenza di una «piccola repubblica autonoma di Cerreto d’Esi». Ma la condizione per arrivarvi fu un comportamento che coinvolse tutta la popolazione in un operoso impegno collettivo. E qui siamo al secondo motivo che rende questo libro particolarmente interessante nel quadro delle polemiche suscitate dal revisionismo degli anni Novanta. Come è noto, due sono i motivi centrali delle tesi revisioniste: il primo è quello della «lunga zona grigia» di indifferenza e passività fra le due posizioni minoritarie in lotta crudele fra loro, quella dei resistenti e quella di coloro che si batterono per la Repubblica di Salò; il secondo è quello della crisi della nazione, quale si era faticosamente venuta formando negli anni del Risorgimento e dell’ Italia unitaria, nella tragedia del!’ 8 settembre, che diventa la data simbolo della «morte della patria». La conseguenza di queste idee largamente proposte e diffuse a livello di opinione pubblica è stata quella di tagliare per così dire le radici stesse della Repubblica e della Costituzione con l’ evidente e spesso esplicito intento – ed effetto politico – di dare fondamento ad una radicale continuità. E’ evidente che se è fondata l’immagine di un paese immerso nella zona grigia, se la Resistenza è un fatto sostanzialmente marginale, allora l’ 8 settembre e non più il 25 aprile diventa l’elemento centrale di tutta la vicenda; la Costituzione non ha più un riferimento forte nella Resistenza; non ha d’altra parte un fondamento in una tradizione nazionale italiana travolta dalle vicende belliche; la Costituzione perde rilievo storico e torna ad essere tutto e solo un compromesso fra i partiti. Così tutto l’edificio della Repubblica resta privo di fondamento e la Costituzione perciò destinata ad essere archiviata con il superamento di quel quadro storico e con la scomparsa di quei soggetti politici. Queste interpretazioni; proprio per le reazioni che hanno suscitato, hanno contribuito alla maturazione di una più comprensiva visione di quel periodo storico alla quale questo libro di Ciccardini porta un ulteriore significativo contributo. L’immagine della zona grigia è inaccettabile e Ciccardini non manca di dichiararlo esplicitamente: la popolazione del suo piccolo paese (come la popolazione italiana nel suo insieme) non fu inerte e indifferente di fronte ai mille drammi umani provocati dall’8 settembre: i soldati allo sbando furono accolti e rivestiti; inglesi e americani in fuga dai campi di prigionia furono ospitati e nascosti a rischio della vita, molti ebrei furono salvati. Il fenomeno del rifiuto della chiamata alle armi da parte della Repubblica sociale, che a livello nazionale coinvolge circa il 40 % dei giovani (e delle loro famiglie), ha nel paese di Cerreto piena conferma. È stata ricuperata anche per merito del presidente Ciampi la complessa realtà della resistenza dei militari, rimasta in ombra nella storiografia di sinistra perché si trattava dei “badogliani”. Sono stati ricuperati alla resistenza gli ufficiali e i soldati che resistettero nei lager per fedeltà al giuramento al re. Ebbene a Cerreto la resistenza è organizzata e guidata da militari. Vi è nella esperienza di questo paese una conferma di una tesi che mi è particolarmente cara: il rifiuto della violenza e l’accentuarsi della volontà di pace non sono sentimenti “grigi”, e non saranno di fatto irrilevanti per un’ opera di ricostruzione della convivenza civile. In questi spazi si colloca il ruolo della presenza cattolica intuito da Chabod ma poi confinato nella categoria dell’attendismo. A Cerreto il parroco, non solo svolge il compito che è proprio della stragrande maggioranza del clero italiano di proporre al popolo un messaggio che è sostanzialmente alternativo a quello fascista e di porsi come elemento di salvaguardia di valori fondamentali di convivenza e di rispetto delle persone umana in quanto tale) a prescindere dalle scelte politiche, ma svolge un ruolo attivo nella gestione delle piccola “repubblica”. Si ha l’impressione dalle pagine di Ciccardini di una lotta di resistenza armata dura ma senza odio e crudeltà; e intorno a questa lotta una vasta zona di resistenza civile che alla fine coinvolge tutto il paese. Bello e pienamente condivisibile il passaggio in cui si sottolinea il ruolo del mondo femminile: in una concezione ampia della Resistenza, che non si limita alla lotta armata, le donne hanno una parte centrale. Dobbiamo dire ormai con chiarezza che il prendere le armi non si può considerare l’unica forma di partecipazione e di coinvolgimento, senza cedere proprio a quella concezione della Resistenza che i comunisti proponevano con la loro accanita polemica contro gli attendisti. È il concetto stesso di Resistenza che va ripensato, recuperando il significo originario del resistere. Insomma il fenomeno della lotta armata, che conserva tutto il suo valore, non può essere isolato dalle innumerevoli forme di “resistenza civile”. Vi è una ricostruzione dal basso delle ragioni della convivenza e perciò della identità collettiva che lo storico deve attentamente osservare. Ebbene questo libro di Bartolo Ciccardini conferma a pieno questa nuova e più comprensiva interpretazione della Resistenza. Si è discusso e si discute sulla possibilità di creare una memoria condivisa di quelle vicende che superi le lacerazioni del passato: anche su questo l’autore, in una pagina commossa, alla fine del libro, dedicata al ricordo di due compagni di classe che hanno fatto scelte opposte, propone una giusta ed equilibrata indicazione”.
Credo che il giudizio forte di Pietro Scoppola sia una giusta impostazione per il nostro lavoro, che consiste soprattutto nel trasmettere ai giovani i valori della Resistenza e della Costituzione, e sono la spiegazione di una linea direttiva a cui vorrei che fosse ispirato il vostro lavoro e la mia collaborazione al vostro servizio.
Il Segretario Nazionale
On. Bartolo Ciccardini
Il contenuto dello scritto lascia intendere che i Partigiani Cristiani,intendono ripetere,senza soluzione di continuità “le azioni” iniziate subito dopo il 13 ottobre 1943’ciè quando il Governo Italiano dichiarò la guerra alla Germania. Oggi,la situazione è “seria”. L’emerito Prof.Monti lascerà agli Italiani, solo “sassi” ,”licenziamenti” e “suicidi” . ll buon Dio aiuti il Popolo Itanliano.